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Competenze interculturali per insegnare nella scuola primaria
Per evitare lo “scontro di ignoranze”, tutti dovrebbero acquisire oggi delle competenze interculturali. Ma, per poterle trasmettere, è necessario che l’insegnante stesso le acquisisca e le faccia proprie. Di Paola Dusi (Università di Verona).
Punti di forza e punti critici nella scuola multiculturale
La presenza – ormai consolidata – nelle nostre scuole di bambini con diversi background culturali da tempo sollecita l’affermarsi di nuovi profili professionali. Sebbene lo scenario sia in continua evoluzione (rientro nei paesi d’origine di alcuni gruppi – in Marocco, Tunisia, Sud-America; nuova fase migratoria per altri – pakistani e indiani verso la Gran Bretagna e il nord-Europa), il mutamento demografico e socio-culturale dell’assetto sociale in generale e della popolazione scolastica nella fattispecie resta un dato di fatto.
Un altro riflesso del cambiamento che interessa il contesto scolastico è costituito dal fatto che, sui banchi di scuola, molti di questi studenti con background migrante ora sono di seconda generazione. Generazione – con la terza – che, da una parte, è banco di prova per l’efficacia (e la presenza) in un Paese, di politiche inclusive efficaci, d’altra parte, mette alla prova le competenze degli insegnanti poiché le loro esigenze sono diverse (cfr., in merito per es., le ricerche condotte in Europa da Crul et alii, 2013).
A fronte della trasformazione del paese, quindi anche del suo sistema scolastico, in una realtà multiculturale, il sistema educativo italiano ha chiaramente optato per un modello educativo basato sull’accoglienza e sull’integrazione degli studenti con un background migrante (MIUR, 2007 e documenti precedenti). La presenza di una situazione a macchia di leopardo nelle scuole italiane per quanto riguarda l’attuazione pratica dell’approccio educativo-didattico interculturale è stata più volte messa in evidenza in letteratura (Alleman-Ghionda, 2008; Santerini, 2010). Il report di MIPEX del 2011 lo ha ribadito con l’affermare che il sistema educativo italiano nei confronti degli studenti con background migrante presenta tanti punti di forza quanti punti deboli. Per quanto riguarda questi ultimi, viene sottolineato come questi bambini, più che essere colti come studenti nella loro singolarità, vengono assunti come gruppo, in generale come “a problem group”. E’ rilevata, inoltre, la mancanza di un’educazione alla convivenza interculturale sistematica e rivolta a tutti (MIPEX, 2011).
Di fatto, come rileva il MIUR, nel nostro sistema scolastico tali studenti affrontano situazioni di svantaggio «in termini di ritardi, ripetenze e performance scolastiche» (MIUR, 2014, p. 7), così come fenomeni di «segregazione formativa» o «segregazione scolastica» (MIUR, 2014, p. 14). Come conseguenza, gli studenti con background migrante sono sovra-rappresentati nei percorsi professionali (ISMU- MIUR, 2015). Il Ministero, prendendo atto del «fenomeno dei ritardi scolastici degli studenti di origine straniera» - ipotizza che tali ritardi «non possano essere ricondotti unicamente alle complessità delle diverse storie di migrazione o alle acute criticità del primo impatto con la scuola italiana dei ‘neo-arrivati’ per ricongiungimento familiare o altri motivi» (MIUR, 2014, p. 15).
Sappiamo che accanto a realtà in cui il sostegno linguistico è prassi sistematica e i docenti hanno acquisito competenze interculturali, vi sono altri contesti, soprattutto piccoli plessi, in cui le risorse a disposizione sono minori (in termini sia di personale sia di finanziamenti) e molti docenti percepiscono ancora il bambino con C.n.I. come un «problema».
Il sistema delle competenze interculturali
Già nel 2009, l’Unesco – nel
World Report Investing in Cultural Diversity and Intercultural Dialogue
– aveva sottolineato la necessità per le persone di acquisire un nuovo genere di competenze (di importanza pari a quella del saper leggere, scrivere e far di conto), le
competenze interculturali
. Queste ultime sono indicate essere risorsa fondamentale sia per la società multiculturale sia per il singolo anche al fine – tra le altre cose – di scongiurare un possibile “scontro di ignoranze”.
