Il tuo carrello (0 prodotti)

Il tuo carrello è ancora vuoto

Libri, riviste e tanti materiali digitali: trova la risorsa per te.

Il fascino dei voti e la valutazione alla primaria

La valutazione dei processi di apprendimento è un’operazione complessa. Torneranno i voti decimali al posto dei giudizi descrittivi?

di Mario Maviglia04 dicembre 20231 minuto di lettura
Il fascino dei voti e la valutazione alla primaria | Giunti Scuola

Torniamo ancora sulla questione dei voti nella scuola primaria perché il Ministero dell’Istruzione e del Merito sembra fortemente intenzionato a reintrodurre i voti decimali abbandonando i giudizi descrittivi in vigore dall’a.s. 2020/2021 (O.M. 172/2020 e relative Linee guida). Se ne è fatta interprete, in modo particolare, la Sottosegretaria all’Istruzione, Frassinetti, relatrice al recente Convegno La scuola del merito. I voti preparano al futuro, organizzato il 16 novembre scorso presso la Camera dei Deputati e organizzato da FdI, il partito di maggioranza. (Si noti l’espressione usata: i voti preparano al futuro, non la valutazione).

La scuola primaria non è nuova a questi repentini cambi di prospettiva: sopporterà anche questa ulteriore modifica, e forse non pochi docenti la approveranno, convinti che il ritorno al voto comporti una semplificazione nel processo valutativo e, in fondo, meno fatica. L’opinione pubblica, e in particolare i genitori, inutile dirlo, saluteranno con benevolenza questo ritorno al passato perché il voto, nella sua sintetica perentorietà, è apparentemente più semplice da comprendere rispetto al giudizio descrittivo.

Eppure, se si vuole fare un’analisi più tecnica della questione, vi sono alcuni aspetti che meritano attenzione.

La valutazione dei processi di apprendimento è oggettivamente un’operazione complessa in quanto riguarda non solo l’apprezzamento dei risultati conseguiti dall’alunno, ma anche le strategie correttive e migliorative che il docente mette in atto per facilitare l’acquisizione di quei risultati (funzione autoregolativa della valutazione). Proprio questo aspetto della valutazione è quello più trascurato nelle pratiche valutative e particolarmente in quelle che utilizzano il voto come criterio di riferimento, in quanto il voto tende per sua natura a fissare le prestazioni, a “pesarle”, a dare loro un valore falsamente oggettivo. Infatti, l’asserita maggiore “oggettività” del voto rispetto al giudizio descrittivo nasconde una concezione ingenua della valutazione in quanto presuppone che assegnare una quantità (voto) a una conoscenza o competenza voglia garantire la precisione di quanto si valuta. Ogni docente in realtà sa che dietro un 6 o un 7 si nascondono significati diversi  e livelli diversi di prestazione. E infatti, di solito, i docenti più accorti agganciano i voti a indicatori ben precisi che “descrivono” cosa rappresenta un 6 o un 7. La stessa distanza dal 6 al 7 è difficilmente quantificabile in quanto esprime semplicemente una relazione d’ordine (intensità di presenza di una qualità), tanto che quando la si vuole definire si ricorre a rubriche valutative che “descrivono” il livello qualitativo di differenza tra i due valori.

All’interno di questo discorso rimane sempre trascurata la funzione regolativa della valutazione, ossia la sua capacità di adattare gli interventi didattici in riferimento alle risposte degli alunni per innescare eventuali azioni correttive. Di tutto ciò non c’è traccia nel dibattito in corso. Il rischio è che l’attenzione venga polarizzata sulla disputa voto vs giudizio descrittivo senza innalzare di un “voto” il livello della discussione.

Scuola primaria