Tutti i bambini hanno diritto ad avere una “storia”

Come affrontare i diritti negati quando si parla di lavoro minorile e bambini-soldato? Alcuni libri e video forniscono interessanti stimoli di discussione e aiutano i bambini a riflettere su tematiche che li fanno sentire grandi e responsabili

di Angela Maltoni14 novembre 20167 minuti di lettura
Tutti i bambini hanno diritto ad avere una “storia” | Giunti Scuola
Giorno dopo giorno, ”Evviva i Diritti!”

A partire dalla prima classe, il periodo che va dalla metà di ottobre fino al 20 novembre – data in cui si celebra il “compleanno”, come viene definito dai miei alunni, della Convenzione dei Diritti dell’infanzia –viene scandito ogni anno da una sorta di rito. Ogni giorno sul quaderno, sotto la data, viene scritta una frase formulata tutti insieme che scandisce l’attesa della ricorrenza. La stessa cosa accade anche per altre “appuntamenti”, come ad esempio il Natale, l’inizio della primavera o il termine dell’anno scolastico. Ho adottato questa semplice strategia non tanto per creare delle aspettative quanto, soprattutto, per far capire ai bambini che un evento non deve essere celebrato unicamente nel giorno canonico ma, anzi, è bella l’attesa per poi assaporarlo lentamente.
Nelle prime classi i bambini si limitano a scrivere alcune parole; man mano che crescono arrivano a creare frasi sempre più significative . Quella scelta quest’anno, in quarta, è “Aspettando il 20 novembre: evviva!…” , alla quale ogni giorno viene aggiunto qualcosa.

Una “Filastrocca salvabimbi”

Dopo aver già dato voce in questo ciclo scolastico a diritti come il nome, l’identità, la famiglia, il gioco e la scuola, in questo momento sto affrontando la tematica di due “piaghe” che ancora affliggono l’infanzia in alcuni paesi del mondo: il lavoro minorile e i bambini-soldato . Non sono argomenti facili da proporre a chi ha solo 8/9 anni ed è abituato a vivere in un contesto di pace e spensieratezza; tuttavia, gli eventi recenti e i molti focolai di guerra documentati dalle immagini dei media mi hanno convinta a ritenere che il momento fosse quello giusto. Nella ricerca delle proposte più opportune mi sono rivolta a una serie di libri suggeriti e appositamente predisposti dall’Unicef. Per iniziare in maniera giocosa, come attività di riscaldamento ho proposto la “Filastrocca salvabimbi” di Bruno Tognolini, seguita dalla rilettura del libretto I Diritti dei bambini in parole semplici . In questo caso, possedendone diverse copie, ho chiesto ai bambini – divisi in piccolo gruppo – di cercare tra i vari articoli quelli che non erano ancora stati esaminati. La loro attenzione si è rivolta proprio su quegli argomenti che avevo progettato di trattare e quindi il passo successivo è risultato più semplice.

La “piaga” dei bambini sfruttati

Per il secondo step ho scelto il libro Storie di bambini senza storia , edito da Lapis per Unicef. Dopo la lettura ad alta voce , come sempre nell’angolo morbido, li ho lasciato liberi di sfogliare il libro e di evidenziare frasi e immagini che li emozionavano di più. Anche questa volta molti hanno focalizzato l’attenzione su due articoli già evidenziati in precedenza: il 32, dedicato alla tutela dell’infanzia rispetto allo sfruttamento del lavoro minorile e il 38, relativo ai bambini-soldato .
Alcuni di loro al termine della discussione mi hanno chiesto se c’erano altre letture sul lavoro minorile, perché erano interessati ad approfondire l’argomento.

Grazie all’intervento del “Mago dell’armadio”, che molte volte riesce a venire in soccorso nella ricerca di materiali, abbiamo letto il toccante libro Il bambino che lavava i vetri , a cui è seguita una discussione molto partecipata e focalizzata soprattutto sulla tristezza nel vedere bambini per strada a chiedere l’elemosina. Qualcuno ha raccontato di averne visti nei pressi di un supermercato e nel centro storico; particolarmente significativa è stata l’osservazione di una bambina: “Sai maestra, mandano i bambini perché fa tenerezza vederli seduti per strada e in questo modo guadagnano di più”.
Successivamente ho proposto la lettura di alcuni articoli tratti da “Popotus”, inserto del quotidiano “Avvenire” dedicato ai bambini, che parlano dei piccoli lavoratori, quelli del “io produco, tu consumi” citati in “Storie di bimbi senza storia”. E qui ci siamo soffermati sul fatto che molte delle scarpe di marca che indossano e dei palloni con cui giocano a calcio sono fatti da loro coetanei sicuramente meno fortunati di loro. Abbiamo poi ascoltato la canzone dello Zecchino d’Oro di qualche anno fa, “Batti cinque”, e tutti hanno scelto di impararla.

