Il tuo carrello (0 prodotti)

Il tuo carrello è ancora vuoto

Libri, riviste e tanti materiali digitali: trova la risorsa per te.

Linee guida STEM: due chiavi di lettura per la scuola Primaria

Riconsiderare l’insegnamento delle discipline scientifiche: un impegno di lungo termine che investe la progettazione delle scuole, dei team e dei singoli docenti per molti anni a venire

di Paolo Mazzoli10 novembre 20231 minuto di lettura
Linee guida STEM: due chiavi di lettura per la scuola Primaria | Giunti Scuola

Dopo più di un mese dall’inizio delle lezioni, lo scorso 24 ottobre, il Ministro dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato le Linee guida per le discipline STEM (acronimo inglese che, in italiano, sta per Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) a decorrere dall’anno scolastico in corso.

Qualcuno potrebbe obiettare che la decorrenza immediata renda di fatto impossibile alle scuole modificare più di tanto il proprio PTOF, e soprattutto il curricolo di scuola. Dopo aver letto il contenuto del documento però mi sono convinto che questa obiezione non sia particolarmente appropriata perché la direzione verso cui spingono queste Linee guida non è tanto quella di affrettarsi a introdurre singoli temi di insegnamento o singole abilità da apprendere quanto quella di riconsiderare, nel suo insieme, l’insegnamento delle discipline scientifiche per potenziarne significativamente gli esiti per gli alunni, in termini di competenze, atteggiamenti, abilità… In poche parole: per il rafforzamento della cultura scientifica di base di tutti.

Se le cose stanno così si tratta di un impegno di lungo termine, e di lunga lena, che investe la progettazione delle scuole, dei team e dei singoli docenti per molti anni a venire.

Entrando nel merito del documento vorrei qui evidenziare due chiavi di lettura che possono aiutare gli insegnanti a orientarsi per capire cosa “già fanno” e “cosa potrebbero fare meglio” per sviluppare efficacemente le discipline STEM.

Prima chiave di lettura

Nelle Indicazioni nazionali 2012 c’è già quasi tutto quello che occorre sapere (ma, evidentemente, dagli enunciati alla pratica didattica il passo è lungo).

A pagina 5 delle Linee guida leggiamo:

“I vigenti documenti programmatici relativi alla scuola dell’infanzia, al primo e al secondo ciclo di istruzione offrono molti spunti di riflessione per un approccio integrato all’insegnamento delle discipline STEM…”.

Per convincersi che è effettivamente così basta riprendere in mano le Indicazioni nazionali del 2012 (da ora in poi “IN 2012”) e andare a cercare quali spunti siano più direttamente connessi con le discipline STEM e, quel che più conta, quanto questi spunti siano idonei per favorire un apprendimento scientifico significativo e integrato (quindi non spezzato in argomenti e abilità frammentarie). Proverò allora a esaminare, una per una, le quattro discipline STEM verificando se, e fino a che punto, sia vero che nelle IN 2012 ci siano principi e metodi coerenti con la logica delle STEM.

Scienze

Nel testo ufficiale delle IN 2012, sezione Scienze, leggiamo:

“Le scienze naturali e sperimentali sono fra loro diverse per quanto riguarda i contenuti ma, almeno a livello elementare, sono accomunate da metodologie di indagine simili. È opportuno, quindi, potenziare nel percorso di studio, l’impostazione metodologica, mettendo in evidenza i modi di ragionare, le strutture di pensiero e le informazioni trasversali, evitando così la frammentarietà nozionistica dei differenti contenuti”.

E, poco dopo:

“Il percorso dovrà comunque mantenere un costante riferimento alla realtà, imperniando le attività didattiche sulla scelta di casi emblematici quali l’osservazione diretta di un organismo o di un micro-ambiente, di un movimento, di una candela che brucia, di una fusione, dell’ombra prodotta dal Sole, delle proprietà dell’acqua, ecc.”.

