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I linguaggi e le esperienze di "Nidi d'infanzia"

Finalmente a scuola...

Il tempo a scuola

L'accoglienza del mattino

Partiamo con il racconto di tre brevi episodi: sono situazioni di ordinaria quotidianità, momenti fuggenti e poco appariscenti, ognuno racchiude uno scatto di competenza.
 
 


 
 
 


 
 
 Camminare
 
 
 


 
 A fine merenda i bambini spostano indietro la sedia, si alzano in piedi e vanno in bagno. Emilia cammina da poco, è abituata a essere presa in braccio negli spostamenti da un ambiente a un altro. Mentre gli altri s’allontano, lei rimane seduta e aspetta di essere sollevata. L’educatrice, invece, le discosta la sedia dal tavolo e le offre la mano: “Vieni, andiamo in bagno”. Emilia, sorpresa, si alza e lentamente cammina accanto all’educatrice.
 
 


 
 
 


 
 
 Uscire dalla sabb

Partiamo con il racconto di tre brevi episodi: sono situazioni di ordinaria quotidianità, momenti fuggenti e poco appariscenti, ognuno racchiude uno scatto di competenza. Camminare A fine merenda i bambini spostano indietro la sedia, si alzano in piedi e vanno in bagno. Emilia cammina da poco, è abituata a essere presa in braccio negli spostamenti da un ambiente a un altro. Mentre gli altri s’allontano, lei rimane seduta e aspetta di essere sollevata. L’educatrice, invece, le discosta la sedia dal tavolo e le offre la mano: “Vieni, andiamo in bagno”. Emilia, sorpresa, si alza e lentamente cammina accanto all’educatrice. Uscire dalla sabbiera Clara è entrata dentro la sabbiera e sta cercando di uscire. Con le mani si regge a un fianco del contenitore, lo scavalca con una gamba, appoggia il piede in terra. Alza l’altra gamba, reggendosi sempre con le mani, infila il piede tra la prima gamba e le mani, ma rimane incastrata in una sorta di contorsione. Ritira la gamba, perplessa. Sembra chiedersi “ora come faccio?”. L’educatrice la vede in difficoltà, ma aspetta. Forse la bambina avrà bisogno di aiuto, o forse no. Di nuovo Clara alza la seconda gamba, ma questa volta la passa dietro la prima gamba. Appoggia il piede a terra, lascia la presa sulla sabbiera, si raddrizza, e sorride. “Brava! Ce l’hai fatta” dice l’educatrice. Più tardi si vede Clara che entra ed esce spesso dalla sabbiera, sembra, più che altro, per gustare la sua nuova competenza appena acquisita.Riporre il barattolo Mattia ha preso un barattolo dallo scaffale, per un po’ di tempo lo porta in giro, poi lo abbandona sul pavimento. “Mattia, per favore, mi riporti il barattolo?” gli chiede l’educatrice indicando una mensola dello scaffale. “Ecco il suo posto, il barattolo va rimesso qui.” Mattia ritorna con l’oggetto in mano, cerca di riporlo sulla mensola, ma lo tiene storto e in questa posizione il barattolo non entra nello spazio tra una mensola e l’altra. “Tienilo diritto, così...” suggerisce l’educatrice facendogli vedere come si fa. Il bambino ci riprova: ora funziona! Rimuove il barattolo, lo sistema di nuovo, lo rimuove ancora, più volte. Ha capito come sistemarlo, ha capito anche che l’oggetto ha un suo posto preciso. È l’inizio di un’idea di riordino.

UNO SGUARDO FRESCO In un certo senso, accompagnare i bambini nel quotidiano è una situazione di “intercultura”. L’adulto si trova a confrontare il proprio punto di vista sul mondo con quello di chi, in questo mondo, è arrivato da poco. “Non avrei mai pensato che fosse così complicato mangiare con il cucchiaio,” ammette un’educatrice nuova. Vedere le cose con gli occhi dei bambini piccoli è arricchente: ci aiuta a “sbanalizzare” i gesti comuni, ad avere uno sguardo fresco sulla vita quotidiana. Ricordiamo la famosa frase di Proust: “il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.

Per la collaborazione si ringrazia il nido Margherita Fasolo, Firenze.

