Il peso delle “tensioni emotive” in classe

Tocca sempre più al docente il ruolo di “insegnare a vivere”, da svolgere con attenzione, disponibilità all’ascolto ed empatia. Vi proponiamo un’esperienza in classe che mostra il disagio emotivo dei ragazzi e una possibile strada per affrontarlo, con l’aiuto di un esperto, a vantaggio del clima di classe e della stessa didattica. Di Luisa Lauretta

di Luisa Lauretta06 marzo 20193 minuti di lettura
Il peso delle “tensioni emotive” in classe | Giunti Scuola

Sono le ore 9. In una tempestosa classe terza della secondaria inferiore si stanno facendo dei semplici giochi relazionali. L’insegnante di italiano ha concordato con le famiglie di farsi affiancare da una psicologa in alcune ore di lezione per migliorare il clima di classe appesantito di recente da episodi di bullismo. Gli allievi, divisi a coppie, si devono raccontare a turno un momento bello e uno brutto della propria vita.
Una ragazzina durante l’esperienza scoppia a piangere e sembra inconsolabile. In preda ai singhiozzi racconta di uno zio manesco che la maltratta…
Un silenzio improvviso attraversa la classe… l’emozione dilaga, qualcun altro inizia a piangere. Escono fuori ulteriori episodi di disagio, storie di famiglie divise che alienano i figli, trascuratezza, malessere a vari livelli.

Un senso di profonda solidarietà

 

La psicologa lascia che le storie siano narrate, che chi ha voglia possa condividere il proprio disagio esistenziale. L’attenzione e la tensione sono altissime. Suona la campanella dell’intervallo. Nessuno si muove. Si avverte nell’aria un senso di reciproca, profonda, solidarietà.

A poco a poco la tensione si smorza. Alla fine della ricreazione la classe è pronta a riprendere il normale corso degli eventi.

Un modo più autentico di incontrarsi

 

Da quel momento le persone riescono a incontrarsi in modo più autentico, a comprendere e condividere le reciproche debolezze. Gli allievi chiedono alla professoressa di istituire un’ora settimanale per poter parlare di sé. La docente si confronta con l’esperta: si stabiliscono alcune regole: il contenuto degli incontri rimarrà segreto, è vietato parlarne fuori dall’aula, ognuno può esprimersi parlando di sé e mai dell’altro e ogni giudizio è bandito. Per venire incontro alle esigenze della didattica, gli allevi in cambio di quell’ora dovranno impegnarsi di più nello studio. Gli incontri vanno avanti per tutto l’anno (inizialmente presieduti anche dalla psicologa): non sono sempre così agevoli, ma ormai si è instaurato un bel clima di reciproco rispetto. Gli episodi di bullismo sono superati e le lezioni procedono con più partecipazione da parte di tutti.

Il peso del disagio emotivo sull’attività didattica

 

Al di là del prendere atto del buon esito di questa esperienza in classe, ci si può chiedere: quanto questo disagio, questa dimensione emotiva inespressa, condizionava l’attività didattica? Quanto pesava sulle relazioni e sul lavoro in classe?

Non è facile essere docenti oggi: in questo tempo di complessità sociali alla scuola tocca, sempre di più, il delicato compito di “insegnare a vivere”, come direbbe Morin.

Ma per far questo è necessaria tanta attenzione, tanta disponibilità all’ascolto, tanta empatia. È necessario attingere al proprio bagaglio umano, non solo professionale, per tener conto della dimensione esistenziale degli allievi, per ascoltarli con sensibilità e rispetto, lasciando loro lo spazio per potersi esprimere (disegnando, parlando, scrivendo, a seconda degli ordini di scuola). E sono tanti gli insegnanti che, nonostante tutte le difficoltà, si impegnano in questo senso.

 

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