Il possesso di competenze interculturali è stato indicato dall’Unesco come risorsa veramente rilevante per poter vivere e agire nei contesti sociali contemporanei, caratterizzati dalla compresenza di più cornici culturali, Cornici in cui siamo immersi, in cui ciascuno di noi è chiamato a divenire agente di mediazione attraverso le proprie esperienze, i propri incontri, le proprie parole. Il possesso di competenze interculturali permette di “navigare in contesti complessi contrassegnati da una crescente diversità di persone, culture, stili di vita” (Unesco, 2013, p. 6).
Se il possesso di Competenze Interculturali (C.I.) è indicato quale requisito cruciale per tutti, così da poter vivere nelle società contemporanea come soggetti consapevoli, come attori capaci di comprendere ed intervenire nella realtà, per i docenti a questa ragione di carattere ‘personale’ e ‘sociale’, condivisa con tutti gli altri individui, se ne aggiungono almeno altre due strettamente professionali:
1. il cambiamento della popolazione scolastica , conseguenza di un mutamento demografico-socio-culturale;
2. l’imprenscindibilità per le nuove generazioni di possedere competenze interculturali , per potersi inserire attivamente nelle loro classi e nelle società globali. Le competenze interculturali sono indicate come strumento fondamentale nella società contemporanea, ‘cassetta degli attrezzi’ indispensabile per le nuove generazioni affinché possano affrontare il viaggio – lungo e breve – che è la vita.
Affinchè gli studenti possano acquisire C.I. è necessario che il sistema scolastico sia preparato in tal senso, che i suoi docenti le posseggano per poterle promuovere tra le nuove generazioni. La professionalità docente oggi o è connotata in senso interculturale o non è – professionalmente – adeguata e sufficiente.
Ma cosa si intende per Competenze Interculturali? La competenza – costrutto complesso – indica l’insieme di attitudini, abilità e conoscenze che permettono di adottare un comportamento adeguato ed efficace in un contesto dato. La competenza coinvolge una dimensione cognitiva (conoscenze), personale (socio-emotiva e motivazionale), etica ovvero i principi che guidano – consapevolmente o meno – le nostre valutazioni, decisioni, azioni. Il soggetto “competente”, è colui che sa usare le proprie risorse (attitudini, conoscenze, abilità) in modo adeguato al contesto (Le Boterf, 1994), che sa affrontare situazioni nuove, complesse, spesso imprevedibili, in modo appropriato ed efficace.
La competenza declinata in senso interculturale, si arricchisce di ulteriori elementi: entra in scena la diversità nella sue innumerevoli manifestazioni (culturali, linguistiche, religiose, sociali, economiche, soggettive, ecc.). Le C.I. sono date dalla combinazione di
valori, attitudini, conoscenze, abilità
. Queste, in ogni situazione, vengono mobilitate e permettono di
interagire in modo appropriato, efficace e rispettoso con persone che hanno affiliazioni socio-culturali differenti dalle proprie; di stabilire con loro relazioni positive e costruttive; di comprendere il proprio universo culturale e di essere consapevoli delle proprie molteplici appartenenze (Huber & Reynolds, 2014).
Tali competenze si radicano nel rispetto dell’altro riconosciuto sempre come persona (Dusi, 2016).
Il termine diversità va assunto con un’accezione ampia. Essa rimanda all’unicità di cui ognuno è portatore, unicità che s’intreccia con la nazionalità, il gruppo etnico, l’organizzazione professionale, l’orientamento sessuale, la classe sociale, il livello d’istruzione, la religione professata, e via discorrendo (Huber & Reynolds, 2014).