Partiamo con il racconto di tre brevi episodi: sono situazioni di ordinaria quotidianità, momenti fuggenti e poco appariscenti, ognuno racchiude uno scatto di competenza. Camminare A fine merenda i bambini spostano indietro la sedia, si alzano in piedi e vanno in bagno. Emilia cammina da poco, è abituata a essere presa in braccio negli spostamenti da un ambiente a un altro. Mentre gli altri s’allontano, lei rimane seduta e aspetta di essere sollevata. L’educatrice, invece, le discosta la sedia dal tavolo e le offre la mano: “Vieni, andiamo in bagno”. Emilia, sorpresa, si alza e lentamente cammina accanto all’educatrice. Uscire dalla sabbiera Clara è entrata dentro la sabbiera e sta cercando di uscire. Con le mani si regge a un fianco del contenitore, lo scavalca con una gamba, appoggia il piede in terra. Alza l’altra gamba, reggendosi sempre con le mani, infila il piede tra la prima gamba e le mani, ma rimane incastrata in una sorta di contorsione. Ritira la gamba,&nbsp;perplessa. Sembra chiedersi “ora come faccio?”. L’educatrice la vede in difficoltà, ma aspetta. Forse la bambina avrà bisogno di aiuto, o forse no. Di nuovo Clara alza la seconda gamba, ma questa volta la passa dietro la prima gamba. Appoggia il piede a terra, lascia la presa sulla sabbiera, si raddrizza, e sorride. “Brava! Ce l’hai fatta” dice l’educatrice. Più tardi si vede Clara che entra ed esce spesso dalla sabbiera, sembra, più che altro, per gustare la sua nuova competenza appena acquisita. Riporre il barattolo Mattia ha preso un barattolo dallo scaffale, per un po’ di tempo lo porta in giro, poi lo abbandona sul pavimento. “Mattia, per favore, mi riporti il barattolo?” gli chiede l’educatrice indicando una mensola dello scaffale. “Ecco il suo posto, il barattolo va rimesso qui.” Mattia ritorna con l’oggetto in mano, cerca di riporlo sulla mensola, ma lo tiene storto e in questa posizione il barattolo non entra nello spazio tra una mensola e l’altra. “Tienilo diritto, così...” suggerisce l’educatrice facendogli vedere come si fa. Il bambino ci riprova: ora funziona! Rimuove il barattolo, lo sistema di nuovo, lo rimuove ancora, più volte. Ha capito come sistemarlo, ha capito anche che l’oggetto ha un suo posto preciso. È l’inizio di un’idea di riordino.

ALTRI ESEMPI Abbiamo raccontato alcune delle competenze acquisite dai bambini nei primi anni di vita, ce ne sarebbero tante altre da raccontare, per esempio: – salire e scendere le scale; – aprire e chiudere il rubinetto; – girare la maniglia per aprire e chiudere la porta; – togliersi le scarpe e rimettersele; – aprire e chiudere la cerniera della giacca.

Si sperimenta come aprire e chiudere la cerniera della giacca.

1. Un bambino guarda con attenzione il suo bicchiere, 2. lo prende tra le due mani, 3. lo alza senza rovesciare l’acqua 4. e infine beve!

Molte azioni quotidiane a noi sembrano semplici perché sappiamo compierle senza pensarci. Guardandole, invece, con gli occhi dei bambini, ci accorgiamo che si tratta di azioni complesse. Pensiamo, per esempio, al comune atto di bere, per cui occorre sapere: <ul><li>prendere il bicchiere, inizialmente con tutte e due le mani, perché sono ancora piccole; </li><li>portare il bicchiere verso la bocca, senza inclinarlo; </li><li>appoggiare il bordo del bicchiere al labbro inferiore e, solo allora, inclinarlo e fare defluire il liquido. All’inizio i bambini tendono a inclinarlo troppo o a inclinarlo troppo presto, quindi si sbrodolano il liquido addosso; </li><li>posare il bicchiere diritto sul tavolo quando si finisce di bere.</li></ul>Molti bambini, quando arrivano al nido, anche a due anni compiuti, non sanno ancora bere dal bicchiere: sono abituati al biberon o alla tazza con coperchio e becco, strumenti ideati appositamente per aggirare il problema. Sono oggetti utili nell’immediato, ma rimandano la soddisfazione di saper stare a tavola “come i grandi”.

UN LAVORO LENTO Come e quando i bambini imparano dipende in gran parte dall’atteggiamento di chi li accompagna. Volendo aiutare i bambini a superare delle difficoltà, tendiamo a sostituirci a loro e in questo modo rinforziamo la loro dipendenza da noi. Negli esempi raccontati, infatti, l’educatrice avrebbe potuto prendere Emilia in braccio per portarla in bagno, o sollevare Clara per farla uscire dalla sabbiera, o riordinare lei il barattolo lasciato in giro da Mattia. Ma il lavoro educativo mira a favorire un processo di crescita piuttosto che a ottenere un risultato immediato. È&nbsp;un lavoro lento. <ul><li>Invece di prendere Emilia in braccio, l’educatrice l’invita a fare, letteralmente, un passo avanti. </li><li>Invece di sollevare Clara, guarda con attenzione, pronta a intervenire in caso di bisogno, mentre la bambina cerca di superare il fianco della sabbiera, poi le fa un complimento per la sua riuscita. </li><li>Invece di riordinare il barattolo di Mattia, gli fa vedere dove e come riporlo. </li></ul>È un approccio che richiede pazienza e, molte volte, non è possibile dedicare a ogni bambino il tempo che ci vorrebbe. L’importante è chiederci continuamente se stiamo facendo qualche cosa per il bambino che lui, con il nostro sostegno, potrebbe imparare a fare da solo (con orgoglio).

CAPACITÀ DI IMPARARE Nella vita quotidiana i bambini dipendono in gran parte dalle cure degli adulti. Perciò tendiamo a considerarli ancora “incapaci” e, in un certo senso, lo sono. Negli episodi raccontati, per esempio, inizialmente Emilia è passiva, non cerca di camminare con le proprie gambe, Clara non sa uscire dalla sabbiera e Mattia non sa riporre il barattolo. Ma, come abbiamo visto, imparano presto. Anche se non sanno ancora fare tante cose, la grande capacità dei bambini piccoli è quella di imparare.

Le competenze quotidiane

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