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“A più tardi”, l'ambientamento in un nido multiculturale
Gesti, saluti, libri in un incontro fra genitori di tanti paesi diversi...
Una mamma rumena con una figlia di sette anni, una mamma albanese che preferisce sedersi fuori dal cerchio, una giovane coppia indiana (il marito se la cava con l'italiano, la moglie qualcosa capisce ma non parla), una giovane mamma senegalese con una figlia di sei anni, un papà nigeriano con un figlio di cinque anni, un altro papà nigeriano che stenta con la lingua italiana e un babbo nato e vissuto a Prato.
Sguardi che esprimono allo stesso tempo sicurezza e fragilità . È la prima volta che salutano il proprio figlio in questo nido sapendo di rivedersi dopo un po' di ore. Nell'attesa ci ritroviamo insieme.
Ci presentiamo
Iniziamo con un breve giro di
“presentazione geografica”
, nel senso che ognuno è invitato a dire il proprio nome, quello del proprio figlio e la zona in cui vive.
Non è semplice, molti dei nomi sono difficili da ripetere. L'identità di ognuno prende strane pieghe nella voce degli altri. Tutti facciamo il possibile per far sì che ogni nome sia pronunciato con impegno. In molti ci tengono a dire nome e cognome del figlio.
Dirsi dove si abita è un modo per
creare una mappa mentale
dei diversi passi che ciascuno farà ogni mattina. L'intenzione è quella di collocare le famiglie nel territorio immediatamente intorno a noi. Lasciare i primi sassolini su quei sentieri dove magari qualcuno di loro s'incontrerà.
Parliamo dei bambini (e delle lacrime)
Alcuni bambini hanno pianto
durante il momento di salutare il genitore. Allora, iniziamo a parlare dei figli a partire dalle
lacrime
. Sui diversi modi di piangere: il pianto senza lacrime, il pianto con fiumi di lacrime, il pianto finto, il pianto che s'interrompe improvvisamente come se nulla fosse...
E così, in questo “teatro delle lacrime”, abbiamo scoperto che il detto “piangere fa bene ai polmoni” si dice in Albania e in Romania. In Senegal si dice semplicemente che “piangere fa bene”. In India “piangere fa bene agli occhi”. Un semplice modo per raccontare cosa ciascun genitore ha sentito dire dai propri genitori e sorridere un po' insieme.
Immaginiamo la giornata
Leggendo un albo illustrato (
A più tardi
, di Jeanne Ashbé) abbiamo provato ad
immaginare la giornata dei figli al nido
. Le immagini, la narrazione di aneddoti e la situazione di piccolo gruppo ha permesso un confronto molto sentito. Tutti in qualche modo hanno parlato, hanno fatto domande. Nel frattempo mi chiedevo quali potessero essere l
e emozioni di un genitore
che affida il proprio figlio di circa un anno a persone che parlano una lingua e un linguaggio non sempre comprensibile e che gesticolano in modo imprevedibile, in un ambiente dove è difficile immaginare cosa possa avvenire.
Notando che in diversi guardavano in modo sempre più frequente l'orologio chiedo se qualcuno deve andare via: c'è chi deve andare a prendere la figlia, chi ha il biglietto del parcheggio scaduto, chi deve andare a lavorare, chi non dice in quale direzione deve dirigersi e chi vorrebbe andare a letto perché ha lavorato tutta la notte.
Abbiamo trascorso poco più di un'ora insieme, ci salutiamo dicendoci che a breve ci rivedremo.
Questa esperienza si è svolta all'interno del progetto “Conoscersi... per stare bene al nido” del Comune di Prato.