Per filo e per segno
Storia di una bambina che cuciva storie.
Luisa Mattia, Vittoria Facchini, Per filo e per segno , Donzelli, Roma 2012.
Raccontare storie è lavoro d'artigianato, d'ascolto, spesso di scontro col potere. Questo, in massima sintesi, il succo dell'albo Per filo e per segno .
Ci presenta una bambina, Silvia, a cui ronzano da un po' nelle orecchie le storie che le voci e i gesti delle persone che sono accanto a lei le raccontano. Decide di metterle insieme con gli strumenti che quella stessa gente le offre, di creare un tessuto di storie. La metafora è quella della cucitura di pezzetti di racconti (per cui si chiedono monconi di filo non usati alla sarta, inchiostro al pescatore, straccetti al cenciaiolo); poi del taglio: per comporre da un'unica grande e variopinta stoffa tante pagine occorre selezionare, cucire di nuovo, dare nuova forma al grande racconto. Ne esce un libro, che viene letto ad alta voce in piazza, a tutti i bambini.
Segue lo scontro col Palazzo del Capitano, col potere, che poco gradisce l'intraprendenza di Silvia, perché i suoi racconti creano fantasticherie, certo, ma anche profondi pensieri e critiche. Il libro viene distrutto, ridotto a mille fili e pezzi di stoffa forse inutilizzabili. Ma chi ha sentito raccontare una storia difficilmente vorrà fare a meno delle storie, dei "c'era una volta". Saranno i bambini stessi ad aiutare Silvia, allora; suggerendo così al lettore che raccontare storie può essere un'azione - per vie proprie - civile, collettiva, di condivisione del sapere, del benessere, della memoria.