Multicultura

Osservatorio Scuola Primaria • Anteprima novembre 2011

Scuola: sarà trascurata dal nuovo ministro?

Infatti, non &egrave; un caso che dal 2008 ad oggi vi sia stato un calo della natalit&agrave; di quasi il 30% (<a href="https://www.istat.it/it/files/2021/12/REPORT-NATALITA-2020.pdf" target="_blank">Report ISTAT 2020</a> ), senza che vi siano stati adeguati interventi di supporto alla genitorialit&agrave;. In un articolo apparso sull&rsquo;<a href="https://www.economist.com/britain/2022/06/30/british-child-care-is-expensive" target="_blank">Economist il 30/06/2022</a> emerge che il costo dei servizi per la cura dell&rsquo;infanzia in Italia rappresenta il 28% del reddito netto di una famiglia con due stipendi, a fronte di una media OCSE del 16%. Insomma, in Italia far nascere figli e curarli/educarli costa mediamente molto di pi&ugrave; rispetto agli altri Paesi sviluppati.

Un discorso sull&rsquo;obbligatoriet&agrave; della frequenza della scuola dell&rsquo;infanzia dovrebbe quindi essere inserito all&rsquo;interno di un ragionamento pi&ugrave; complessivo sulle politiche di sostegno alla famiglia, al lavoro femminile e alla natalit&agrave;.

Per quanto concerne l&rsquo;obbligatoriet&agrave; in s&eacute;, va sottolineato che in Italia pi&ugrave; del 90% dei bambini di 3-6 anni frequenta una qualche scuola dell&rsquo;infanzia, statale o paritaria. Vi sono comunque dai 90 ai 150 mila bambini che non la frequentano e la proposta sembra rivolgersi in particolare a questa platea di piccoli. Probabilmente a molti osservatori e docenti la proposta di obbligatoriet&agrave; appare eccessiva; rimane comunque il problema di come fare per garantire la frequenza se non a tutti al maggior numero possibile di bambine e bambini dai 3 ai 6 anni, e questo per evidenti ragioni di pari opportunit&agrave; nell&rsquo;accesso ai servizi educativi e di istruzione. &Egrave; plausibile pensare, peraltro, che i bambini non frequentanti la scuola provengano da contesti socio-familiari che avrebbero maggiori necessit&agrave; di fruire di questo servizio.

Purtroppo non viene fatto cenno, nelle varie proposte, alla qualificazione di questo settore scolastico, come ad esempio la garanzia di un determinato numero di ore settimanali per l&rsquo;organizzazione di attivit&agrave; di gruppo e di intersezione, o alla revisione del numero dei bambini per sezione, o alle forme di coordinamento didattico.

Sarebbe gi&agrave; tanto se, al di l&agrave; dell&rsquo;approvazione o meno dell&rsquo;obbligo di frequenza, venissero messi in atto questi interventi finalizzati ad innalzare la qualit&agrave; della didattica e del servizio in generale. Sono interventi che richiederebbero adeguati investimenti e questo potrebbe far storcere il naso ai tanti custodi della spesa pubblica, ma si tratta evidentemente di scelte politiche e di civilt&agrave;: anche le spese militari incidono, e non poco, sulla contabilit&agrave; dello Stato, mentre l&rsquo;evasione fiscale depaupera le risorse pubbliche.

Sta suscitando non poche reazioni la proposta contenuta nel programma elettorale del PD di rendere obbligatoria la scuola dell&rsquo;infanzia dai 3 ai 6 anni. Prima di entrare nel merito della proposta, va fatta una necessaria premessa. Le misure avanzate per incrementare la frequenza della scuola dell&rsquo;infanzia (come d&rsquo;altro canto quella dei servizi educativi 0-3) rientrano anche nelle politiche di sostegno alla famiglia e alla genitorialit&agrave;, e proprio su questo punto l&rsquo;Italia appare ancora molto lontana rispetto ad altri Paesi europei.

Scuola dell’infanzia obbligatoria: parliamone