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Il verbo della scuola è il futuro

Buona ripartenza a tutti: agli insegnanti resilienti e appassionati; ai bambini che varcano la soglia della scuola per la prima volta; ai ragazzi che già la abitano e che ritrovano di nuovo il loro angolo di mondo. A chi viene da lontano e non ha ancora le parole per raccontarsi e a chi non vede l’ora di condividere le storie. Facciamo il nostro augurio per il nuovo anno con due libri e con due parole/bussole: attese e impegni.    

di Redazione GiuntiScuola12 settembre 20163 minuti di lettura
Il verbo della scuola è il futuro | Giunti Scuola

Le attese: le mie, le tue, le nostre

Settembre e l’inizio dell’anno scolastico segnano di fatto la ripartenza del tempo e sono un vero e proprio “capodanno” per tutti. Come succede a ogni nuovo inizio, la dimensione dell’ attesa connota intensamente i giorni ed è vissuta con trepidazione, inquietudine, gioia, curiosità, ineluttabilità. Quali attese hanno gli insegnanti e i genitori per questo nuovo anno che ricomincia? Quali aspettative vivono i bambini e i ragazzi pensando a questi mesi da vivere insieme? Possiamo dedicare i primi giorni di scuola a dare forma a un rito di ripartenza: raccogliere le attese, mettere insieme i desideri e i timori dei bambini e degli adulti.
La dimensione dell’attesa è feconda e importante perché prefigura il futuro e aiuta a disegnarlo, perché indirizza e colora il presente. Nelle aspettative, piccole o grandi, che segnano il susseguirsi del tempo, sono racchiusi i desideri, le promesse, le possibilità. Col passare degli anni, impariamo ad attendere non più solo per noi stessi, ma anche per gli altri: prima per coloro che ci stanno vicino e poi anche per il mondo, in generale.

Un libro illustrato, prezioso e inconsueto, facilmente accessibile anche a chi è ancora poco italofono perché contiene solo 117 parole , ci suggerisce un modo per raccogliere e legare insieme le aspettative di ciascuno attraverso il filo rosso della vita e dell’attesa. Si tratta di Io aspetto , scritto da Davide Calì e illustrato da Serge Bloch (edito in Italia di Kite).

Lo possiamo proporre in classe, oltre che per raccogliere le attese di questo anno, ritualizzando il nuovo inizio, anche per legare insieme, nel segno dell’aspettare, gli eventi che segnano le biografie di bambini .
In Francia, dove il testo è stato pubblicato in versione originale, il libro è diventato anche una app per mettere in comune attese e desideri .

Gli impegni: la cura di un pezzetto di mondo

Oltre alle attese, ogni inizio che si rispetti chiede anche che siano raccontati e messi in comune gli impegni e i propositi per il tempo che si inaugura insieme. Anche per questo tema, un altro bellissimo libro, edito prima in francese e tradotto poi in italiano, ci può suggerire un possibile cammino. È Bisognerà , scritto da Thierry Lemain, insegnante di scuola primaria oltre che scrittore, e illustrato da Olivier Tallec, edito in Italia da Lapis. Un invito potente e mai retorico alle nuove generazioni a vedere e riparare le imperfezioni della terra , a partire dal pezzetto di mondo in cui vivono e che sono sollecitati a guardare con occhi attenti.

Inizia così: “Il bambino era seduto là, sulla sua isola. Guardava il mondo e rifletteva…”. E continua: “ Il bambino vide l’oceano: lo si dovrà lavare, disse tra sé, per poi sedersi davanti a lui e sognare ”. “Il bambino vide la miseria. Basterebbe imparare a sommare, sottrarre e moltiplicare, disse tra sé. E poi a dividere. Imparare a spartire il denaro, il pane, l’aria e la terra”.

Il futuro è il tempo più usato nel libro, fin dal suo titolo: “bisognerà”. Viene infatti evocato il domani, il tempo dell’impegno e viene sollecitata la responsabilità di ciascuno, piccola o grande che essa sia, nel cercare di riparare le storture e le ingiustizie. Il futuro è nelle mani dei bambini che guardano il mondo, lo vedono nelle sue imperfezioni e infine decidono di agire: “Il bambino vide le lacrime. Forse un giorno impareremo gli abbracci, a non avere paura dei baci, disse tra sé. Impareremo a dire ti voglio bene anche senza averlo mai udito. Alla fine il bambino guardò il mondo un’altra volta, dalla sua isola, poi decise...”.

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