Nella scuola contemporanea, in difficoltà tra eccessi di burocratizzazione delle procedure didattiche, prevalenza del nozionismo sull&rsquo;apprendimento attivo e laboratoriale, demotivazione degli insegnanti e difficoltà di apprendimento degli alunni, stress post-pandemico e difficoltà nello stare al passo con le innovazioni tecnologiche, l&rsquo;educazione in natura offre una risposta percorribile in grado di migliorare non solo gli apprendimenti ma anche il piacere di andare a scuola, la socialità e le relazioni interpersonali. 
A tutto questo si aggiunge un&rsquo;ultima motivazione, resa urgente dagli impatti del cambiamento climatico: lo sviluppo di nuove mentalità ecologi- che che siano fondate su un riavvicinamento tra umanità e natura. L&rsquo;educazione ambientale e allo sviluppo sostenibile trova nell&rsquo;esperienza diretta un fondamento robusto basato sulla costruzione di un legame autentico con la natura che coinvolge le emozioni, i vissuti e l&rsquo;atteggiamento di protezione e di cura per la biosfera e per le risorse che il nostro pianeta offre per la vita di tutte le specie viventi.

&nbsp;

Le conferme dalla ricerca

Nel 1855 il geografo Elisee Reclus scriveva che &ldquo;Nessuna ricostruzione, per bella che sia, può essere veritiera, perché non può riprodurre la vita del paesaggio, la caduta dell&rsquo;acqua, il tremolio delle foglie, il canto degli uccelli, il profumo dei fiori, le forme cangianti delle nubi: per conoscere è necessario vedere&rdquo;. All&rsquo;osservazione della natura l&rsquo;approccio geografico aggiunge quella della società e delle trasformazioni impresse dall&rsquo;umanità al paesaggio, dando forma a quel sistema di relazioni che chiamiamo territorio. Si realizza così il valore educativo che John Dewey riconosce alla geografia nel mostrare le connessioni e i problemi che nascono dal rapporto tra le società umane e le risorse dell&rsquo;ambiente. 
Tali visioni ispirano oggi le molte esperienze contemporanee, dagli agriasili alle scuole nel bosco, dalle tante esperienze di outdoor education a quelle di Place-Based Education che si basa sull&rsquo;idea che i luoghi assumano un ruolo fondamentale come ambienti educativi. 
L&rsquo;aumentata distanza di bambini e adolescenti dalle esperienze reali, conseguenza della pandemia con i suoi lunghi periodi di didattica a distanza e di lockdown ma anche dell&rsquo;uso sempre più pervasivo di social e strumenti elettronici, ha risvegliato anche in Italia l&rsquo;interesse per questa modalità educativa che negli ultimi decenni ha avuto una notevole crescita in paesi come Danimarca, Svezia, Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Australia, Sudafrica e Honduras.

&nbsp;

Una nuova mentalit&agrave; ecologica

L&rsquo;idea che la vita all&rsquo;aperto e l&rsquo;osservazione diretta della natura siano utili all&rsquo;istruzione e all&rsquo;educazione non è affatto nuova. Da Jean-Jacques Rousseau (1712-1778) a Johann Heinrich Pestalozzi, da David Henry Thoreau a Rudolf Steiner, da Maria Montessori a John Dewey, sono molti i nomi di filosofi, educatori e pedagogisti che hanno sostenuto il valore dello studio all&rsquo;aria aperta per formare il carattere e la morale, per costruire gli apprendimenti e il pensiero scientifico, per sviluppare l&rsquo;attitudine all&rsquo;osservazione e la mentalità ecologica. 
Questi diversi approcci del passato hanno in comune l&rsquo;avversione per il nozionismo e lo studio mnemonico, l&rsquo;idea che la natura sia educativa di per sé, attraverso il suo funzionamento, e di conseguenza una certa valutazione negativa dell&rsquo;impatto umano sull&rsquo;ambiente, visto come una forzatura dei tempi e dei cicli della natura alla quale l&rsquo;umanità appartiene. La conoscenza diretta della natura viene ritenuta più completa e formativa di quella formalizzata dai manuali e dai sussidi scolastici; in ogni caso essa deve precedere lo studio scientifico per renderlo davvero significativo ed efficace.

Un&rsquo;altra cosa che le neuroscienze ci dicono sull&rsquo;educazione all&rsquo;aperto è che essa aumenta la capacità di attenzione. Inoltre, la permanenza nella natura aiuta a riposare l&rsquo;attenzione volontaria e a rigenerarla. L&rsquo;ambiente naturale sembra essere in grado di abbassare il livello di stress e di ansia degli individui, che spesso è uno dei principali nemici della concentrazione necessaria nello studio. Portare i bambini in un ambiente naturale ha così anche l&rsquo;effetto di aumentare il loro benessere psicofisico. 
Secondo l&rsquo;epigenetica, un campo della biologia piuttosto recente, il contesto ambientale è stato fondamentale all&rsquo;intera evoluzione della specie umana sviluppando adattamenti che si trasmettono poi geneticamente alle generazioni successive. L&rsquo;esperienza diretta dell&rsquo;ambiente, in sintesi, stimola e migliora l&rsquo;apprendimento, specie se comprende l&rsquo;esplorazione e la permanenza in luoghi in gran parte naturali o comunque con una forte componente di elementi della vegetazione (piante, prati) e delle acque (torrenti, fiumi, laghi, mari).

&nbsp;

Attenzione e benessere

Rispetto alle idee di Rousseau o di Dewey, la ricerca scientifica offre oggi molti nuovi argomenti a sostegno dell&rsquo;efficacia dell&rsquo;istruzione all&rsquo;aperto. Le neuroscienze hanno verificato che nel processo di apprendimento sono due i fattori di fondamentale importanza: il contesto in cui il soggetto è chiamato ad apprendere attraverso esperienze dirette (l&rsquo;ambiente), e la motivazione, che è abbinata all&rsquo;emotività. Più codici (visivo, uditivo, olfattivo, tattile...) utilizziamo per capire, memorizzare e ricordare nel tempo un&rsquo;informazione, meglio è. Un&rsquo;informazione legata a un&rsquo;emozione si deposita nella memoria per più tempo e in modo più robusto, in grado cioè di essere correlata ad altre informazioni fino a costruire un sapere complesso e consapevole. Ciò significa che anche le competenze sviluppate saranno migliori, che avremo più capacità di trasferirle in contesti reali. Secondo il Premio Nobel per la medicina Enric Kandel, le esperienze dirette sono in grado di creare delle nuove sinapsi e di migliorare la plasticità del nostro cervello.

&nbsp;