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Noi domani: un viaggio nella scuola multiculturale

Il 17 febbraio, a Firenze, è stato presentato il libro "Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale" di Vinicio Ongini.

di Silvia Giotti02 marzo 20128 minuti di lettura
Noi domani: un viaggio nella scuola multiculturale | Giunti Scuola

Il 17 febbraio, nella sede del Consiglio regionale di Firenze, è stato presentato il libro Noi domani. Un viaggio nella scuola multiculturale di Vinicio Ongini.
Erano presenti molti esponenti del mondo della scuola, dell’università e dell’amministrazione locale, ognuno dei quali ha “letto” il libro Noi domani a partire dalla propria esperienza, dalla propria prospettiva.

Si è parlato di intercultura, anzi, di “interculture”, perché i punti di partenza non sono ovunque gli stessi, ogni territorio ha i suoi problemi e le sue risorse, e la scuola ovunque langue. Ma è proprio nella scuola che nasce l’intercultura , come sottilinea Stella Targetti (vicepresidente Regione Toscana):

"Il convegno A scuola nessuno è straniero dello scorso settembre è stato una grande occasione di confronto che ha fatto registrare una grande affluenza. Dal convegno è emersa la centralità della scuola nella sfida dell’inclusione, con le buone pratiche che sfuggono alla mentalità dell’emergenza e si fondano invece su strategie vere e proprie. La multicultura non è un problema da gestire, ma un’opportunità da vivere. Questo significa cambiare prospettiva . È un’opportunità per cambiare strumenti e metodi dell’insegnamento, un’opportunità per rimetterci in discussione.
Il ruolo di noi amministratori è quello di supportare questa integrazione, garantendola in tutte le scuole e in tutti i territori, per trasformare la progettualità positiva in sistema".

Dell’importanza della scuola nella sfida interculturale e del suo fondamentale ruolo di “traino” della società parla anche Massimo Vedovelli (Rettore dell’Università per Stranieri di Siena), che insiste molto anche sull’opportunità “plurilinguistica” rappresentata dal contatto con tante altre lingue:

"Il titolo del libro Noi domani sembra voler dire: che cosa saremo noi linguisticamente domani? Negli anni Novanta era stato appena raggiunto un grado di stabilizzazione della lingua unitaria; ora, dopo 20 anni, la lingua italiana si trova a contatto con 130-140 lingue straniere immigrate nel nostro Paese, cioè le lingue di comunità che si sono stabilizzate in Italia. La lingua italiana sta perciò vivendo adesso una vera e propria rivoluzione linguistica , e questo neo-plurilinguismo è un cambiamento irreversibile.
Ongini, nel suo libro, segna lo scollamento tra la scuola e la società: la scuola è davanti a una società che non vuole e non può parlare la lingua degli altri, la scuola invece è più attenta e aperta a questo aspetto, ma il cammino è lungo. Bisogna cooperare, scuola e società, per valorizzare il plurilinguismo, perché su di esso si gioca senz’altro la battaglia del nostro sviluppo".

Clara Silva (Università di Scienze della formazione di Firenze) ricorda la strada fatta dall’intercultura in Italia e lancia una provocazione a Vinicio Ongini:

"Con Ongini ci siamo conosciuti 'all'asilo nido' dell’intercultura, cioè durante i primi convegni di molti anni fa su questo tema allora nascente. Ora, leggendo il suo libro, si può dire che l’intercultura è 'alle superiori', ma credo che di questo passo possa arrivare anche 'all’università'... Ongini, nel libro Noi domani , parla di intercultura che supera l’emergenza e produce cultura, riportando alla normalità la complessità del tema grazie al racconto.
Ma chiedo a Ongini perché abbia intitolato il libro Noi domani , se in realtà il “noi” è già oggi: è nei numeri e nei dati di fatto, e bisogna avere il coraggio di dirlo".

Marco Marigo , della onlus COSPE (Cooperazione per lo sviluppo dei Paesi emergenti), parla invece di intercultura “pratica” . Il progetto “Scambiando si impara” ha infatti sottoscritto due protocolli di intesa con la Provincia di Firenze e il Comune di Campi Bisenzio che hanno portato al gemellaggio con la Cina. Si è perciò dato avvio a un proficuo scambio tra la Cina e le scuole che hanno aderito al progetto, creando così una “relazione diplomatico-didattica”, come l’ha definita Ongini.
Tra le scuole che fanno parte di questo progetto c’è anche l’Istituto Comprensivo “Gandhi” di Firenze.

