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La classe racconta “Fatima”, la bambina venuta da lontano
Un'esperienza di narrazione condivisa: Fatima raccontava e tutti i compagni biografi la ascoltavano e scrivevano. Ne è nato un libro, tradotto da una mamma di origine straniera

“La storia siamo noi…”
Francesco De Gregori
I bambini che emigrano con le loro famiglie costretti dal bisogno e dal desiderio di andare per trovare città che offrano condizioni di vita migliori, fanno ogni giorno, tanti sforzi e tanti sacrifici per abitare i luoghi dove hanno trovato ospitalità; continuano però a custodire nel loro cuore storie forti di grande resilienza che meritano di essere raccontate.
Fatima, la nostra alunna pakistana arrivata nella nostra scuola in terza elementare custodiva nel suo cuore questo desiderio e ha fatto di tutto perché io come maestra lo intercettassi e le dessi il giusto spazio per raccontarsi.
E così un giorno d’autunno abbiamo cominciato la narrazione che ha portato tutti i suoi compagni a diventare scrivani della storia della compagna venuta da lontano.
Fatima raccontava e noi l’ascoltavamo, e poi, tutti i compagni biografi scrivevano quanto avevano ascoltato mettendo in luce gli aspetti che li avevano colpiti maggiormente.
Ogni singolo pezzo contribuiva a formare un testo collettivo che raccontava con le parole di tutti, quanto Fatima aveva narrato.
Fatima ha iniziato il suo racconto partendo dai riti della religione musulmana. Con grande naturalezza ha spiegato ai compagni il modo in cui pregava ogni giorno; come una piccola Imam ha mostrato ai compagni i gesti che si dovevano fare per rivolgersi ad Allah.
La sacralità dei suoi gesti ha creato nell’aula un silenzio di rispetto inaspettato.
Dopo questo primo racconto, tutti i compagni di classe si sono trasformati in biografi del racconto di Fatima e hanno scritto il testo sulla religione musulmana. Poi, con la tecnica di costruzione del testo collettivo, abbiamo realizzato il primo paragrafo del libro, arricchito dai disegni delle moschee.
Questo inizio, ha, subito, avuto inaspettati risvolti positivi, perché il compagno musulmano, qualche giorno dopo, ha portato a scuola il Corano da cui abbiamo letto ad alta voce alcune “sure” che parlavano di rispetto e di amicizia per tutti.
I bambini aiutati dalla visione di immagini delle moschee e dalla spiegazione delle loro caratteristiche più significative hanno disegnato con grande libertà espressiva, questo luogo di culto, frequentato dai compagni musulmani della classe.
Un capitolo della storia era pronto.
Con la stessa tecnica del racconto orale trascritto come racconto biografico dai compagni sono stati scritti questi capitoli:
La scuola in Pakistan e Le scuole italiane frequentate da Fatima.
La povertà della scuola pakistana: una scuola senza banchi e senza materiali, con una maestra con la bacchetta, ha stupito i compagni e ha permesso a tutti di esprimere considerazioni personali sull’ingiustizia presente nel mondo.
Fatima, ha, poi, raccontato ai compagni increduli, la grande difficoltà incontrata nell’imparare la lingua italiana e di quanti limiti e paure questo le avesse procurato.
Per fare in modo che il racconto di Fatima non diventasse troppo esclusivo, tutti gli alunni sono stati stimolati a raccontare per iscritto in modo autobiografico: Il loro gioco preferito e Cosa sognavano di diventare da grandi.
A conclusione di questi scritti i due testi di Fatima sul Gioco e sui Sogni sono stati utilizzati per completare la sua storia personale.
Il mio gioco preferito: il Ludo
Quando ero piccola, io e i miei amici giocavamo a Ludo.
A noi bambini questo gioco piaceva così tanto che giocavamo fino a tarda sera.
Spesso giocavamo su un balcone qualsiasi di un compagno di gioco.
Una volta, io e la mia famiglia siamo andati a casa di mia zia e tutti insieme abbiamo deciso di fare una bella gara di Ludo.
Questo gioco si fa così: si formano 4 squadre, ogni squadra ha la sua pedina che si sposta sul tabellone del gioco.
A turno si lanciano due dadi, se esce il numero 6, tu puoi spostare la pedina sul tabellone.
Quella volta a casa della zia, io ero in coppia con mia cugina.
