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È sbagliato vergognarsi per aver fatto un errore o far vergognare qualcuno di un errore che ha fatto, visto che senza errori non si cresce

OSSERVAREC’è una vasta letteratura che si riferisce alle modalità osservative. Talvolta essa concentra l’attenzione sul bambino, sui suoi prodotti, sulle operazioni che compie per raggiungere un risultato. Ma si può anche, accogliendo i suggerimenti di Mason, considerare l’osservazione come una variabile dipendente dal contesto nel quale avviene l’osservazione.Le competenze (a qualunque livello esse siano) possono essere meglio utilizzate se ci sono certe condizioni. Lo sappiamo per esperienza personale, infatti:• quando ci si sente giudicati o valutati non si hanno le stesse prestazioni di quando ci si trova bene e in serenità;• quando si respira un’aria di fretta, non si “produce” come quando ci si trova in situazioni calme e lente;• quando ci si sente costretti, non si sviluppa un atteggiamento ludico e creativo;• quando si è in tanti non ci si comporta come quando ci si trova da soli o in piccolo gruppo.Osservare gli “errori” significa rendersi conto anche in quale situazione, in quale contesto la persona sta agendo (vale per i bambini e per gli adulti). ACCOGLIERELa pedagogia dell’accoglienza ha fatto molta strada, anche se si tratta di una parola abusata e utilizzata in contesti molto diversi fra loro.Accogliere significa dare spazio ai ragionamenti, ai pensieri, alle intuizioni, alle emozioni che un bambino utilizza nello svolgere il compito assegnatogli.Si può accogliere, lo sappiamo ma vale la pena ripetercelo, quando non si giudica, quando non si considerano le azioni dell’altro come errate, perché diverse da quelle che avremmo compiuto noi. Il giudizio è escludente, l’accoglienza è includente. Accogliere non significa negare le scelte dell’altro, né vuol dire tirare l’altro “per la giacchetta” perché accetti di fare come noi pensiamo sia corretto. Significa rispettare l’altro e considerare come degne di ascolto e di attenzione le scelte che ha compiuto. Scelte che sono, ancora una volta, figlie di una storia personale, di un contesto, di un’esperienza costruita piano piano e spesso con fatica.

Gli errori sono un mezzo efficace per sviluppare conoscenza

Tutti abbiamo “incontrato” l’errore secondo due modalità diverse: come sbaglio da correggere o come strumento inevitabile per conoscere. Le due modalità hanno uno stesso punto di partenza, ma portano a una diversa prospettiva educativa. Anche nella lingua latina error aveva due significati, che conducevano a strade diverse: error, inteso come sbaglio, ed error che indicava una deviazione, un vagare. DUE DIVERSE PROSPETTIVE Nella prima accezione l’errore viene visto come una non conoscenza della forma corretta da usare (sia essa di tipo linguistico, matematico o sociale). A scuola gli errori di questo tipo si correggevano una volta con la matita rossa. L’idea era quella che i bambini si dovessero impossessare di strumenti linguistici, storici o scientifici prescritti dai programmi o dalle consuetudini. L’errore veniva considerato come un allontanamento dai principi logici o dalle regole comunemente accettate. Le regole erano contenute nel libro di testo o spiegate dall’adulto. In ogni caso l’apprendimento aveva come punto di arrivo quello di portare l’allievo alla conoscenza “corretta” delle informazioni di base, adatte a vivere nella cultura del momento. Nel secondo caso l’errore viene concepito come strumento di conoscenza, con una chiave di lettura che appare molto più recentemente nella cultura filosofica e pedagogica. Forse la persona che ha più insistito sull’importanza conoscitiva dell’errore è stato Karl Popper che lo ha indicato come la strada più idonea per sviluppare teorie e validare conoscenze. Questo atteggiamento verso l’errore porta a vedere più il bambino che vuol imparare, piuttosto che controllare se ha imparato. Chi “sbaglia”, compie un errore perché ha fatto un ragionamento personale. Gli errori sarebbero il mezzo più efficace per sviluppare conoscenza: “nella scienza, come nella vita, vige il metodo dell’apprendimento per prove ed errori, cioè di apprendimento dagli errori”.

