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Orientamenti interculturali: idee e proposte per l’integrazione

Il documento del Ministero dell’Istruzione per accompagnare i percorsi di integrazione, educazione interculturale e inclusione nelle classi plurali

di Graziella Favaro29 marzo 20221 minuto di lettura
Orientamenti interculturali: idee e proposte per l’integrazione | Giunti Scuola

Insegnare è, e sarà sempre di più, mestiere interculturale. L’eterogeneità - delle lingue, delle provenienze e contesti, dei riferimenti culturali e religiosi - caratterizza infatti in maniera evidente e strutturale il paesaggio educativo e scolastico attuale.  La scuola multiculturale di oggi è in parte diversa da quella di ieri, quanto a caratteristiche della pluralità che la abita, a bisogni di apprendimento degli alunni, a competenza professionale dei docenti. E proprio per rispondere a nuove domande, arriva il nuovo e atteso documento dell’Osservatorio nazionale per l’integrazione di alunne e alunni provenienti da contesti migratori, che qui presentiamo e che riprende il tema dell’inclusione nella pluralità guardando al presente e al futuro.     

Il tempo dell’accoglienza e dell’integrazione

In questi anni, la scuola multiculturale ha attraversato grosso modo tre fasi, che corrispondono ad altrettanti momenti registrati nei flussi migratori e rintracciabili anche nelle caratteristiche dei “nuovi” alunni e nelle parole-chiave dei riferimenti normativi. Nella fase iniziale, che possiamo definire dell’accoglienza, l’attenzione principale venne data al momento dell’arrivo, alle mosse di avvio e di inaugurazione del  percorso scolastico e della conoscenza reciproca. Allora gli alunni stranieri erano in numero contenuto, provenivano dall’estero ed erano considerati soprattutto emigrati da…., appartenenti ad altri contesti e culture. A metà degli anni 2000, il flusso di arrivo di allievi non italiani e non italofoni divenne più vivace e diffuso e l’attenzione maggiore venne posta ai “problemi” sollecitati  dall’eterogeneità: i bisogni, le carenze, la necessità di riempire dei vuoti in termini di apprendimento e di conoscenze. In questa fase, la centralità viene assegnata  alla lingua, all’italiano come L2, considerato sia come lingua di comunicazione, che come lingua veicolare per l’apprendimento dei contenuti disciplinari. E’ il tempo  dell’integrazione, durante il quale si affinano le competenze professionali di una parte dei docenti, si moltiplicano gli interventi e i dispositivi mirati e specifici: laboratori linguistici, forme e figure di mediazione, materiali didattici facilitati e semplificati.

Inclusione e con-cittadinanza

Oggi la situazione è di nuovo cambiata. Il flusso degli allievi neoarrivati è decisamente ridotto, mentre i minori stranieri nati in Italia hanno superato  percentualmente i nati all’estero. Abbiamo a che fare quindi con “nuovi o futuri italiani”, che pongono ancora  delle domande e situazioni specifiche (l’apprendimento della lingua dello studio, esiti scolastici più spesso negativi e percorsi di studio rallentati,  modalità di orientamento scolastico e professionale penalizzanti), ma che crescono qui fin da piccoli, cittadini insieme ad altri cittadini. Stranieri inconsapevoli o italiani in attesa. Lo sguardo didattico specifico, volto a organizzare dispositivi, laboratori e  materiali dedicati, proprio di interventi a carattere compensatorio, deve quindi ampliarsi per diventare inclusivo, in grado di tenere insieme le classi-mondo, le piccole comunità di uguali e diversi che rispecchiano la comunità più grande e plurale che già è, o che sarà.

Uno sguardo alle vulnerabilità e ai talenti     

Sempre di più nella scuola abbiamo oggi a che fare con  istanze e domande d’inclusione e di cittadinanza e solo in parte con richieste e bisogni d’accoglienza e di integrazione. Domande che  sono più silenziose, ma non per questo meno urgenti. Esse  hanno a che fare  con i temi dell’uguaglianza delle opportunità, delle aspettative della scuola nei confronti della famiglia, della solitudine nel tempo extrascolastico di una parte dei minori, delle relazioni nelle classi e fuori dalla scuola. Riguardano inoltre sempre di più  l’orientamento alle scelte per il futuro e i rischi già evidenti di una  canalizzazione formativa verso il basso dei ragazzi non italiani.  E hanno a che fare anche  con le difficoltà economiche, con la crisi che toglie diritti e spazi educativi  anche ai più piccoli e che rende più fragili e frammentari i loro percorsi educativi. Le domande rischiano tuttavia - soprattutto oggi in una situazione generale di crisi e di contrazione delle risorse -  di  non diventare  “massa critica” e  di non fare rumore. Nei confronti di coloro che sono nati  qui e che fanno il loro ingresso nella scuola “alla pari”, le attese sono più alte,  ma questo rischia talvolta di lasciare nell’ombra le vulnerabilità non subito evidenti, legate alle condizioni di vita precarie, alla provvisorietà  delle  risorse famigliari, alla mancanza di  beni linguistici e culturali   nel tempo extrascolastico.  In una parola, alle condizioni di  partenza  del viaggio educativo che non  sono alla pari.    E di lasciare nell’ombra anche saperi e saper fare che trovano espressione, ad esempio, nella conoscenza di altre lingue e in altri linguaggi: talenti e competenze che andrebbero  invece riconosciuti e scambiati.    