Il sistema delle C.I., nelle sue diverse aree, (valori, attitudini, conoscenze, abilità) si sviluppa sia a partire dalla personalità , dai valori e dalle attitudini di una persona , sia mediante la formazione professionale, iniziale e continua . Le C.I. non sono acquisite una volta per tutte ma necessitano di un investimento ed un impegno formativo continuo .
Quali competenze interculturali per i docenti della scuola primaria?
In letteratura (Allemann-Gionda, Goumoëns, Perregaux, 1999; Perregaux, 2010), si sottolinea la necessità di una professionalità docente formata secondo un approccio interculturale che comporti:
1. l’allargamento delle conoscenze umanistiche per comprendere meglio i fenomeni dell’identità, dell’appartenenza, dell’incontro con l’alterità, dei rapporti di potere nei legami insegnante/allievi, insegnante/genitori.
2. Lo sviluppo di competenze personali e interpersonali fondato sulla rielaborazione dei propri atteggiamenti e rappresentazioni al fine di generare cambiamento di sé (come pone in luce, per esempio, il modello elaborato da Darla Deardorff, 2009).
3. L’acquisizione di strumenti teorici e didattici per poter ripensare i processi di insegnamento-apprendimento in senso interculturale.
Gli insegnanti della scuola primaria posseggono le C.I. necessarie per assumere un nuovo sguardo sul mondo e sulla loro professionalità? Competenze che li rendano capaci di promuovere l’integrazione sociale e l’apprendimento di studenti con un background migrante? Per permettere ad ogni studente di sviluppare le proprie C.I.?
Nell’ambito di una ricerca qualitativa (l’indagine è ancora in corso), sono stati coinvolti 50 insegnanti che avessero un’esperienza di insegnamento in classi multietniche di almeno 5 anni nelle scuola primarie del nord–est del territorio nazionale (capoluoghi e province del Veneto, della Lombardia e del Trentino Alto-Adige). L’analisi dei dati raccolti – attraverso la somministrazione d’interviste semi-strutturate – ha portato all’identificazione di due livelli di competenze interculturali presenti tra il corpo docente che ha scelto di partecipare all’indagine.
3.1. Competenze interculturali di primo e di secondo livello.
L’analisi delle interviste ha permesso di evidenziare una situazione complessa, rilevando – com’è naturale – la presenza di differenze tra i docenti circa la loro abilità di riconoscere l’unicità-diversità dell’altro quando entra in scena la dimensione culturale. Se alcuni insegnanti praticano approcci che sono espressione – spesso inconsapevole – di rappresentazioni etnocentriche e stereotipi, altri, meno numerosi, sembrano aver fatto propria la complessità che è alla base dell’approccio interculturale. Un approccio che prende in esame e riflette sull’identità del singolo individuo, sulla sua storia familiare, sullo sfondo culturale, sui contesti socio-economici e politici in cui avvengono le relazioni, sulle dinamiche e sulle pratiche che hanno luogo nel contesto scolastico ed investe nella relazione educativa.
In breve, l’analisi delle pratiche descritte dai docenti ha messo in luce sia la presenza di competenze consolidate sia la mancanza di altre. Le
competenze che sono ‘tradizionalmente’ costitutive della professionalità docente, come quelle comunicativo-relazionali, dalla pazienza all’attenzione, dalla flessibilità alla gestione dei conflitti, emergono in modo significativo all’interno delle azioni descritte dai docenti
. Queste attitudini ed abilità sono fondamentali anche in prospettiva interculturale. Tuttavia, in un contesto scolastico multiculturale, non sono sufficienti per qualificare l’azione didattica e sostenere i processi di apprendimento degli studenti con background migrante e promuovere un’attitudine interculturale diffusa. Sono state rintracciate altre competenze, poco presenti, che risultano, però,
cruciali per qualificare in senso interculturale l’azione del docente nella scuola primari
a.
Si è per questo deciso di distinguere tra C.I.
professionalizzanti
di I e di II livello
. Tra le C.I. di I livello sono state classificate le competenze ‘storicamente’ proprie della funzione educativo-didattica del docente, come quelle comunicativo-relazionali, sopracitate.