Il dirigente scolastico Carlo Testi racconta: "Il 'Gandhi' è tra le scuole del progetto del COSPE, grazie al quale ogni due anni andiamo in Cina insieme ai ragazzi. Nella nostra scuola la presenza di stranieri è consistente. Parlo dell’esperienza con i ragazzi cinesi: bisogna ricordarsi sempre che prima ci sono i ragazzi, e poi i bisogni specifici della loro condizione di immigrati. Sembra banale, ma a volte c’è la tendenza a 'cinesizzare' tutte le esternazioni e interpretare tutto con il metro di giudizio della cultura, quando invece a volte è solo il bisogno di un ragazzo in una determinata situazione.

Nel libro Noi domani , Ongini rivede il concetto di identità nazionale , inteso nella nuova ottica di aiutare gli altri a costruire identità plurali senza senso di difesa e senza generalizzazioni.
Si deve uscire dall’approccio del laboratorio ed entrare nell’interazione quotidiana: interagire da prospettive e lingue diverse vince gli stereotipi".

Un’altra voce dalla scuola è quella di Luciano Luongo (professore dell’istituto “F. Datini” di Prato): "Ringrazio Ongini per aver dedicato un capitolo al 'Datini'. In effetti, Prato è un osservatorio privilegiato per l’immigrazione: il 52,8 % dei nati a Prato è straniero, la metà di questi cinese".
Luongo racconta l’esperienza di un lavoro teatrale italo-cinese su alcune leggende italiane e cinesi: “In Cina la figura del drago è benaugurante, mentre in occidente il drago è sempre il mostro. Lo scontro tra culture c’è sempre, ma può e deve essere produttivo. Noi cerchiamo tutti i giorni di abbattere i pregiudizi dei ragazzi”.

Il lavoro teatrale del “Datini” ha visto la collaborazione e l’aiuto di Yang Xiaping, mediatrice culturale e autrice di libri bilingue che durante la presentazione ha letto alcune poesie cinesi.

Al termine della tavola rotonda, Vinicio Ongini conclude l’incontro raccontando il perché di questo libro . E rispondendo alla provocazione di Clara Silva:

"Il mio libro parla di un viaggio durato due anni dal 2009 al 2011, dalle valli del Cuneese a Palermo. Perché l’ho fatto? Perché non mi piaceva il racconto che veniva fatto della scuola e dell’immigrazione. Si alzavano sempre le cifre delle cose, era un racconto ansiogeno fatto con il lessico dell’architetto ('tetto' del 30%, classi 'ponte'…) come se fossimo una cittadella assediata. Certo il cammino è in salita, ma dopo la salita si arriva sempre a uno sguardo diverso, a uno sguardo d’insieme .
I più europei, cioè i più vicini a una certa idea di Europa, sono proprio gli immigrati perché sono poliglotti. Come la bambina ivoriana che canta in occitano (l’occitano è il 'noi', le 'nostre' radici, una minoranza linguistica 'nostra') e lo fa così bene perché gli ivoriani sono francofoni e sono quindi avvantaggiati a imparare l’occitano. Una dimensione poliglotta che è l’orgoglio del padre della bambina, che infatti la prima cosa che mi ha detto quando l’ho incontrato è stata: 'Mia figlia sa tante lingue'.
E poi c'è la comunità sikh che fa il grana padano nella valle del Po: ancora le 'nostre' radici...
Il 16 marzo 2011, il giorno prima del 150° dell’Unità d’Italia, al Pantheon i G2, cioè gli immigrati di seconda generazione, hanno festeggiato la 'loro' Italia leggendo i Promessi sposi. Leggendo il capitolo 8 dell’ Addio ai monti , hanno fatto il parallelo tra il loro addio al paese natìo e quello di Lucia. Ci hanno restituito il 'nostro' romanzo con occhi diversi . Perché loro ci guardano.
Per concludere, rispondo a Clara Silva: il titolo Noi domani è dell’editore, per me poteva bastare il sottotitolo Un viaggio nella scuola multiculturale …".

Per approfondire:

Intervista a Vinicio Ongini in occasione del convegno A scuola nessuno è straniero (Firenze, 30 settembre 2011).

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