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Diario di una maestra alle prime armi

Entrare a scuola persuasi di possedere tutto ciò che occorre per insegnare e ritrovarsi rapidamente smarriti

di Giulia Guzzo21 aprile 20213 minuti di lettura
Diario di una maestra alle prime armi | Giunti Scuola


Il primo incontro con una classe nella quale sai di dover passare un anno intero è diverso da tutti i brevi incarichi precedenti. Ti assale l’ansia, che ti fa domandare: che cosa farai per tutto l’anno con quegli studenti che ti guardano ansiosi di scoprirti? Osservi guardinga cosa accade attorno a te. Sai di dover fare del tuo meglio, ma improvvisamente ti preoccupi di non sapere davvero come agire.

Un dubbio fra tutti è il fatidico programma: te ne hanno parlato tutti, a scuola, all’università e nel tirocinio, ma, di fatto, non lo hai mai visto realizzarsi.


A quali strumenti affidarsi?

Cerco disperatamente di scartabellare fra i vari appunti dei corsi universitari per trovare idee utili sulle discipline che dovrò insegnare, trovo ciò che cercavo e mi rendo conto che con il materiale che ho a disposizione potrò realizzare circa tre o quattro lezioni. Ottimi spunti di progettazione, davvero, ma mi occorre dell’altro, qualcosa su cui costruire la quotidianità dell'apprendimento.

Nel frattempo conosco i colleghi e mi rendo conto di fare parte di un team, anzi due. Infatti mi aspettano due classi, una seconda e una quinta, in cui insegno discipline diverse.

Non è sempre possibile prendere una classe fin dalla prima, soprattutto all’inizio, questo era un fattore in conto. Avevo invece tralasciato di considerare che inserirsi in un contesto in cui discipline e dinamiche sociali sono già impostate rende necessario un adattamento, almeno iniziale. Pensare di stravolgere tutti i meccanismi preesistenti, sulla scia del Robin Williams dell’Attimo fuggente, non è un’idea praticabile.

I primi giorni vivo in un mondo parallelo, penso in ogni momento a quanto potrei realizzare in classe: ricerco forsennatamente su Internet, recupero i quaderni delle mie elementari, chiedo materiali utili agli insegnanti che conosco.


Il rapporto con i colleghi

Il rapporto con i colleghi inizia ad approfondirsi e la mia sicumera lascia il posto a un insolito atteggiamento di introspezione: osservo e scopro modi diversi di approcciare le discipline e gli studenti, mi confronto e intanto rifletto sulle molteplici variabili di questa professione. Discuto con i colleghi e condivido idee sul modo di concepire l’insegnamento e sulla scuola nella sua complessità.

Realizzo che la loro esperienza potrà aiutarmi a colmare le lacune burocratiche e didattiche che lo studio teorico ha lasciato e inizio a comprendere che, da questo punto di vista, farsi guidare è fondamentale.

Intanto, si fa chiara l’idea che per proporre ai miei studenti apprendimenti significativi, lo studio mi dovrà accompagnare costantemente, soprattutto in momenti, come questo, in cui mi ritrovo a insegnare discipline, come la matematica, che negli anni del liceo ho evitato accuratamente di degnare di attenzione.

Presa da queste questioni, quasi tralascio di considerare che ho incontrato tanti visi, talmente tanti che non è stato immediato riconoscerli tutti. Mi rendo conto, allora, che le mie congetture teoriche sull’insegnamento devono essere costruite a misura degli studenti a cui proporrò di apprendere.

Non c’è giorno in cui non esca dall’aula, chiedendomi se ci fosse una modalità migliore di proporre quell’argomento a quegli occhi curiosi. L’operazione è complessa, ma dà l’idea della dinamicità della mia professione. Per me, forse, l’aspetto più notevole!

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