Le C.I. di II livello, quelle propriamente interculturali, sono state distinte in
a) C.I. di tipo conoscitivo-formativo
- consapevolezza culturale
- curiosità per alterità culturale
- desiderio di conoscere altri sistemi culturali
- capacità di acquisire nuove conoscenze antropologiche e culturali (storia, letteratura, religione, ecc.)
b) C.I. specifiche per insegnanti di scuola primaria
- conoscenze e abilità socio-linguistiche e linguistiche
- conoscenze e abilità metodologico-didattiche per l’insegnamento dell’italiano come L2.
Per quanto riguarda queste ultime, è bene ricordare che i dati ministeriali da anni, mettono in evidenza il ritardo e le difficoltà linguistiche che caratterizzano i percorsi scolastici degli studenti con background migrante (Miur, 2014; Ismu-Miur, 2015; Ismu-Miur, 2016). Come dichiara lo stesso Ministero, la lingua italiana per gli studenti con un background migrante, è tuttora un ostacolo. Il nostro sistema educativo, “per diverse ragioni, non assicura uno sviluppo automatico delle competenze linguistiche necessarie al proseguimento degli studi nel secondo ciclo” (M.I.U.R, 2014, p. 5). I risultati di una ricerca condotta dal Ministero per la pubblica istruzione, nel 2015, che ha coinvolto 1400 scuole secondarie (di primo e secondo grado) e a cui hanno partecipato 13.615 docenti (di matematica e di italiano), ha posto in luce il ruolo cruciale svolto dalle difficoltà nell’insegnamento-apprendimento della Lingua2. Secondo gli insegnanti intervistati la lingua costituisce lo scoglio principale per l’integrazione e l’apprendimento degli studenti con cittadinanza non italiana (C.n.I.) e il 62% di loro ritiene necessario che l’insegnamento dell’italiano come L2 sia potenziato (Ismu-Miur, 2016, pp. 175-179).
Di fatto, molteplici sono i fattori che intervengono a sostegno o come ostacolo nell’apprendimento di L2. L’età d’arrivo nel paese ospite, il profilo cognitivo e motivazionale del bambino, il livello sociolinguistico familiare, le aspettative genitoriali, le caratteristiche del contesto autoctono, gli obblighi di fedeltà verso entrambe le culture (o una sola di esse a scapito dell’altra), le strategie didattiche messe in atto dai docenti sono tra i principali fattori che incidono sulle modalità e sugli esiti dell’apprendimento. Proprio la complessità dei processi di apprendimento della L2 per bambini con background migrante richiede una professionalità docente all’altezza della situazione.
La lingua non è solo un sistema grammaticale, ma essa rappresenta una visione del mondo organizzata in significati. La comunicazione è resa possibile dalla condivisione di un’interpretazione simile della realtà. Per questo va tenuto presente che “la dimensione del plurilinguismo è un perno della formazione, dal momento che i problemi delle lingue si riflettono sull’identità e sulle appartenenze di ciascun individuo; parlare delle lingue e sulle lingue in classe, è parlare di persone e di gruppi che le parlano”. Una formazione che contempli anche aspetti di sociolinguistica, psicolinguistica e linguistica applicata è oggi necessaria perché i docenti siano nelle condizioni di comprendere meglio ciò che avviene nei processi di apprendimento dei loro studenti, per proporre approcci didattici adeguati che possano “favorevolmente iscriversi nella vita della classe” (Perregaux, 2010, p. 178).
Nel quadro sinottico seguente il sistema delle C.I. è presentato nell’intreccio dei 2 livelli (I e II) e dei 2 piani (personale e professionale) coinvolti, poiché si è docenti a partire dal proprio modo di essere persona.
Per saperne di più
Per un approfondimento circa le sfide educative che la società contemporanea oggi rivolge al sistema scolastico, si rimanda al volume Neoliberalismo, educazione e competenze interculturali (a cura di A. Portera e P. Dusi), pubblicato per i tipi della Franco Angeli alla fine del 2016.