Contenuto riservato agli abbonati io+

Gli studenti scioperano per il clima. E noi insegnanti?

Greta Thunberg, con i suoi scioperi per il clima, ha posto in modo radicale una questione che riguarda alla radice ogni proposta educativa: è possibile capire senza cambiare?

di Franco Lorenzoni24 settembre 20194 minuti di lettura
Gli studenti scioperano per il clima. E noi insegnanti? | Giunti Scuola
Giusto un anno fa una ragazza svedese di 15 anni interrompeva il suo sciopero a oltranza che l’aveva portata per un mese a disertare la scuola e a starsene seduta solitariamente, per ore, sulle scalinate del Parlamento col suo cartello con su scritto Climate Strike For Future. Interruppe a settembre il suo sciopero accettando di tornare a scuola, ma con determinata testardaggine decise che, un giorno alla settimana, avrebbe comunque continuato la sua manifestazione solitaria. E così, in tutti i mesi che seguirono, ogni venerdì mattina è tornata a sedersi sui gradini del Parlamento col suo cartello in mano. Ciò che ha provocato quel gesto solitario, così semplice e insieme dirompente, è sotto gli occhi di tutti perché la scorsa primavera, per la prima volta al mondo, una ragazza è stata in grado di convocare uno sciopero studentesco che si è svolto contemporaneamente in centinaia di paesi di tutto il pianeta. “Qualcuno dice che invece (di scioperare) dovrei andare a scuola. Qualcuno dice che dovrei studiare per diventare una climatologa, così potrò risolvere la ‘crisi climatica’. Ma la crisi climatica è già stata risolta. Conosciamo già tutti i dati e abbiamo tutte le soluzioni. L’unica cosa che ci resta da fare è svegliarci e cambiare. (…) A cosa serve imparare nozioni nel sistema scolastico, quando i fatti elencati dalla scienza promossa da questo stesso sistema vengono ignorati dai nostri politici e dalla nostra società?”

 

È possibile capire senza cambiare?

Se diamo il giusto peso a queste affermazioni, ci rendiamo conto che Greta sta mettendo in luce la maggiore incongruenza che mina alla base il senso dell’educare: la distanza abissale che separa troppo spesso il conoscere dal cambiare.

Che senso ha, infatti, sostenere che la scuola debba costruire competenze, cioè permettere a ragazze e ragazzi di incontrare, elaborare e costruire saperi che valgano anche fuori, nella società e nella vita, quando le conoscenze essenziali, che hanno a che vedere con il mantenimento degli equilibri del nostro pianeta, sono ignorate e persino derise da troppi potenti della terra?

Che senso ha accumulare conoscenze quando gli allarmi sostenuti da rigorose analisi scientifiche, illustrate fin nei dettagli da centinaia di scienziati e fatte proprie – almeno sul piano formale – da conferenze e consessi internazionali, riescono solo in minima parte a orientare l’agenda politica e l’elaborazione di nuove leggi nei diversi paesi?

Che senso ha studiare se non riusciamo a trasformare e riorientare le abitudini e i comportamenti distruttivi della maggioranza di noi abitanti del pianeta terra?

Capire è cambiare – ci ricorda la ragazza svedese – altrimenti è pura finzione.

 

Dedichiamo giornate ad approfondire il tema del clima

Il prossimo venerdì 27 settembre si ripeterà in tutto il mondo uno sciopero studentesco contro il surriscaldamento globale, che già oggi costituisce la principale causa di migrazioni forzate e una moltiplicazione esponenziale di profughi ambientali.

Credo che noi adulti dobbiamo avere grande attenzione e rispetto verso questo movimento che sta coinvolgendo tanti giovanissimi, suscitato dalla radicalità e dall’ostinazione di Greta, rispettandone l’autonomia e i tempi di crescita. Ma credo anche che come insegnanti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità e ragionare riguardo ai temi da trattare a scuola, progettando e costruendo metodi di coinvolgimento attivo di bambini e ragazzi. E allora perché non immaginare modi e appuntamenti per favorire e accompagnare i momenti di protesta degli studenti? All’interno delle scuole, già da questo autunno, potremmo pensare di proporre, ad esempio, un’interruzione simbolica del normale corso delle lezioni ogni primo venerdì del mese, dedicando quelle giornate a momenti pluridisciplinari di approfondimento serio del tema del surriscaldamento globale, le cui conseguenze riguardano già oggi centinaia di milioni di abitanti del nostro pianeta. Uscire dalla “Grande cecità” riguardo al futuro, denunciata qualche anno fa da un libro importante di Amitav Ghosh, non è forse un tema obbligatorio per chi educa?

E non sarebbe straordinariamente importante, per una volta, accogliere e accettare che alcuni argomenti di studio nelle scuole siano scelti dalle studentesse e studenti più svegli e attivi, che stanno dimostrando di essere assai più lungimiranti di noi?

 

  

 

 

 
 
 
Scuola primariaScuola secondaria di primo gradoScuola secondaria di secondo grado

Dove trovi questo contenuto