Quanti compiti hai?
Compiti a casa sì o no? Si riapre la vecchia questione. Ma nessuno parla delle difficoltà degli immigrati.
È in corso in Francia un forte dibattito sui compiti a casa , dopo che un'associazione dei genitori ha protestato per l’eccesso dei compiti. Anche in Italia, sui giornali almeno, è iniziato un dibattito sullo stesso tema e il ministro Profumo ha ammesso che se ne potrebbero dare meno .
La mia esperienza personale come padre è che mia figlia Paola ha pianto solo quando le veniva chiesto di fare i compiti, specialmente durante l’estate. Io stesso sono stato accusato di contraddizioni sul tema perché mentre veniva pubblicato una serie di libri coi compiti per le vacanze estive che avevo scritto con mia moglie, sul quotidiano locale veniva pubblicato un mio editoriale intitolato “I compiti per le vacanze? Non fateli”. In quel caso me la sono cavata dicendo che il libro era stato un divertente progetto di coppia, mentre come maestro la mia opinione sui compiti era molto netta.
Ho sempre detto ai genitori, fin dalla prima elementare, che i compiti erano una questione che riguardava esclusivamente i rapporti tra loro e i figli , perché io come insegnante non potevo certo contarci dato che chi li faceva avrebbe potuto tranquillamente farne a meno e invece chi avrebbe avuto bisogno di esercitarsi non li faceva; perciò contavo esclusivamente sulle attività che facevo a scuola e facendo il tempo pieno devo dire che il tempo non mi mancava.
Infatti, ritengo che la scuola dovrebbe occupare tutte le esperienze dei ragazzi . In Inghilterra e negli USA i figli dei ricchi si trasferiscono a vivere nei campus. In Finlandia i ragazzi trascorrono tutta la giornata o tutta la settimana, se abitano lontani, a scuola dove svolgono tutte le attività, anche motorie e manuali, che gli apprendimenti necessari e quelli scelti da loro stessi richiedono, indipendentemente da una classe anagrafica. Per questo la Finlandia è sempre al primo posto tra le nazioni che partecipano alle prove internazionali OCSE-PISA.
Mi preme sottolineare soprattutto le problematiche legate ai compiti dei ragazzi immigrati o figli di immigrati . Come volontario vado ogni venerdì a far fare i compiti ai bambini delle elementari di un condomino abitato esclusivamente da famiglie di immigrati e posso dire che effettivamente i compiti sono troppi, ma soprattutto sono troppo difficili per loro che non possono ricevere un aiuto dalla famiglia per svolgerli . E non perché le mamme non abbiano tempo (come ha detto Concita De Gregorio su "la Repubblica" del 5 aprile 2012).
La discriminazione attuata dai compiti, almeno in questi casi, non è di tempo, non è di classe, ma sicuramente è di lingua: i genitori immigrati non sono in grado di aiutare i figli nell’esecuzione dei compiti perché conoscono la lingua italiana meno dei loro figli ; e sinceramente dispiace che anche gli altri intervenuti nel dibattito non abbiano tenuto conto di questa realtà.
Oltre 700mila ragazzi sono nelle stesse condizioni nelle scuole italiane e sono un po’ tanti per restare invisibili agli occhi dei soliti esperti di prima pagina. Anche i ragazzi immigrati delle medie a cui insegno italiano lamentano di avere troppi compiti e di preferire quelli scritti allo studio. Avrebbero bisogno di qualcuno che studiasse con loro e di stare più tempo con i coetanei italiani da cui imparerebbero molto bene l’italiano orale e coi quali invece non si vedono più usciti dalla scuola.
Insomma, ritengo che
tutti gli studenti, a maggior ragione i figli di immigrati, avrebbero bisogno di più scuola e non di più compiti.