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Esami universitari

&ldquo;E poi te l&rsquo;ho gi&agrave; detto, io vivo per loro, tutti gli altri son solo strumenti per far funzionare la nostra scuola. Anche le lettere ai cappellani e ai giudici son episodi della nostra vita e servono solo per insegnare ai ragazzi l&rsquo;arte dello scrivere cio&egrave; di esprimersi cio&egrave; di amare il prossimo, cio&egrave; di far scuola&rdquo;.

[Dalla lettera a Nadia Neri di Napoli]

&ldquo;Spesso gli amici mi chiedono come faccio a far scuola e come faccio ad averla piena. Insistono perch&eacute; io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica. Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter far scuola. Bisogna essere&hellip; Non si pu&ograve; spiegare in due parole come bisogna essere [&hellip;]. Bisogna aver le idee chiare in fatto di problemi sociali e politici. Non bisogna essere interclassisti, ma schierati. Bisogna ardere dell&rsquo;ansia di elevare il povero a un livello superiore [&hellip;]: pi&ugrave; da uomo, pi&ugrave; spirituale, pi&ugrave; cristiano, pi&ugrave; tutto&rdquo;. 
[Milani, 1997]

&Egrave; con don Milani che chiudo questa rubrica dedicata ai maestri, consapevole che molti altri ci sono compagni in questa splendida avventura che &egrave; l&rsquo;essere insegnanti.

Scuola e vita si uniscono. Insegnare e apprendere &egrave; vivere, insieme. Insegnare &egrave; vivere per loro. Barbiana &egrave; la migliore alternativa possibile per quelle vite. La scuola dovrebbe essere percepita da tutti come un&rsquo;alternativa vantaggiosa, qualcosa che possa fare la differenza, in meglio, per la propria e altrui vita. In quattordici anni di scuola, Barbiana fa cultura, innanzitutto mostrando come affinare il pensiero, grazie al lavoro sul linguaggio. Tutta la didattica di don Milani ruota attorno all&rsquo;educazione alla parola, perch&eacute; &egrave; ci&ograve; che permette a tutti di essere riconosciuti persone tra persone e &ldquo;arma&rdquo; attraverso cui lottare contro le ingiustizie per vedere riconosciuto il diritto di esistere come tali.

Il suo essere uomo e maestro erano inscindibili: questo &egrave; un aspetto illuminante che riscrive il perimetro di ci&ograve; che pensiamo sia la formazione per gli insegnanti. Crollano i muri tra l&rsquo;essere insegnante o studente e l&rsquo;essere persona. Crolla l&rsquo;idea sterile dei muri tra le discipline. Crollano tutte le impalcature erette per frammentare l&rsquo;esperienza, sterilizzandone gli effetti, per lasciare spazio solo alla vita, unica materia di studio.

Per don Milani la scuola &egrave; un bene prezioso la cui finalit&agrave; &egrave; essenzialmente evangelica. Questo spiega l&rsquo;energia delle sue parole, ma anche il limite per coloro che vedono nell&rsquo;educazione una forma di emancipazione dalla religione stessa.

Insiste, il priore, su uno degli aspetti pi&ugrave; importanti e delicati di chi vuole fare l&rsquo;insegnante. Lavorare su di s&eacute;, sul proprio essere persone con un&rsquo;attenta e lucida visione sull&rsquo;esistente, ma, al contempo, con un profetico sguardo aperto al futuro. Una buona scuola &egrave; fatta di insegnanti che sanno essere tali.

La scuola serale di San Donato, prima, e quella di Barbiana, poi, possono essere considerate esperienze irripetibili, data la loro specificit&agrave; storica e sociale. Modelli con cui dialogare, dai quali lasciarsi interrogare per capire il senso e la forma che attribuiamo a quell&rsquo;esercizio di apprendimento e insegnamento che chiamiamo scuola.

&ldquo;Stiamo lavorando da tre mesi a inguaiarci di nuovo. Un grande lavoro molto pi&ugrave; sentito per noi e molto pi&ugrave; lavorato che non la lettera ai giudici. Questa &egrave; una lettera a una professoressa (che aveva la vocazione mancata a fare il giudice e il boia come gran parte delle colleghe) che bocci&ograve; due miei ragazzi l&#39;anno scorso. Penso che per gennaio sia pronta&rdquo;. 
[Dalla lettera all&rsquo;avvocato Adolfo Gatti]

&ldquo;Quelli che stanno in citt&agrave; usano meravigliarsi del suo orario. 12 ore al giorno, 365 giorni l&#39;anno. Prima che arrivassi io i ragazzi facevano lo stesso orario (e in pi&ugrave; tanta fatica) per procurare lana e cacio a quelli che stanno in citt&agrave;. Nessuno aveva da ridire. Ora che quell&#39;orario glielo faccio fare a scuola dicono che li sacrifico. La questione appartiene a questo processo solo perch&eacute; vi sarebbe difficile capire il mio modo di argomentare se non sapeste che i ragazzi vivono praticamente con me. Riceviamo le visite insieme. Leggiamo insieme: i libri, il giornale, la posta. Scriviamo insieme&rdquo;.

[Dalla lettera ai giudici del processo subito da don Milani per apologia di reato]

Gesualdi M. (1970),&nbsp;Lettere di Don Lorenzo Milani priore di Barbiana. Milano: Mondadori.

MilaniI L. (1997),&nbsp;Esperienze pastorali. Firenze: LEF.

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Tra le letture obbligatorie per diventare docenti dovrebbe esserci Lettera a una professoressa (1967), scritta dai ragazzi della scuola di Barbiana insieme al loro priore, don Lorenzo Milani. A distanza di pi&ugrave; di cinquant&rsquo;anni quel testo resta di enorme attualit&agrave;, una provocazione, uno sprone a riconoscere nell&rsquo;educazione la grande possibilit&agrave; per ciascuno di diventare una persona migliore.

Quella Lettera ci insegna che la postura dell&rsquo;insegnante necessita di approfondimento, analisi, confronto, scelte e amore, per quello che si fa e per ci&ograve; in cui si crede. Quella Lettera fece discutere e appassionare e ancora oggi continua a farlo. Attraverso un minuzioso lavoro di scelta lessicale &egrave; riuscita a denunciare con forza la negazione sostanziale del diritto all&rsquo;istruzione per i figli dei poveri, falcidiati dalle bocciature. Una delle pi&ugrave; grandi ingiustizie sociali di quel tempo e del nostro.

Don Lorenzo Milani e l'educazione alla parola