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Competenze non cognitive, dalla politica alla scuola di tutti i giorni

Il Parlamento affronta un tema squisitamente psicopedagogico: che cosa dice la proposta di legge

di Mario Maviglia16 febbraio 20221 minuto di lettura
Competenze non cognitive, dalla politica alla scuola di tutti i giorni | Giunti Scuola

L’11 gennaio scorso la Camera dei Deputati ha approvato, con un’ampissima maggioranza, una proposta di legge per l'introduzione sperimentale e volontaria, nell'ambito di uno o più insegnamenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, delle competenze non cognitive (amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale, nel metodo didattico). 

In questa fase non risultano coinvolti i gradi scolastici inferiori (infanzia e primaria), ma tutto lascia supporre che – se la proposta si tradurrà in legge dopo il passaggio al Senato e se la sperimentazione avrà esiti positivi – nel futuro potrebbero essere coinvolti anche questi settori. 

La proposta si ispira a una serie di studi riguardanti le cosiddette competenze trasversali, ossia quelle presentano un intreccio tra conoscenze, capacità e qualità personali e che caratterizzano ogni persona nello studio come nel lavoro. In particolare James Heckman (Premio Nobel per l’Economia 2000) definisce “competenze non cognitive” quelle che fanno riferimento a caratteristiche individuali connesse agli aspetti psicosociali, emotivi e personali (denominate anche life skills). Anzi le sue Big Five (grinta, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura all’esperienza) sono pressoché identiche a quelle votate dalla Camera. L’assunto da cui parte Heckman è che l’incremento del capitale umano non può essere ridotto al solo sviluppo cognitivo, ma riguarda anche le abilità non cognitive (non cognitive abilities), come quelle appena citate. 

Questi concetti sono stati ripresi anche dall’UE nel 2006 con la Raccomandazione del Consiglio Europeo sulle competenze chiave per l'apprendimento permanente, riviste poi nel 2018 e riassunte in otto competenze chiave:

1) competenza alfabetica funzionale;

2) competenza multilinguistica;

3) competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria;

4) competenza digitale;

5) competenza personale, sociale e capacità di imparare ad imparare;

6) competenza in materia di cittadinanza;

7) competenza imprenditoriale;

8) competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. Le stesse Indicazioni Nazionali del 2012 sono state aggiornate nel 2018 con il loro inserimento.

L’aspetto interessante da sottolineare è che il Parlamento affronti un tema squisitamente psicopedagogico, di solito trattato in documenti tecnici, più che in testi di legge, anche se lo sviluppo di tali competenze viene collegato alla prevenzione della povertà educativa e della dispersione scolastica. Peraltro nel testo licenziato dalla Camera appare qualche confusione rispetto alle finalità in quanto mentre all’art. 1 vengono elencate quelle richiamate in apertura, all’art. 3 si afferma che la sperimentazione triennale “è finalizzata a sviluppare negli studenti abilità e competenze quali la flessibilità, la creatività, l'attitudine alla risoluzione dei problemi, la capacità di giudizio, la capacità di argomentazione e la capacità di interazione.” 

Va però evitata un’artificiosa contrapposizione tra cognitivo e non cognitivo: in fondo si apprendono anche le life skills e d’altro canto il processo di apprendimento si sviluppa all’interno di una relazione significativa. Si tratta di due facce della stessa medaglia.

Per saperne di più

Heckman, J.J., Stixrud, J. and Urzua, S. (2006), “The effects of cognitive and noncognitive abilities on labor market outcomes and social behavior”, Journal of Labor Economics, Vol. 24 (3), pp. 411-482

 

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