Competenze trasversali e life skills: si possono insegnare a scuola?

In merito all’educazione alle life skills a scuola è necessario definire bene gli obiettivi e fare chiarezza sui costrutti e sui metodi

di Santo Di Nuovo20 aprile 20221 minuto di lettura
Competenze trasversali e life skills: si possono insegnare a scuola?

Il disegno di legge per introdurre la promozione di competenze non cognitive nella scuola si apre con questo proposito: «Al fine di promuovere la cultura della competenza, di integrare i saperi disciplinari e le relative abilità fondamentali e di migliorare il successo formativo prevenendo analfabetismi funzionali, povertà educativa e dispersione scolastica, il Ministero dell’istruzione […] favorisce lo sviluppo delle competenze non cognitive nelle attività educative e didattiche delle istituzioni scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado». A tal fine verrà promossa una sperimentazione triennale nelle scuole di gradi diversi.
Anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), pur riconoscendo che una delle principali cause di abbandono scolastico è la mancata acquisizione di competenze di base, auspica una «attività per il potenziamento delle competenze trasversali […] soprattutto del primo ciclo di istruzione».

 

Definiamo i termini e gli obiettivi

Vanno anzitutto chiariti i termini che vengono usati e i concetti, e gli scopi, cui essi si riferiscono. La nozione sottesa a competenze definite “non cognitive” – come se cognitivo ed emotivo-affettivo fossero realtà separate – è meglio richiamata dalla dizione «trasversali all’apprendimento scolastico».

 

Competenze trasversali (per l’apprendimento) e soft skills (per la vita)

Parliamo di metacognizione e autovalutazione, motivazione, autoefficacia, affermatività, abilità di comunicazione, capacità di affrontare le prove valutative senza stress. Sono competenze che gli insegnanti – adeguatamente formati, e con un supporto specialistico psico-educativo – possono e debbono promuovere nell’ambito del loro lavoro di istruzione ed educazione, che è la missione primaria della scuola.
Il Ministero dell’Istruzione, descrivendo queste competenze “trasversali” all’interno del rapporto tecnico allegato al D.M. 139 del 2007, le definisce «competenze chiave di cittadinanza» e le riprende nelle linee-guida Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO) del 2019.
Queste definiscono le soft skills come «competenze trasversali e trasferibili attraverso la dimensione operativa del fare: capacità di interagire e lavorare con gli altri, capacità di risoluzione di problemi, creatività, pensiero critico, consapevolezza, resilienza e capacità di individuare le forme di orientamento e sostegno disponibili per affrontare la complessità e l’incertezza dei cambiamenti, preparandosi alla natura mutante delle economie moderne e delle società complesse».
La prima parte della definizione resta all’interno delle abilità non-tecniche che caratterizzano trasversalmente le competenze necessarie per l’apprendimento, e «insegnano a imparare». La seconda parte invece associa le soft skills (davvero un termine “ombrello”) alle competenze utili per inserirsi al meglio nella società e vivere bene in essa.

 

Competenze chiave per la vita

Le soft skills for life, o in sintesi life skills, furono delineate dall’OMS quasi trent’anni fa (1994) e anche l’OCSE le ha descritte come «competenze chiave per una vita di successo e per una società ben funzionante» (Rychen, Salganik, 2003). Secondo l’Invalsi esse sono complementari alle hard skills (le competenze tecnico-specialistiche), ed ecco perché vengono definite soft: le prime riguardano quanto si sa e come si fa, le seconde invece chi si è. Nella tradizionale distinzione fra sapere, saper fare e saper essere, le life skills rientrano fra queste ultime.
Si tratta di abilità che servono appunto per la vita, e la vita non è solo apprendimento scolastico ma comporta scelte personali e affettive, gestione all’interno di esse di problemi emotivi e relazionali, inserimento nei gruppi familiari, sociali, lavorativi, benessere fisico e psichico globale.
Certo, alcune delle life skills servono anche per frequentare con profitto la scuola e per ridurre povertà educativa e dispersione, e possono essere educate trasversalmente alla didattica delle abilità tecniche. Anche le soft skills for life includono la comunicazione, il pensiero critico, la creatività, il problem solving che servono per l’apprendimento. Ma essenziali per questa accezione più generale sono pure i fattori di personalità, la capacità relazionale e l’empatia, la gestione delle emozioni e dello stress.

Competenze (tanto rilevanti che appare riduttivo definirle soft…) mediante le quali è possibile educare alla prosocialità e prevenire, o superare, i rischi di malessere e anche veri e propri sintomi clinicamente rilevanti. Qualcuno le definisce character skills (Chiosso et al., 2021).