Ricordi di un’infanzia faticosa

Il passo successivo è stato quello di ricordare storie, anche ascoltate in famiglia , che in qualche modo ci facessero tornare alle condizioni dell’infanzia di qualche decennio fa . La piaga del lavoro minorile era ed è ancora diffusa in moltissimi paesi del mondo, Italia compresa, e il vero “valore aggiunto” a questa attività è venuto dai racconti dei bambini che vengono da luoghi lontani. Una bambina di origine indiana ha raccontato che nel suo paese le femmine vengono considerate inferiori ai maschi e devono occuparsi delle faccende domestiche fin da piccolissime per poter diventare delle buone mogli in tenerissima età.
Un’altra, la cui famiglia proviene dalla stessa area geografica, ha invece detto che suo papà intorno agli 11 anni veniva mandato dai genitori per strada a vendere le stoffe tessute dalla nonna: le persone erano buone con lui e alla sera riusciva a portare a casa un po’ di soldini.
Un bambino italiano ha invece raccontato che il suo papà durante le vacanze estive era costretto ad andare a lavorare perché era rimasto orfano.
Un altro, proveniente dal Marocco, ha riferito che la zia gli ha raccontato che da piccola andava a pascolare gli animali in montagna e che stava anche molti giorni lontana da casa; mentre sua nonna, a soli 6 anni, sapeva già filare e tessere tappeti.
Al termine di questa condivisione di storie “personali” è apparso chiaro a tutti che i bambini costretti a lavorare , esposti oltretutto a rischi che possono compromettere la loro salute, vedono per forza di cose negati molti altri diritti perché non studiano, non giocano e non hanno tempo libero a disposizione. Come spesso accade, dar voce ai più piccoli e starli ad ascoltare crea all’interno del gruppo una sorta di magia e man mano che parlavano – sempre rispettando i turni di parola e mai prevaricandosi – mi sono resa conto della forte valenza di questa attività.

Tanza, il bambino con il fucile

Per approfondire l’articolo 38 ho scelto il libro “Odore di bombe. Profumo di Pioggia”, che ho letto chiedendo ai bambini di chiudere gli occhi per meglio farsi guidare dalla narrazione e per cercare di vedere “con gli occhi della mente” personaggi e ambienti. La discussione che è seguita – anche grazie a un brainstorming – mi ha aiutata a proseguire l’attività. In particolare il passaggio sulle “bombe che cadono dal cielo” ha fatto emergere il tema della guerra. Abbiamo poi osservato una serie di carte tematiche e letto alcuni dati reperiti sul sito dell’Unicef per capire in quali paesi del mondo esiste questo fenomeno.
Sinceramente non so quanto si siano resi conto della situazione e riescano a immedesimarsi in questi piccoli soldati; penso tuttavia che in parte siano riusciti a capire l’ingiustizia che subiscono questi loro coetanei che si vedono negata la propria libertà e il diritto fondamentale a vivere un’infanzia serena.
Non è facile far passare questi concetti a bambini che spesso “leggono” realtà di cui non possiedono conoscenza diretta solo attraverso l’esperienza dei videogiochi , dove il soldato è fondamentalmente “invincibile” e pressoché “immortale”. La frase di una bambina: “Oggi il lavoro mi è piaciuto perché abbiamo parlato di cose serie e da grandi” mi fa sperare di averli almeno sensibilizzati sull’argomento…
Lo scorso ciclo al termine del lavoro avevo proposto la visione del toccante “All the invisible children”, un film a episodi ognuno dei quali affronta in modo delicato ma efficace alcuni diritti negati nei quattro angoli del mondo. La storia di Tanza, piccolo combattente africano, che aveva suscitato interesse e partecipazione, penso possa chiudere in maniera significativa anche il lavoro che sto facendo proprio in questo periodo.

 
 
 
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