Questo forte richiamo all’esperienza implica un’idea di apprendimento intrinsecamente unitario. E, infatti, nella sezione “Organizzazione del curricolo” si dice esplicitamente:

“Le discipline, così come noi le conosciamo, sono state storicamente separate l’una dall’altra da confini convenzionali che non hanno alcun riscontro con l’unitarietà tipica dei processi di apprendimento. Ogni persona, a scuola come nella vita, impara infatti attingendo liberamente dalla sua esperienza, dalle conoscenze o dalle discipline, elaborandole con un’attività continua e autonoma”.

 

Tecnologia

Non tutti sanno (mi riferisco ai non addetti ai lavori) che tra le dieci discipline previste dalle IN 2012 vi è la Tecnologia. Anche in questo caso il principio dell’unitarietà della conoscenza, e dell’apprendimento, sotteso nelle STEM e richiamato nelle Linee guida (pag. 2), si ritrova pienamente nel testo relativo alla disciplina Tecnologia. Significativamente nel testo si fa riferimento allo “sguardo tecnologico” mettendo così in evidenza che “fare tecnologia” non vuol dire studiare sequenzialmente determinati contenuti quanto piuttosto promuovere uno sguardo sul mondo, tecnologico appunto, che consente di cogliere la complessità e di analizzarla in termini di variabili, materiali, trasformazioni, processi, ecc. Non è un caso che si faccia riferimento a sei “oggetti” straordinariamente diversi tra loro (un cavatappi, un frullatore, un ciclomotore, un ristorante, una centrale termica e una discarica) per sviluppare l’attitudine a cogliere la “struttura processuale” dei sistemi costruiti dall’uomo.

 

Ingegneria (Engineering)

Apparentemente questo termine è un po’ anomalo rispetto agli altri tre. Le scienze naturali e sperimentali, la tecnologia e la matematica sono discipline e, allo stesso tempo, saperi strutturati e consolidati. Il termine ingegneria, soprattutto se si tiene presente il termine inglese, non indica tanto una disciplina, un “corpus di conoscenze”, quanto la capacità di servirsi delle conoscenze per realizzare opere. L’Oxford Learner’s Dictonaries definisce così il termine engineering: “the activity of applying scientific knowledge to the design, building and control of machines, roads, bridges, electrical equipment, etc.” (L'attività di applicazione delle conoscenze scientifiche alla progettazione, costruzione e controllo di macchine, strade, ponti, apparecchiature elettriche, ecc.). Si tratta dunque di un’attività, di un processo, che lega le conoscenze alla realtà. E proprio per il suo particolare statuto concettuale l’attenzione all’approccio ingegneristico inserisce nell’acronimo STEM una sorta di segnale metodologico che potrebbe suonare così: attenzione, l’elemento distintivo delle discipline STEM è che, se ben insegnate, sviluppano negli alunni non solo una generica competenza scientifica ma anche un atteggiamento fiducioso e proattivo nei confronti della cultura scientifica. Al gusto di capire la realtà si lega inscindibilmente la consapevolezza di potervi intervenire responsabilmente.

Intesa in questo modo l’ingegneria è viva e presente nelle IN 2012 ogni volta che queste fondano l’efficacia dell’insegnamento sulla capacità non solo di “partire dall’esperienza” ma anche di ritornarvi continuamente per verificare il potere esplicativo del sapere. In tutte le dieci discipline questo assunto è forte e esplicito.

 

Matematica

Non credo sia un caso che le Linee guida, riferendosi alla matematica, citino gli ambiti “Funzioni e relazioni” e “Dati e previsioni” che, nella scuola Primaria, sono raggruppati sinteticamente nell’ambito “Relazioni, dati e previsioni”. In questo ambito, infatti, il riferimento alla matematica come “chiave di lettura del mondo” è particolarmente evidente. Si individuano e si rappresentano “relazioni matematiche” facendo riferimento a come un variabile cambia rispetto a un’altra. E poi: da dove si ricava un dato se non dalla realtà? L’idea stessa di dato “costringe” in qualche modo a vedere un numero come espressione di una proprietà del mondo (“quando sono nato pesavo 3 chili mentre ora ne peso 28”). Per non parlare della capacità di “previsione” che tiene insieme un’idea di matematica per leggere la realtà con la fiducia che quando ciò è possibile si può prevedere quello che succederà.

