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Professoressa sospesa a Palermo: un atto che solleva grande perplessità

I dubbi, legittimi, di una lettrice: estendere il dovere di vigilanza anche sui contenuti di un'elaborazione derivante da un’attività didattica appare decisamente una scelta arbitraria. Di Paolo Bonanno

di Redazione GiuntiScuola21 maggio 20194 minuti di lettura
Professoressa sospesa a Palermo: un atto che solleva grande perplessità | Giunti Scuola

Ho letto della sospensione dal servizio di una professoressa di Palermo a causa di un elaborato preparato dai suoi alunni, in quanto, sembra, l’interessata non avrebbe adeguatamente vigilato su quanto essi stavano predisponendo. Ma quali sono le disposizioni che consentono di sospendere dal servizio un docente e di chi è la competenza? Ho dei dubbi su questa vicenda, e vorrei capire meglio quali sono i fondamenti giuridici che l’hanno generata.

Lettera firmata

La vicenda della professoressa di Palermo, sanzionata, a quanto sembra (non vi sono infatti atti ufficiali noti cui fare riferimento per valutare appieno la questione) per non aver ottemperato ad un dovere di vigilanza sugli alunni durante lo svolgimento di un elaborato, solleva grande perplessità, non soltanto dal punto di vista del merito ma anche – dal mio punto di vista – sotto l’aspetto della corretta applicazione delle norme vigenti in materia disciplinare.

In primo luogo si deve ricordare che l’attuale regolamentazione dei procedimenti disciplinari nei confronti del personale docente è contenuta ancora in norme di rango legislativo, e cioè nel d.lgs 165/2001, per quanto riguarda le procedure, e nel d.lgs 297/1994, con riferimento alle fattispecie e alle sanzioni applicabili in caso di violazione accertata dei doveri del personale.

Quello che emerge dalle cronache, e che lascia già perplessi dal punto di vista procedurale, è il fatto che l’iniziativa del procedimento risulta essere stata assunta direttamente dall’Ufficio per i procedimenti disciplinari della Direzione regionale della Sicilia (nell’occasione con delega all’Ufficio territoriale di Palermo).

Si è ritenuto cioè, a seguito di una ispezione svolta presso l’istituzione scolastica di servizio della docente interessata (ispezione che l’Ufficio scolastico territoriale ha avviato, a quanto risulta, a seguito di un tweet pubblicato da un attivista politico, che chiedeva un intervento nei confronti della professoressa), che esistessero fatti disciplinarmente rilevanti. Fatti di tale gravità da dover prevedere l’applicazione di una sanzione superiore a quelle che sono di competenza del dirigente scolastico (avvertimento disciplinare, censura, sospensione dall’insegnamento fino a dieci giorni), come disposto dall’articolo 55-bis, comma 9-quater, del decreto 165/2001. Il tutto nei confronti di una docente mai colpita in precedenza da provvedimenti di natura disciplinare.

Quale norma è stata applicata, quindi, nel caso in questione?
L’articolo 494 del decreto 297/1994 prevede che ad un docente possa essere inflitta la sospensione dall’insegnamento fino a un mese (ora, con le nuove disposizioni, da oltre 10 giorni e fino a un mese) per questi motivi:
a) per atti non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alla funzione o per gravi negligenze in servizio;
b) per violazione del segreto d'ufficio inerente ad atti o attività non soggetti a pubblicità;
c) per avere omesso di compiere gli atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza.

Escludendo quanto previsto dalle lettere a) e b), la motivazione del provvedimento risulterebbe l’omissione di atti dovuti in relazione ai doveri di vigilanza. Ma a questo punto si deve precisare che i doveri di vigilanza sono quelli che, ai sensi delle norme del codice civile (in particolare l’art. 2048), incombono sui docenti per i comportamenti degli alunni che possano provocare un danno nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza. Si tratta, quindi, di una fattispecie estranea allo svolgimento dell’attività didattica: il docente deve evitare che gli atti materiali compiuti dagli alunni provochino illecitamente danni a se stessi o ad altri.

Estendere, come sembra sia stato fatto in questo caso, il dovere di vigilanza anche sui contenuti di un'elaborazione derivante da un’attività didattica, al punto da ritenere il docente passibile di una sanzione per non aver impedito che gli alunni confrontassero due fatti, uno storico e uno al momento di cronaca, magari accomunandoli in modo forse arbitrario e discutibile ma sempre nell’ambito di un “compito in classe”, appare decisamente – se le cose sono andate in questo modo – questa sì, una scelta arbitraria e certamente censurabile nelle opportune sedi.

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