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Lasciare tracce
Pensieri ed emozioni “dentro” i disegni dei bambini

DIsegno: La puntura del dottore.
Sara ha quattro anni e vuol raccontare quello che ha disegnato: “Vedi questa è la macchina per allungare e colorare i capelli. Appoggi la testa, giri la manopola, ti si allungano e si colorano”.
Amal ha due anni e sei mesi e riempie il foglio con linee e punti, usando un solo colore. Sembra molto impegnato, come se stesse raccontandosi qualcosa e, quando finisce di disegnare, dice: “Puntura”.
COMUNICARE CON IL DISEGNO
Nel primo caso, Sara ha visto la mamma, di ritorno dalla parrucchiera, che aveva cambiato i colori dei capelli e, anziché ricci, erano diventati più lunghi e lisci. La sua macchina è piena di colori, basta sedersi (la sedia è marrone) e tirare la leva (in alto a destra) ed ecco che i capelli si trasformano. “La mia mamma un giorno aveva i capelli rosa, io li vorrei gialli”.
Nel secondo caso, Amal qualche giorno fa è andato con la mamma all’ambulatorio (nel disegno è in basso a destra) a farsi una puntura: ha rappresentato il percorso che hanno fatto (la “strada”, sono le linee rotondeggianti) e, in alto al centro, la narrazione del grande evento, raccolto in una forma chiusa, la puntura (tanti puntolini).
Capire i disegni dei bambini è un’impresa tentata più volte. In Italia ci ha provato fra i primi Corrado Ricci alla fine dell’Ottocento, dopo di lui studiosi di vari settori si sono impegnati a raccogliere, classificare, analizzare, interpretare le rappresentazioni grafiche secondo criteri diversi: evolutivi, estetici, psicologici, artistici…
Oggi, con la diffusione delle immagini tecnologiche, il disegno sembrerebbe essere meno importante per i bambini. Ma non è così. C’è una sorta di spinta naturale nel cercare di trasferire su una superficie qualcosa che è entrato a far parte dell’esperienza diretta.
Ai bambini non servono materiali particolarmente sofisticati per farlo: basta una superficie e qualcosa che lasci una traccia. Quello che ci offrono è un segnale di comunicazione.
DIsegno: Macchina per allungare e colorare i capelli.
PENSIERI ED EMOZIONI
Che cosa cercano di comunicare i bambini dei due esempi prima riportati?
Sara ci svela una cosa importante, oltre all’informazione che la mamma va dal parrucchiere, pensa e riesce a disegnare un meccanismo: la macchina che tinge i capelli. Più che della mamma si interessa a “come” sia stato possibile far cambiare ai capelli i colori e la lunghezza. E ci dice che lo farà anche lei. Le macchine e le mamme hanno un sicuro fascino per Sara.
Amal da parte sua ci comunica almeno due cose: che per arrivare all’ambulatorio c’è un percorso da fare (due circonvoluzioni di linee, in andata e al ritorno) e che l’evento della puntura ha moltiplicato la sua paura (disegna tanti puntini, anche se l’iniezione è stata una sola).
Pensieri ed emozioni sono “dentro” i disegni dei due bambini.
L’IDEA DI VEROSIMIGLIANZA
Le idee che molti di noi hanno sul disegno infantile, sono ancora legate alla verosimiglianza. Se un bambino disegna un cane, si pensa che le sue tracce grafiche debbano assomigliare a un cane, lo stesso vale per tutte le cose che si possono rappresentare.
Ma il disegno dei bambini non vuol essere soltanto una fotografia della realtà, il loro scopo è quello di comunicare. E ciò che ci dicono può anche assomigliare a qualcosa di preciso, ma molto spesso non può esserlo, perché si tratta di un “reale” fatto di immagini, ma anche di pensieri, percezioni, memorie, ipotesi… Sara e Amal, come tutti i bambini, vogliono trasmetterci qualcosa di più, vogliono offrire un modello (una macchina sconosciuta) o un’emozione provata (una puntura).
Dialoghi con poche parole
Il nostro compito è anche quello di aiutare i bambini a comunicare con le immagini, cosa non semplice, perché comunicare non vuol dire esprimersi.
La comunicazione è un processo circolare, non è solo un passaggio di stimoli, pensieri ed emozioni da un individuo a un altro. E non è neppure la specifica capacità di leggere i disegni dei bambini.
La circolarità della comunicazione consiste nel trovarsi in una condizione nella quale avviene un dialogo (non sempre verbale) fra adulto e bambino. Dove c’è uno scambio reciproco, una ricerca di comprensione, una disponibilità all’attesa e all’ascolto.
Buone indicazioni
I bambini disegnano per comunicare, quando sentono che possono farlo, e il modo in cui si pone l’adulto nei confronti dei loro disegni è determinante. Così come lo è il clima che si vive nella sezione o nel gruppo. Le Indicazioni Nazionali del 2012 hanno colto bene l’idea che si può comunicare solo quando c’è “un sereno clima dialogico”, entro un contesto “pensato e curato”. Vale anche per i disegni dei bambini: un contesto calmo e accogliente favorisce il disegno “libero”, così come lo favorisce una sorta di “non giudizio” da parte degli adulti. I disegni non si valutano, anche perché nessuno (neanche un adulto) è capace di trasformare un’ipotesi o un’emozione o una percezione uditiva, in un colore o in una forma perfettamente corrispondente.
La complessità dei disegni
Riconoscere che il disegno dei bambini può rappresentare un procedimento complesso e non valutabile, ci aiuta a essere più vicini alla loro ricerca di comunicazione attraverso l’uso di uno strumento imperfetto (come tutti gli strumenti di comunicazione che l’umanità possiede).
Disegnare non è un transfer che trasporta automaticamente un pensiero da un campo a un altro, è elaborare, tuffarsi nel passato, immaginare il non conosciuto.
Con le immagini si pensa e si cresce cognitivamente ed emotivamente, se ci sono le condizioni per farlo.
- Staccioli, G. (2021). Pensare con le immagini. Bergamo: Junior.