 

Cambiare la narrazione

Al tempo stesso, questa fase più matura chiede di indirizzare l’attenzione alla comunità nel suo insieme e non più solo di attivare uno sguardo specifico a chi viene da lontano. Qual è il polso emotivo della piccola comunità-classe? Quali relazioni, vicinanze o distanze si consumano e si tessono giorno dopo giorno fra adulti e minori che abitano la scuola? Quali atti e parole di discriminazione, spesso silenziosi, chiedono di essere visti, prevenuti  e riparati?   E quali talenti, saperi, forme di bi o plurilinguismo chiedono di essere conosciuti e riconosciuti? Si tratta quindi oggi di procedere lungo due direzioni:  da un lato,  diffondere e portare  a sistema le azioni specifiche e di qualità per  l’integrazione, continuando  la strada della sperimentazione e dell’innovazione dei materiali e dei dispositivi. Dall’altro lato,  tuttavia,  è necessario allargare lo sguardo in un’ottica di inclusione e con-cittadinanza dei futuri cittadini, attenta alle relazioni, allo scambio reciproco, alle forme positive e feconde del contatto fra uguali e diversi.

Il documento “Orientamenti interculturali. Idee e proposte per l’integrazione dei alunne e alunni provenienti da contesti migratori” (Ministero dell’Istruzione 2022), elaborato dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura, adotta uno sguardo più ampio, individuando i soggetti privilegiati delle azioni e le attenzioni da praticare.  Propone alcune priorità  per una scuola inclusiva interculturale e fra queste:

1. Ribadire e garantire  il diritto all’inserimento scolastico immediato degli alunni neoarrivati.

2. Facilitare e promuovere la frequenza della scuola dell’infanzia e dei servizi educativi 0-6 anni da parte delle bambine e dei bambini provenienti da contesti migratori.

3. Contrastare e prevenire il ritardo scolastico.

4. Accompagnare i passaggi di scuola e contrastare la dispersione e l’abbandono scolastico.   

5. Organizzare un orientamento efficace alla prosecuzione degli studi e investire sul protagonismo degli studenti.

6. Sostenere l’apprendimento dell’italiano L2, lingua di scolarità.

7. Riconoscere e valorizzare il plurilinguismo e la diversità linguistica presente nelle classi.

8. Prevenire la segregazione scolastica.

9. Coinvolgere le famiglie nel progetto educativo per i loro figli.

10. Promuovere l’educazione interculturale e la formazione dei docenti.

La scuola inclusiva punta in alto

La scuola può proporre la valorizzazione dell’incontro tra le differenze e della specificità di ciascuno nella misura in cui non abbassa le aspettative e i traguardi.   Un progetto didattico che,  per includere,  rende la propria proposta povera di stimoli e poco sfidante, mette in atto una cattiva inclusione. Al contrario, il processo inclusivo punta a portare ciascuno al migliore sviluppo e apprendimento possibile e cerca di rendere attivo ogni alunno. Per fare questo, i principi e i riferimenti vanno tradotti in azioni e forme organizzative. Oggi la prospettiva pedagogica della scuola inclusiva può contare su nuovi orientamenti e linee guida; può replicare  pratiche e strumenti già sperimentati, anche se molto resta da fare soprattutto per quanto riguarda l’articolazione dei curricoli, l’attenzione educativa ai più piccoli, la valorizzazione di lingue, saperi e competenze, la disponibilità di risorse e dispositivi mirati. Ma ciò che abbiamo imparato in questi anni dalla sperimentazione di percorsi di integrazione di inclusione efficaci può contribuire a ripensare la scuola per tutti e per ciascuno, perché, come scrive il Ministro nella presentazione del documento: “Sono state le sfide più difficili  a far progredire l’innovazione e la nostra cultura pedagogica”.

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