Eravamo quasi alla fine del gioco e mia sorella Eisha diceva alla mia squadra:- Streghe!- E poi continuava a dire: - Voi non potete vincere!-
Io ero arrabbiata così tanto che volevo distruggere il Ludo, ma, poi, ho detto a me stessa: - Aspetta, la fine, vedrai che risultati!-
Io, dentro di me avevo paura di perdere, avevo preso seriamente quella frase e volevo dire a mia sorella: - Non sei solo tu che puoi vincere, ricordati che ci sono anche io che posso farti perdere.-
Il mio cuore, in quel momento, non era cuore, era un fuoco che stava per bruciare tutto.
Intanto eravamo arrivati all’ultimo giro, io e mia cugina abbiamo usato tutta la nostra furbizia e ce l’abbiamo fatta.
A noi era rimasta solo una pedina e ci mancava il numero 1. Abbiamo lanciato il dado e il numero 1 è uscito e noi abbiamo urlato: - Abbiamo vinto!!-
Tutti erano sorpresi e mia sorella ha detto:- Ma guarda, queste due che sono ancora piccole, hanno vinto a Ludo.
L’altra mia sorella continuava a dire che noi eravamo delle streghe. Lei era stata l’ultima e aveva perso. Io continuavo a dire a lei: - Chi ha vinto?- Io!-
E la prendevo in giro.
Con questa gara ho capito che se tu ci tieni a fare una cosa, all’inizio è difficile, ma, poi, diventa facile.
Cosa voglio fare da grande
“Caro Diario, oggi, ti voglio raccontare cosa mi piacerebbe fare da grande.
Una volta, quando io e la mia famiglia eravamo riuniti a casa della zia, la zia chiese a me e a suoi figli:- Voi da grandi cosa volete fare ?- Allora tutti abbiamo detto cosa volevamo fare.
Quando è arrivato il mio turno, io ho detto che volevo diventare una persona famosa nel mondo, una persona che conosce tante cose sulla religione musulmana, oppure una dottoressa che sa tutto del corpo umano e del corpo degli animali. Questi desideri li porto nel cuore da tanto tempo.
Mi piace tanto, quando penso e mi immagino di essere davvero una persona famosa.
Io vorrei anche viaggiare in tutto il mondo per scoprire cosa c’è di bello dentro il mondo.
E dopo aver viaggiato, vorrei scrivere un libro sui luoghi visitati.
Vorrei che il tempo passasse veloce per vedere questi desideri diventare realtà.
Per questo, io mi sto impegnando tanto! Ciao, ciao, diario Fatima”
La storia è stata conclusa con le parole di augurio delle maestre: i versi della canzone di
Roberto Vecchioni “ Sogna ragazzo sogna”.
Sogna ragazza, sogna
Io conosco poeti
Che spostano i fiumi con il pensiero…
Chiudi gli occhi, ragazza
E credi solo a quel che vedi dentro…
Sogna, ragazza sogna
Non cambiare un verso della tua canzone…
Non lasciare un treno fermo alla stazione…
Si è trattato di un lavoro collettivo ricco ed impegnativo con risvolti interdisciplinari (Arte e immagine, Religione, Geografia) molto interessanti; ma soprattutto con tanti spunti di riflessione sulla vita degli altri, spunti che solo il racconto autobiografico ha il potere di mettere in campo in modo semplice e spontaneo.
La storia è stata tradotta in albanese dalla signora Perndoka, mamma di un ex alunno, e il libro è diventato bilingue.
A conclusione del lavoro ho chiesto agli alunni di scrivere le loro considerazioni sull’esperienza di ascolto e scrittura della vita di Fatima: queste sono alcune considerazioni delle compagne:
“Attraverso i racconti di Fatima ho imparato che in alcuni Paesi e città c’è molta povertà. Ho capito che non hanno tutti una vita uguale, infatti ho pensato che Fatima, per tanti anni ha avuto una vita stressante, piena di difficoltà e anche piena di stanchezza. Non potrò più dimenticare la vita difficile di Fatima che in quarta elementare ha scritto un libro biografico con la mia classe e dell’ impegno che ci abbiamo messo.” Giada
Scrivendo la storia di Fatima ho imparato nuove cose sul Pakistan, ma anche nuove tecniche per disegnare bene. Ho sentito e pensato molte emozioni. Facendo questo lavoro di scrittura ho pensato a quanto è stato difficile per Fatima andare da un posto all’altro. Non potrò più dimenticare la storia di Fatima perché la terrò sempre nel cuore. Claire
Ascoltando e scrivendo la storia della mia amica Fatima, ho conosciuto la religione musulmana. Ho sentito molto disagio per lei. Ho capito che la vita della mia compagna non è stata facile. Ho pensato che io sono fortunata, non ho fatto tutte le cose che ha fatto lei: Si è spostata tanto. Non potrò mai dimenticare il suo coraggio nel raccontare quello che ha vissuto. Ilaria