Immigrazione, il giorno dopo
Openpolis, insieme ad ActionAid, ha preparato un approfondimento sull’integrazione degli stranieri in Italia, con dettagli sulle singole regioni e confronto con i Paesi UE.
06 ottobre 20154 minuti di lettura
Immigrati in Italia: quanti sono e da dove vengono?, quale è il loro livello retributivo e contesto sociale?, quali i risultati scolastici e il grado di accesso al mondo del lavoro?
A queste domande risponde un dossier realizzato da Openpolis insieme con ActionAid. Ecco i dati diffusi tramite comunicato stampa:
- Popolazione residente. Sono quasi 5 milioni gli stranieri residenti in Italia e rappresentano l’8% del totale della popolazione . La loro presenza è quadruplicata negli ultimi 10 anni ed è concentrata nelle regioni del centro-nord (si va dal 2,5% della Sardegna al 12% dell’Emilia-Romagna). 190 le nazionalità presenti, la comunità più grande è quella rumena con oltre 1 milione di persone.
- Permessi di soggiorno. il 71% degli stranieri residenti sono cittadini extra comunitari che hanno un permesso di soggiorno (1,7 milioni con scadenza e 2,2 milioni di lungo periodo). Nel 2013 i nuovi rilasci temporanei sono stati per lo più per motivi di lavoro (33%), famiglia (25%) o studio (10%). I permessi rilasciato collegati all’emergenza rifugiati (asilo politico o motivi umanitari) sono stati il 7,49%.
- Forza lavoro. In Italia il 10,82% dei lavoratori regolari è straniero , una percentuale superiore alla media europea che è del 7%. In dieci anni l’aumento registrato è stato del 146%, nel 2004 la forza lavoro straniera era al 4,4%. La distribuzione varia nelle diverse regioni italiane, il picco è nel Centro (13,67%) mentre i valori più bassi sono al sud (5,26%).
- Crisi economica. Gli effetti della crisi sono stati ancora più duri per gli stranieri residenti in Italia. Se per gli italiani l’occupazione è scesa di 2,6 punti percentuali, la diminuzione per i lavoratori extra UE è stata più forte (8,3%). Allo stesso tempo in Italia, il rischio di povertà ed esclusione locale è del 26,5% per i locali e del 43,6% per gli stranieri.
- Divario retributivo. L’80% dei dirigenti italiani guadagna più di 2.000 euro al mese contro il 58% dei pari livello di origine extra europea. A parità di lavoro non c’è quindi parità di compenso . E ancora, se l’8,3% degli italiani guadagna più di 2.000 euro al mese, la percentuale scende ad appena lo 0,6% per i lavoratori extra-Ue.
- Educazione scolastica. Come succede per la forza lavoro, anche la percentuale di alunni stranieri iscritti nel sistema scolastico italiano risulta in costante crescita. Si è passati dal 4,8% dell’anno scolastico 2005/2006, al 9% del 2013/2014. Sono molto ampie le differenze territoriali, e nella classifica regionale la forbice tra la prima regione e l’ultima è molto ampia: l’Emilia-Romagna ha il 15,3% di alunni stranieri, la Campania solo il 2,1%.
- Seconda generazione. Nell’anno scolastico 2013/2014 degli 802.785 alunni stranieri iscritti nelle scuole italiane, il 51,72% era nato in Italia. Per la prima volta nella storia del nostro paese, gli studenti stranieri nati in Italia hanno superato quelli nati all’estero .
- Rendimento scolastico. Crescono le percentuali, ma restano le differenze nelle performance scolastiche con i colleghi italiani. L’11% degli alunni italiani è in ritardo sul percorso scolastico, percentuale tre volte più alta per gli stranieri (36%). Il tasso di uscita precoce dal sistema di istruzione è del 13,% per gli italiani, e del 34% per gli alunni extra-Ue. L’Italia è il paese con meno stranieri laureati (12,4%) di tutta l’UE , dove la media è del 32,3%.
- Inserimento lavorativo. Il passaggio dal mondo scolastico a quello lavorativo è un momento fondamentale per l’integrazione dei giovani figli di immigrati. Tante le difficoltà. La percentuale di Neet (giovani che non lavorano e non studiano) è altissima, 31,3%. Mentre la durata media del primo lavoro per i figli di immigrati è di 11 mesi, il dato più basso fra i paesi Ocse.
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