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Piccoli propositi per il nuovo anno: fare meno e ascoltare di più
Proporre meno contenuti e svolgerli con cura e profondità. E mettersi in gioco per offrire a bambini e ragazzi la possibilità di un rispecchiamento culturale
15 settembre 20174 minuti di lettura
L’obiezione che ascolto, quando mi capita di discutere con gruppi di docenti sul metodo, è che non c’è il tempo per ascoltare i ragazzi perché il programma è vasto, le ore sono poche e gli allievi nelle classi sono troppo numerosi.
Queste obiezioni nascondono a volte pigrizia mentale e scarsa volontà di mettersi in gioco, ma sollevano tuttavia una questione rilevante, che è quella del tempo lungo necessario all’ ascolto e al confronto , alla pratica individuale e collettiva del ragionamento . Personalmente ritengo che dovremmo proporre meno contenuti e svolgerli con cura e profondità, perché il grande nemico di ogni crescita culturale sta nella semplificazione. Finora l’autonomia scolastica è stata ben poco utilizzata nelle sue potenzialità, perché dotata di fondi miseri, ridottisi a più riprese negli ultimi anni. E invece sarebbe importante offrire a ogni Istituto risorse finanziarie per sperimentare di più e scegliere, ad esempio, alcune discipline a cui dedicare maggiore tempo, adottando orari flessibili. Così, accanto ai docenti che si azzarderanno a cominciare a insegnare le loro discipline in inglese, si potrebbero formare in ogni scuola gruppi di docenti che si cimentino a educare intrecciando diversi saperi, avendo come priorità lo sviluppo del pensiero critico e argomentativo dei ragazzi, dando valore, nella conversazione, ai loro pensieri autonomi - sia spontanei che più strutturati - in un intreccio forte che colleghi continuamente intuizioni, emozioni e conoscenze.
Le scuole potrebbero così divenire ciò che dovrebbero essere, cioè luoghi in cui si promuove la cooperazione tra chi educa.
Se nel presentare i diversi saperi non riusciamo a dare ai ragazzi la possibilità di rispecchiarsi e in qualche modo riconoscersi, almeno qualche volta, nelle complesse costruzioni umane del pensiero, se non riusciamo a proporre la cultura come specchio capace di farci vedere e capire qualcosa di più di noi stessi, tutto il percorso scolastico rischia di perdere senso e di risultare fallimentare per i più.
Lo sganciamento, il distacco tra ciò che gli adulti propongono e ciò che passa per la testa dei ragazzi sta sempre più provocando uno stato di alienazione che porta troppi studenti alla passività scontrosa o alla fuga, sia dentro al cellulare nascosto sotto al banco o fuori dall’edificio scuola, sentito come estraneo e in alcuni casi nemico.
Al contrario, sentirsi di casa e ritrovarsi dentro un racconto, una pittura, una scoperta matematica possono generare aperture inaspettate nella sensibilità dei ragazzi e offrire parole e senso ai loro sentimenti più intimi. Possono contribuire a far nascere in loro l’adesione a una comunità culturale, a partire da un’attenzione alla qualità di gesti e parole, che è alla base di ogni pratica di convivenza.
Ma per attivare questo rispecchiamento c’è bisogno di lunghe manovre di avvicinamento. C’è bisogno in primo luogo che ci si metta in gioco e che si cerchi quale musica, letteratura, scoperta scientifica o manufatto culturale apra a quel gruppo di ragazze e ragazzi la possibilità di un rispecchiamento culturale , che è l’opposto della contemplazione narcisistica di sé.
Se sono affranto dalla gelosia Otello parla proprio a me, e dona al mio sentimento parole e respiro, offrendomi la possibilità di non sentirmi solo al mondo. Mi aiuta a comprendere che ciò che mi succede è certamente cosa unica e irripetibile, ma accadimenti simili son stati vissuti da altri e altri ancora, ed è questa tensione tra l’unicità della mia esperienza individuale e i caratteri generali della natura umana che rende possibile il linguaggio, il dare nome a emozioni, pensieri ed esperienze, che costruiscono il terreno per la condivisione ragionata, che è qualità propriamente umana, senza la quale l’apprendimento non può avere respiro.
