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L'autobus che cambiò la Storia

Un gesto coraggioso quello di Rosa Parks, che nel 1955, in Alabama, non cedette a un bianco il proprio posto su un autobus. 

di Lorenzo Luatti26 gennaio 20124 minuti di lettura
L'autobus che cambiò la Storia | Giunti Scuola

Su Rosa Parks e sulle conseguenze del suo gesto, nel 2010 era uscito il bel libro di Paola Capriolo No edito da EL, rivolto a lettori più grandicelli, di cui avevamo parlato il mese scorso qui .
Alcuni mesi fa, Orecchio Acerbo ha pubblicato un vibrante e intenso picture book, scritto da Fabrizio Silei e illustrato da Maurizio A.C. Quarello, L’autobus di Rosa . Età di lettura: dai 9 ai 99 anni.

Siamo a Detroit , un nonno afroamericano – voce narrante del racconto – accompagna Ben, il nipote, in visita allo Henry Ford Museum. Il ragazzino è riottoso, l’idea di trascorrere la mattinata in un museo non lo esalta, ma molto presto la visita si trasforma in un vero e proprio viaggio a ritroso nella storia , andando a illuminare senza alcuna pietà i suoi angoli bui durante i quali nelle scuole c’erano classi per i bianchi e classi per i neri, di quando le persone di colore non potevano entrare nei locali pubblici , di quando i neri potevano sedere sull’autobus solo nei posti loro riservati e solo se nessun bianco restava in piedi.

I due, nonno e bambino, salgono su un vecchio autobus esposto in una grande sala e il vecchio racconta; è l’autobus di Rosa , lo stesso sul quale in Alabama il primo dicembre del 1955 ella si rifiutò di cedere il proprio posto a un bianco. In quel giorno lontano, su quell’autobus c’era pure il nonno . Lui si alzò per cedere il posto e non trovò il coraggio di rifiutarsi o di appoggiare la donna.

E per tutto questo tempo si è portato dentro questo tormento , questo senso di colpa. Ha portato il nipote in questo pellegrinaggio quasi per scusarsi di quella remota viltà. Per dichiarare la propria pavidità, nel suo rimpiangere la mancata occasione: “ la storia mi passò a fianco ed era un autobus, mi sfiorò e io non seppi salirvi ”; lo dice, ne soffre affermandolo.

Ben pensa che: “Dunque non servono muscoli, non serve la forza. Servono forse quegli occhi grandi e quel sorriso sereno. Serve vincere la paura e sapere di essere nel giusto ”. In fondo è questa la lezione che il vecchio ha imparato e che oggi cerca di trasmettere al nipote. “Per questo ti ho portato qui oggi, per ricordarti che c’è sempre un autobus che passa nella vita di ognuno di noi. Io l’ho perso tanti anni fa. Tu tieni gli occhi aperti: non perdere il tuo...”.

Bello e asciutto, incisivo e delicato il testo di Fabrizio Silei, che dialoga sapientemente con le illustrazioni di Maurizio A.C. Quarello, il quale, nel ricostruire le vicende della Parks, abbandona il colore del presente per un mondo in bianco e nero proprio dei disegni d’epoca, assai cupo, perché i ricordi sono cupi; memorie di violenza, di prevaricazione, di abusi.

L’autobus di Rosa – ha dichiarato l’autore – è soprattutto la storia di chi quel giorno era lì e si alzò come tutti i giorni precedenti. Se fossi stato lì di sicuro io mi sarei alzato . Non mi identifico con Rosa, ma con i miei limiti che sono quelli di tutti e danno valore al gesto di Rosa”.
Per questo, la lettura di questo splendido racconto parla a ciascuno di noi, interrogando la nostra coscienza sui tanti autobus non presi. Un libro uscito in contemporanea in sette Paesi, promosso da Amnesty International.

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