Seconda chiave di lettura

Il metodo non è una fede, è un mezzo per favorire l’apprendimento.

La gran parte della sezione delle Linee guida dedicata alla scuola Primaria è dedicata a sei diversi “suggerimenti metodologici”. Anche in questo caso vale la pena di chiedersi quanto questi suggerimenti siano già presenti nelle IN 2012. Il caso vuole che sia le Linee guida che le IN 2012 elencano lo stesso numero di suggerimenti. Nella tabella riportata qui sotto ho affiancato i sei suggerimenti delle Linee guida ai sei “principi metodologici” raccomandati nelle IN 2012 nel paragrafo “L’ambiente d’apprendimento” della sezione “La scuola del primo ciclo”.

Image | Giunti Scuola

Come si vede i due elenchi sono molto coerenti tra loro, fatta eccezione per il richiamo all’uso critico delle tecnologie che non ha un principio analogo nelle IN e l’articolazione in due diverse dimensioni dell’autonomia degli alunni (apprendimento collaborativo e consapevolezza del proprio stile di apprendimento).

Ma, al di là, della notevole somiglianza tra i precetti metodologici delle Linee guida e delle IN 2012 è importante notare come nessuno di questi sia denominato con una sigla o con un nome proprio. Non c’è la flipclass, non c’è la scuola dada, non c’è neanche l’IBL (Inquiry Based Learning) che pure è citato nel PNRR (Investimento 3.1). Certo, è del tutto evidente, ad esempio, che tutti questi suggerimenti metodologici sono fortemente ispirati dai principi espressi da Maria Montessori e da diversi altri grandi pedagogisti italiani e stranieri (Mario Lodi, Don Milani, Alberto Manzi, Lev Vygotskij, Jerome Bruner, Reuven Feuerstein, ecc.) ma nessuno di loro è stato citato esplicitamente.

Credo sia stata una scelta corretta perché, quello che davvero conta per l’efficacia dell’insegnamento, è l’atteggiamento di ricerca e di “autocostruzione” della propria professionalità del docente. E questo vale in modo particolare per le discipline STEM.

Alla base di un solido apprendimento scientifico c’è infatti il piacere di capire e questo deriva in larga misura dal fatto che l’insegnante, a sua volta, provi piacere non tanto nel dare le spiegazioni dei fenomeni quanto nella capacità di stimolare i suoi alunni a cercarne incessantemente per conto proprio.

Gli insegnanti efficaci nelle discipline STEM (ma sicuramente anche in tutte le altre) sono essenzialmente insegnanti appassionati dei processi cognitivi che permettono di comprendere il mondo. Sono gli insegnanti che non hanno fretta di “fare lezione” e “dare risposte” e che, allo stesso tempo, sono estremamente esigenti nel verificare l’autenticità del capire di ogni ragazzo. Così, ad esempio, se un insegnante di questo tipo ascolta un bambino che dice “un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato” oppure che afferma con entusiasmo “l’acqua è importante perché permette la vita” non si farà prendere dall’entusiasmo estatico per le parole, di per sé incontestabili, del bambino, ma cercherà piuttosto di capire se quello che ha detto sia, in effetti, una formula linguistica imparaticcia (come sembra) o meno.

Non è quindi tanto importante adottare la metodologia giusta e credervi fortemente quanto “dialogare” con le più accreditate teorie e pratiche pedagogiche mettendole in collegamento con le proprie attitudini e il proprio stile in un processo di progressivo rafforzamento della professionalità. Il campo culturale e cognitivo delle STEM (la comprensione razionale del mondo) è un laboratorio ideale per mettere alla prova la nostra didattica, per imparare a riconoscere le attività che promuovono apprendimenti solidi e duraturi e quelle che si consumano all’interno della routine didattica senza lasciare tracce significative.

 

 

Scuola primaria

Dove trovi questo contenuto

Potrebbero interessarti