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Valutare per dare valore alle competenze

La valutazione formativa di tipo descrittivo permette di conoscere meglio gli alunni al fine di aiutarli più efficacemente (Perrenoud, 1986)

di Barbara Cunsolo24 marzo 20216 minuti di lettura
Valutare per dare valore alle competenze | Giunti Scuola

Elisabetta Nigris è Professoressa Ordinaria presso l’Università di Milano Bicocca, dove insegna “Progettazione didattica e valutazione” nel corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria. È Presidentessa del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria e Responsabile del Gruppo di lavoro nazionale del Miur sulla valutazione.

Abbiamo parlato con Lei delle principali novità che interessano da vicino insegnanti, alunni e famiglie.

Quali sono le novità principali della valutazione e in quale cornice culturale, pedagogica si inserisce?

“Per parlare degli elementi di novità introdotti da questa nuova valutazione è importante chiarirne prima di tutto la cornice, che in parte è teorica e in parte radicata nella scuola e nelle esperienze maturate all’interno di tanti Istituti comprensivi del territorio nazionale.

Dal punto di vista teorico, ci si colloca nell’ambito di una valutazione per gli apprendimenti, che inquadra la valutazione in itinere, così come quella periodica e finale, in una prospettiva formativa. Dunque non si parla più di una valutazione oggettiva, ma di una valutazione rigorosa e soprattutto sistematica. La valutazione per gli apprendimenti di tipo criteriale – a differenza da quella di tipo normativo – non ha come scopo di mettere a confronto gli alunni l’uno con l’altro e collocarli in una scala gerararchica, ma di valutare il processo di insegnamento-apprendimento per monitorare il percorso dei bambini, raccogliere evidenze e prendere le decisioni che aiutino a migliorare il loro sviluppo e il loro percorso di apprendimento.

In altre parole, non è il bambino che va valutato ma il percorso di insegnamento/apprendimento in cui docente monitora costantemente le sue proposte e le ricadute nella classe alla luce di quello che succede nel contesto. Attraverso la valutazione in itinere si raccolgono le evidenze in modo sistematico in modo da fare un bilancio il più rigoroso possibile degli apprendimenti, delle difficoltà e dei progressi.

In questo approccio alla valutazione, però, è necessario esplicitare i criteri con cui si raccolgono le informazioni relative agli apprendimenti dei bambini per poi stabilire in quale livello si colloca – per ciascun bambino e per ciascuno obiettivo individuato – il bilancio degli apprendimenti fatto grazie ai dati raccolti.  

Si è quindi in un’ottica formativa, ma soprattutto questo impianto e questa impostazione rifuggono dalla modalità diffusa nella scuola di fare il bilancio finale solo a partire da prove strutturate che valutano un unico apprendimento in un solo momento. Al contrario, le evidenze che adesso si devono raccogliere restituiscono la complessità del percorso fatto da ogni singolo alunno.

Come raccoglierle? Con strumenti diversificati e mentre si svolgono le attività”.

Una valutazione non fine a sé stessa: questo nuovo modo di valutare può dare anche nuovo valore all’insegnamento, al lavoro dell’insegnante?

“Certo che sì, perché l’insegnante adesso non è solo più quello che parla o spiega o che fa eseguire un compito, ma è il progettista di esperienze e attività che si svolgono con i bambini. Questa valutazione chiede all’insegnante di progettare, di porsi domande: qual è la progettualità che voglio portare avanti? Che cosa voglio far fare ai bambini? Se come docente sono chiamato a formare dei cittadini che abbiano una strumentazione di base per potersi costruire un futuro nella società non posso limitarmi alla sola memorizzazione esecutiva. Se vogliamo progettare per competenze, come ci chiedono le Indicazioni nazionali del 2012, è necessario costruire un percorso con i bambini che gradualmente, attraverso il conseguimento di obiettivi sempre più articolati, conduca alle competenze.

Ecco perché abbiamo fondato l’origine della valutazione sulle Indicazioni Nazionali, sul curriculum di Istituto e sulla scelta degli obiettivi da parte del docente, obiettivi che devono trovare un equilibrio fra tutte le tipologie di contenuti e fra i diversi processi socio-cognitivi che regolano l’apprendimento.

E questa non è una idea di scuola pensata in astratto o immaginaria, perché già trova applicazione in alcune scuole del territorio nazionale. Ad esempio l’Università Milano Bicocca in collaborazione con l’MCE (Movimento di Cooperazione Educativa) ha condotto una sperimentazione biennale sulla valutazione descrittiva, in cui progettazione e valutazione si intrecciano e in cui l’obiettivo ultimo è quello di promuovere un percorso di apprendimento in cui tutti i bambini via via migliorano le loro prestazioni. Ma anche altre associazioni e altre reti di scuole si stavano già muovendo in questa direzione”.

E in che modo valorizza l’unicità dell’alunno, le sue competenze?

“Quello che abbiamo detto ci permette di guardare al bambino in modo meno standardizzato possibile, più contestualizzato, perché il percorso che faccio dipende dal contesto, dalle differenze che aiutano a crescere. Gli obiettivi di apprendimento devono tendere alle competenze e quindi devo costruire una cornice che consenta di raggiungerle”.

In questa nuova valutazione c’è dunque una profonda relazione tra progettazione e valutazione...

“La novità più visibile di questo modo di valutare è proprio questa: come abbiamo detto, si valuta per obiettivi di apprendimento, che ci aiutano a disarticolare e ricostruire un processo molto complesso, senza frazionare o spezzettare in modo comportamentistico il percorso di apprendimento, ma ricomponendone le diverse facce prismatiche, connotate in termine di contenuti e abilità e competenze.

Una progettazione che deve essere pensata, che delinea quali sono gli intenti, i modi, i tempi e gli spazi dell’azione, che deve «dotarsi di strumenti che danno voce agli apprendimenti e senso alle azioni educative per essere valutabili e validabili» (Bonaccini, 2018). Strumenti che fanno emergere le soggettività dei bambini e che permettono di valorizzare le loro potenzialità”.   

Per ogni funzione e/o obiettivo specifico della valutazione va impiegato uno strumento di valutazione omologo e congruente con quella funzione e/o con quell’obiettivo

(Domenici, 1991)       

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