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La scuola tra 10 anni: 1 milione di studenti in meno

Oltre 55.000 i posti/cattedre in meno a causa del calo demografico e della riduzione dei flussi migratori. 

di Redazione GiuntiScuola13 aprile 20185 minuti di lettura

Fondazione Agnelli
Via Giuseppe Giacosa 38 – 10125 Torino
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fondazioneagnelli.it
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Scuola. Orizzonte 2028.
Evoluzione della popolazione scolastica in Italia e
implicazioni per le politiche
Meno studenti e dunque – a norme vigenti – meno classi e meno insegnanti, in tutta Italia. È questo lo scenario del prossimo decennio che per la scuola italiana prospettano le elaborazioni della Fondazione Agnelli, a partire dai dati Istat sull’evoluzione demografica. Con significative implicazioni per le politiche dell’istruzione dei prossimi governi. L’approfondimento sarà disponibile sul sito della Fondazione Agnelli (www.fondazioneagnelli.it) da venerdì 13 aprile.
In Italia la popolazione in età scolare fra i 3 e i 18 anni (dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado) è oggi di circa 9 milioni. Fra 10 anni, nel 2028 sarà scesa a 8 milioni. Nessun altro paese europeo avrà un trend così declinante. Le ragioni di questa contrazione demografica vanno ricercate, in primo luogo, nella diminuzione del numero delle madri potenziali e del loro tasso di fecondità, in particolare delle donne straniere. Ma conta anche la riduzione dei flussi migratori internazionali, con un saldo migratorio con l’estero sceso dal 7,5 per mille nel 2007 al 3 per mille nel 2017.
La diminuzione della popolazione studentesca investirà nei prossimi 10 anni in modo progressivo e differenziato tutte le aree e le regioni del Paese, a partire dalla scuola dell’infanzia e dalla primaria. La popolazione fra 3 e 5 anni diminuirà ovunque già da oggi, portando nel 2028 a una riduzione di circa 6.300 sezioni della scuola dell’infanzia a livello nazionale, a regole vigenti. Gli iscritti alla scuola primaria (6-10 anni) diminuiranno consistentemente al Nord, al Centro e al Sud (con un picco del 24% in Sardegna e del 20% in Campania, ma lo stesso Veneto scenderà del 18%) con una perdita di circa 18.000 classi. Gli iscritti alla scuola media (11-13 anni) continueranno a crescere debolmente per qualche anno al Nord e al Centro, per poi unirsi al Sud nel declino, con una perdita totale al 2028 di circa 9.400 classi. Una traiettoria simile alle medie – sebbene più spostata in là nel tempo - avrà anche la popolazione fra i 14 e i 18 anni, con una perdita complessiva alle scuole superiori di circa 3.000 classi nel decennio (in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Lazio il saldo nel 2028 sarà, però, ancora positivo).
A partire da queste previsioni demografiche sulla popolazione in età scolare, la Fondazione Agnelli ha provato a quantificare gli effetti sugli organici del corpo insegnante, poiché la diminuzione degli studenti e delle classi si tradurrà – a regole vigenti – in un minor fabbisogno e dunque in una contrazione in tutti i gradi scolastici.
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Potrebbero essere oltre 55.000 i posti/cattedre in meno fra 10 anni, a partire dai gradi inferiori. Il
fenomeno investirà progressivamente tutte le regioni, comprese quelle del Nord; si può quindi
prevedere un raffreddamento della mobilità territoriale dei docenti, poiché diminuiranno le
opportunità di trasferirsi dal Sud al Centro-Nord per entrare in ruolo. A regole vigenti si assisterà
anche a un rallentamento nel turnover: i nuovi insegnanti immessi in ruolo saranno in numero
inferiore agli insegnanti che usciranno (per pensionamenti, ecc.). Come ha commentato Andrea
Gavosto, direttore della Fondazione “a soffrirne sarà il rinnovamento del corpo docente e
probabilmente anche la capacità di innovazione didattica dell’intero sistema d’istruzione”.
Una situazione del genere propone problemi e sfide nuove alle politiche scolastiche dei governi
futuri, che dovranno sapere tenere conto delle onde lunghe dei cambiamenti demografici.
Una prima alternativa è non fare nulla: accettare la riduzione degli organici determinata dal declino
demografico, con la conseguente minore capacità di rinnovamento del corpo docente. Tale
soluzione potrebbe portare, peraltro, a un risparmio di quasi 2 miliardi di euro annui.
Ma ci sono alternative. Una potrebbe essere aumentare il numero medio di insegnanti per classe,
come avvenne nel 1990 con l’introduzione del modulo didattico alle scuole elementari, favorendo
lo sviluppo di forme di co-progettazione interdisciplinare anche ai gradi superiori. Una seconda
ipotesi consiste nella riduzione del numero medio di studenti per classe. Ad esempio, in Francia la
«riforma Macron» ne prevede il dimezzamento nelle aree più problematiche.
“L’alternativa che tuttavia appare preferibile a chi dà priorità al miglioramento della qualità
dell’istruzione in Italia – ha chiosato il direttore della Fondazione Agnelli – è un rafforzamento
generalizzato della “scuola del pomeriggio”, con più possibilità di scelta del tempo
pieno/prolungato, attività integrative, supporto ai percorsi personalizzati, contrasto all’abbandono”.
Torino, 12 aprile 2018
Ufficio stampa: Marco Gioannini – 3357373883 – marco.gioannini@fondazioneagnelli.it

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