SBAGLIANDO SI IMPARALe due letture del termine errore alludono a due percorsi educativi diversi.Il primo percorso ci dice che l’errore nasce da un difetto, da una mancanza, da un inadeguato apprendimento. E propone un intervento educativo di tipo correttivo, capace cioè di riempire i vuoti conoscitivi. Basta correggere, indicare come si fa, richiedere a chi ha sbagliato di adeguarsi alle regole condivise dagli adulti.Il secondo percorso ci dice che un insegnante dovrebbe soprattutto capire come sia avvenuto l’errore. Alla fine degli anni Trenta del secolo scorso un filosofo, Gaston Bachelard, scriveva che la conoscenza va vista come una “serie di errori rettificati”. La crescita di un bambino come quella delle conoscenze scientifiche si costruirebbe a partire dal motto “sbagliando si impara e si impara dai nostri errori”.Lo psicologo inglese James Reason ha scritto che gli errori sono delle conseguenze, piuttosto che delle cause: essi hanno le loro origini nel contesto in cui avviene l’errore. E dentro il contesto ci sono le norme, le istituzioni, ma anche l’insegnante stesso. In un contesto scolastico tradizionale o in situazioni valutative, l’errore diventa più importante di chi lo ha commesso. Mason scrive che, per un insegnante, incolpare gli individui dà più soddisfazione che prendere di mira il contesto. I “PASTICCI” DEI BAMBINIDavid Hawkins, un filosofo che ha lavorato al progetto Elementary Science Study, circa mezzo secolo fa, scriveva che il metodo più adatto per acquisire conoscenze è quello che si basa sulla natura umana, che è di carattere esplorativo. Le sue indicazioni operative, per i bambini della scuola dell’infanzia e oltre, partivano dal termine “pasticciare”. Nel pasticciare con i materiali e con la realtà, attraverso attività che Hawkins chiama “multiprogrammate”, un bambino usa le cose in maniera differenziata, corrispondente alle sue conoscenze e alle sue esigenze.Molti insegnanti e pedagogisti riconoscono oggi l’importanza dei materiali “poveri”, del giocare con “niente”, delle “materie intelligenti”. Leggere un errore come il frutto di un “pasticciamento” di idee ed esperienze personali, porta molto lontano…Le tre azioni che, a partire da queste ricerche, possiamo ben applicare al tema dell’errore sono: osservare, accogliere, restituire.

Si “pasticcia" quando i materiali offrono più direzioni e percorsi.

Non giudichiamo le creazioni dei bambini: gli errori possono far crescere, come Gianni Rodari ci ha raccontato.

Bachelard, G. (1995). La formazione dello spirito scientifico. Contributo a una psicoanalisi della conoscenza oggettiva (a cura di Castelli Gattinara E.). Milano: Raffaello Cortina Editore.Binanti, L. (2006). Sbagliando si impara. Una rivalutazione dell’errore. Roma: Armando Editore.Hawkins, D. (1979). Imparare a vedere. Saggi sull’apprendimento e sulla natura umana. Torino: Loescher.Reason, J. (1991). Human error. London: Cambridge University Press.Popper, K. R. (1972). Epistemologia, razionalità e libertà. Roma: Armando Editore.Rodari, G. (2011). Il libro degli errori. San Dorligo della Valle (TS): Einaudi Ragazzi.

RESTITUIRERestituire significa comunemente informare e discutere con le famiglie attorno alla vita quotidiana nella scuola dell’infanzia (educational evaluation).Qui pare opportuno sottolineare quanto sia importante “restituire”al bambino gli sforzi che ha compiuto per raggiungere “quel” risultato, anche condividendo con gli altri bambini quel suo impegno personale. Quel suo modo di disegnare un cavallo con sei zampe (“perché corre”) o di scrivere la parola treno usando tantissime lettere (“perché è lungo”). Sono esempi comuni e interessanti, curiosi, ma anche veritieri. Certo sono una “verità” discutibile, come tutte le verità, ma hanno comunque il pregio di essere delle elaborazioni fatte di logica e di creatività

Errare humanum est

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