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Raccontare la voce delle persone. Piccola nota su Svetlana Aleksievič

Chi è la donna che ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura? Svetlana Aleksievič pone domande fondamentali, alle quali possiamo attingere per avviare i nostri discorsi quando parliamo ai bambini della guerra, e soprattutto delle persone che l’hanno vissuta. Un ritratto di Ilaria Tagliaferri. 

di Ilaria Tagliaferri10 ottobre 20153 minuti di lettura
Raccontare la voce delle persone. Piccola nota su Svetlana Aleksievič | Giunti Scuola

Un monumento al coraggio del nostro tempo

Il Premio Nobel per la Letteratura è stato assegnato alla giornalista e scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievič, che ha affrontato nelle sue opere temi delicati e dolorosi. Dalla guerra in Afghanistan ( Ragazzi di zinco , e/o, 2003), alle terribili conseguenze subite dalla popolazione dopo l’esplosione di Chernobyl ( Preghiera per Chernobyl , e/o, 2004) o ancora alla drammatica fine del sogno sovietico ( Incantati dalla morte , e/o, 2005), Svetlana Aleksievič ha dato voce alle testimonianze dei cittadini, alla voce delle persone , e la motivazione del Premio sottolinea proprio il valore della sua opera “polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio del nostro tempo”.

Le domande fondamentali

Nei suoi libri colpisce, affascina e lascia un segno lo sguardo lucido dell’autrice, che è attenta ai dettagli, anche a quelli minimi, e li racconta con precisa, intaccabile volontà di raccontare le emozioni. Il distacco, nella sua scrittura, si avverte solo nella misura in cui è necessario a far emergere l’autentica voce dei protagonisti, di coloro che i conflitti li hanno vissuti concretamente, sulla propria pelle. Si interroga, Svetlana Aleksievič, si pone domande in continuazione, cerca di afferrare le ragioni dei conflitti , ostinata e quasi incredula di fronte alla loro enormità. Conflitti enormi perché crudeli, enormi perché assurdi, enormi perché, spesso, incomprensibili eppure tragici nelle loro devastanti conseguenze. E proprio con la volontà di comprendere e con le domande si si definisce la poetica di Svetlana Aleksievič. Domande fondamentali, alle quali possiamo attingere per avviare i nostri discorsi quando parliamo ai nostri ragazzi della guerra, e soprattutto delle persone che l’hanno vissuta. Domande grandi, che schiudono memorie essenziali, e che dovrebbero accompagnarci ogni volta che affrontiamo l’argomento a casa, a scuola, con gli amici o nella solitudine dei nostri pensieri. Eccole, queste domande, in Ragazzi di zinco , dove si legge: “L'oggetto della mia ricerca è sempre lo stesso: la storia dei sentimenti e non della guerra in quanto tale. Cosa pensavano queste persone? Che cosa volevano? Quali erano le loro gioie? E le loro paure? E che cosa ricordano?”.

Mentre stiravo

Secondo i cronisti la signora Aleksievič, che dal 2000 vive a Parigi, ha ricevuto la notizia della vittoria mentre era impegnata in una comune attività domestica: stava stirando. Mi ha ricordato un’altra scrittrice, Helga Schneider, che in un’intervista mi raccontò come la notizia della pubblicazione della sua opera più importante, Il rogo di Berlino (ancora una testimonianza, ancora una guerra vissuta e raccontata) le fosse arrivata con una telefonata improvvisa, mentre stava proprio stirando. Come fanno le persone comuni, magari mentre pensano. Le persone su cui interrogarsi, quelle di cui è importante raccontare le vite, i sentimenti, i piccoli grandi gesti quotidiani per sopravvivere nonostante tutto. Difficile leggere Svetlana Aleksievič ai ragazzi, importante però tenere a mente la traccia profonda dei suoi punti interrogativi, insieme a loro, sempre.

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