Nessuna ragazza o ragazzo è superficiale, nonostante ciò che pensino i suoi insegnanti. I sentimenti che prova sono potenti e profondi. Ciò di cui spesso manca sono le parole e un linguaggio capace di dare orizzonti vasti al suo pensare se stesso e il mondo, se stesso nel mondo. Perché non proviamo ad accogliere questa sfida?
Queste obiezioni nascondono a volte pigrizia mentale e scarsa volontà di mettersi in gioco, ma sollevano tuttavia una questione rilevante, che è quella del tempo lungo necessario all’ ascolto e al confronto , alla pratica individuale e collettiva del ragionamento . Personalmente ritengo che dovremmo proporre meno contenuti e svolgerli con cura e profondità, perché il grande nemico di ogni crescita culturale sta nella semplificazione. Finora l’autonomia scolastica è stata ben poco utilizzata nelle sue potenzialità, perché dotata di fondi miseri, ridottisi a più riprese negli ultimi anni. E invece sarebbe importante offrire a ogni Istituto risorse finanziarie per sperimentare di più e scegliere, ad esempio, alcune discipline a cui dedicare maggiore tempo, adottando orari flessibili. Così, accanto ai docenti che si azzarderanno a cominciare a insegnare le loro discipline in inglese, si potrebbero formare in ogni scuola gruppi di docenti che si cimentino a educare intrecciando diversi saperi, avendo come priorità lo sviluppo del pensiero critico e argomentativo dei ragazzi, dando valore, nella conversazione, ai loro pensieri autonomi - sia spontanei che più strutturati - in un intreccio forte che colleghi continuamente intuizioni, emozioni e conoscenze.
Le scuole potrebbero così divenire ciò che dovrebbero essere, cioè luoghi in cui si promuove la cooperazione tra chi educa.
Se nel presentare i diversi saperi non riusciamo a dare ai ragazzi la possibilità di rispecchiarsi e in qualche modo riconoscersi, almeno qualche volta, nelle complesse costruzioni umane del pensiero, se non riusciamo a proporre la cultura come specchio capace di farci vedere e capire qualcosa di più di noi stessi, tutto il percorso scolastico rischia di perdere senso e di risultare fallimentare per i più.
Lo sganciamento, il distacco tra ciò che gli adulti propongono e ciò che passa per la testa dei ragazzi sta sempre più provocando uno stato di alienazione che porta troppi studenti alla passività scontrosa o alla fuga, sia dentro al cellulare nascosto sotto al banco o fuori dall’edificio scuola, sentito come estraneo e in alcuni casi nemico.
Al contrario, sentirsi di casa e ritrovarsi dentro un racconto, una pittura, una scoperta matematica possono generare aperture inaspettate nella sensibilità dei ragazzi e offrire parole e senso ai loro sentimenti più intimi. Possono contribuire a far nascere in loro l’adesione a una comunità culturale, a partire da un’attenzione alla qualità di gesti e parole, che è alla base di ogni pratica di convivenza.
Ma per attivare questo rispecchiamento c’è bisogno di lunghe manovre di avvicinamento. C’è bisogno in primo luogo che ci si metta in gioco e che si cerchi quale musica, letteratura, scoperta scientifica o manufatto culturale apra a quel gruppo di ragazze e ragazzi la possibilità di un rispecchiamento culturale , che è l’opposto della contemplazione narcisistica di sé.
Se sono affranto dalla gelosia Otello parla proprio a me, e dona al mio sentimento parole e respiro, offrendomi la possibilità di non sentirmi solo al mondo. Mi aiuta a comprendere che ciò che mi succede è certamente cosa unica e irripetibile, ma accadimenti simili son stati vissuti da altri e altri ancora, ed è questa tensione tra l’unicità della mia esperienza individuale e i caratteri generali della natura umana che rende possibile il linguaggio, il dare nome a emozioni, pensieri ed esperienze, che costruiscono il terreno per la condivisione ragionata, che è qualità propriamente umana, senza la quale l’apprendimento non può avere respiro.
Nessuna ragazza o ragazzo è superficiale, nonostante ciò che pensino i suoi insegnanti. I sentimenti che prova sono potenti e profondi. Ciò di cui spesso manca sono le parole e un linguaggio capace di dare orizzonti vasti al suo pensare se stesso e il mondo, se stesso nel mondo. Perché non proviamo ad accogliere questa sfida?
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