Image | Giunti Scuola

La vita comporta scelte personali e affettive, gestione di problemi emotivi e relazionali, inserimento nei gruppi familiari, sociali, lavorativi, benessere fisico e psichico globale

Può la scuola formare alla vita, e come?

L’idea che la scuola debba educare alle life skills, plasmando il carattere degli alunni, ha suscitato reazioni differenti, alcune molto dure, come quella di Galli della Loggia («Perché la scuola non deve essere luogo di controllo e omologazione», Corriere della Sera, 28 gennaio 2022). Viene contestato che tocchi alla scuola «formare un tipo standard di individuo, di persona modellata secondo specifiche decise in precedenza come se fosse una macchina […] tradurre in termini standardizzati e quantificabili non tanto le conoscenze quanto soprattutto un certo insieme di tratti psicologici degli studenti, di atteggiamenti o elementi del carattere, inclusi i sintomi clinici delle categorie “a rischio”, per poi naturalmente intervenire in senso terapeutico».
Inoltre, se le categorie di life skills legate ai fattori di personalità rientrano nel campo della formazione “alla vita”, non è semplice inserirle «nel metodo didattico di uno o più insegnamenti» come auspicato nella proposta di legge. Quale metodo didattico consente di insegnare la stabilità emotiva come si insegnano la storia e la geografia, o all’interno di esse?
E qual è il modello di adattamento sociale che si decide di “insegnare”? Chi ne stabilisce gli scopi, facendoli convergere in un “programma” standardizzato che dovrebbe superare l’inevitabile filtro della sensibilità, delle capacità emotive e relazionali, e dei valori dei singoli insegnanti, creando così un “tipo standard” di docente (prima ancora che di alunno)?
I dubbi metodologici si aggiungono a quelli riferiti agli scopi e ai valori etici, e a entrambi bisogna rispondere.

 

Quale metodo didattico consente di insegnare la stabilità emotiva come si insegnano la storia e la geografia, o all’interno di esse?

Valutazione e promozione delle life skills

Quanto al metodo, la valutazione e promozione (individualizzata) delle life skills va assicurata da specialisti, come gli psicologi della scuola, ma anche da psicologi clinici, del lavoro, di comunità.
Riguardo agli scopi, le life skills da formare per ogni futuro cittadino responsabile e maturo vanno programmate e implementate d’intesa con le famiglie che restano le prime (anche in senso temporale) responsabili dell’educazione alla vita di chi mettono al mondo, e che in questo vanno supportate non solo nella scuola ma anche nei servizi del sistema di promozione della salute.
Per rispondere alle criticità sulla promozione delle life skills di ciascun alunno è necessario fare chiarezza sui costrutti e sui metodi, definire gli obiettivi insieme a chi ha il diritto/dovere della responsabilità genitoriale, e fondare la sperimentazione prevista dalla legge su un supporto pieno e stabile di specialisti esperti in ciascuno degli aspetti implicati.

Il documento AIP sulla proposta di legge sulle competenze non cognitive nella scuola, che presentiamo nelle prossime pagine, puntualizza alcuni nodi cruciali che andrebbero tenuti in conto nell’approvazione della legge e nelle sue successive applicazioni.

 

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

  • Chiosso G., Poggi A.M., Vittadini G. (2021), Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni, valori, il Mulino, Bologna.
  • Marmocchi P., Dall’Aglio C., Zannini M. (2004), Educare le life skills, Erickson, Trento.
  • Rychen D.S., Salganik L.H. (a cura di) (2003), Key competencies for a successful life and a well-functioning society, DeSeCo (Definition and Selection of Competencies), OECD, Hogrefe & Huber, Newburyport (MA).

 

PER APPROFONDIRE

Di Nuovo S., Magnano P. (2013), Competenze trasversali e scelte formative, Erickson, Trento.

Un libro per insegnanti ed educatori che sostengono gli alunni e gli studenti nei percorsi formativi. I materiali sono preceduti da un’introduzione teorica e danno grande importanza alla metacognizione come fattore mediatore e facilitatore delle scelte formative nei diversi cicli scolastici, della corretta percezione delle “attitudini” e dell’acquisizione delle competenze utili per il successo formativo.
Viene seguita in particolare l’ottica socio-cognitiva, che include anche le cognizioni riguardanti gli aspetti affettivo-emotivi, motivazionali e relazionali.

I meriali di valutazione sono articolati per livelli, in modo che sia possibile utilizzarli per l’empowerment di studenti di diversa età, dalla scuola primaria all’università.

 

 

 

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