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Dirigenti e insegnanti di scuole multiculturali insieme all’Università

Il punto di vista su un’iniziativa di formazione che ha coinvolto migliaia di docenti e dirigenti e 40 università. Di Gilberto Bettinelli

di Redazione GiuntiScuola26 ottobre 201810 minuti di lettura
Dirigenti e insegnanti di scuole multiculturali insieme all’Università | Giunti Scuola

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" È stata un’esperienza di formazione in servizio interessante e assai impegnativa per i partecipanti ma anche per l’Università che ha dovuto cimentarsi con una sfida tutt’altro che semplice: fornire strumenti di comprensione e, insieme, di azione a insegnanti e dirigenti di scuole collocate in contesti multiculturali molto diversi tra loro su un tema oggi ancora cruciale quale la scuola interculturale. Per usare termini semplici: teorie e pratiche in una prospettiva di intercultura come ricerca". Lo afferma la professoressa Chiara Bove al termine dell’esperienza del Master /Corso di Perfezionamento in “Organizzazione e gestione delle istituzioni scolastiche in contesti multiculturali” 1 di cui è stata coordinatrice all’Università di Milano Bicocca nell’anno accademico 2017-2018. Un impegno che sembra aver dato buoni frutti, nonostante alcune criticità dovute ai tempi, alle risorse e alla complessità di conciliare un piano formativo così complesso con le disponibilità di docenti e università (“per conciliare tutto, mantenendo alta la qualità della proposta formativa … abbiamo fatto i salti mortali”).

Non è possibile dar conto del percorso formativo in poche righe e del resto al momento è possibile esprimere solo qualche impressione ragionevole e alcune considerazioni dato che, come spiega la professoressa Bove, i dati della valutazione formale richiesta dal progetto non sono stati ancora elaborati.

Ampliare le conoscenze, pensare in termini di project work

Indubbiamente ai partecipanti è stata data l’opportunità di ampliare conoscenze e consapevolezze pedagogiche, sociologiche, antropologiche, psicologiche e giuridiche relative ai fenomeni migratori e all’integrazione degli alunni con cittadinanza non italiana, superando quegli approcci, tuttora diffusi, che vedono la questione come essenzialmente affrontabile nell’ottica di una didattica compensativa (“insomma insegniamo l’italiano”). È possibile affermare che gli stimoli proposti hanno indotto processi di approfondimento e di ampliamento delle conoscenze, nonché un rinnovato desiderio di riprendere a studiare, di andare avanti, di partecipare ad altre occasioni di riflessione e studio sulle tematiche interculturali. Ciò ha favorito la proposta di nuove idee e iniziative da parte dei partecipanti confluite anche nel project work che ognuno doveva ideare e svolgere durante il tirocinio: un progetto con chiara scansione di obiettivi perseguibili, concreti e delimitati, relativi alla propria situazione scolastica , con tempistiche, condizioni di attuazione, eventuali risorse e modalità di verifica.

Prime considerazioni e riflessioni

L'impianto del percorso formativo prevedeva un consistente numero di ore di lezioni frontali delle diverse discipline previste. All’obiezione che potesse essere un’indicazione non del tutto funzionale tenere insieme dirigenti e docenti di tutti i gradi scolastici per lezioni di ore consecutive, in particolare per quanto riguarda pedagogia e didattica interculturale che  hanno declinazioni specifiche nei diversi gradi scolastici, Chiara Bove risponde che si è cercato di articolare le attività per tener conto dei diversi bisogni e che proprio per questo, in un’eventuale nuova esperienza, sarebbe opportuno prevedere ore di didattica a piccoli gruppi , anche diversi per grado scolastico e proporre alcuni moduli specifici per i dirigenti scolastici il cui compito gestionale-organizzativo è fondamentale. E’ altresì vero che “anche la dimensione eterogenea dei gruppi, sia per ruolo, sia per grado o ordine di scuola ha costituito uno stimolo e una condizione funzionale all’attivazione di processi di scambio e di dialogo tra insegnanti e docenti di diversi contesti e tra insegnanti e dirigenti scolastici”.

Imparare a fare ricerca educativa nella scuola multiculturale

La professoressa Bove sottolinea con forza che nella formazione dovrebbe trovare uno spazio maggiore la ricerca educativa che ha logiche e modalità poco conosciute da insegnanti e dirigenti. Spesso non c’è il tempo, a volte non ci sono le competenze, altre volte ancora non c’è l’abitudine al pensare con metodo, che è proprio della postura del ricercatore. Nel Master è stato avviato un processo di formazione alla metodologia della ricerca, con un approfondimento specifico sulla ricerca-azione , che ha costituito un motore per l’innovazione nella pratica degli insegnanti, anche se forse questo richiederebbe un numero di ore più consistente. A questa scarsa conoscenza sono anche da ricondurre le difficoltà iniziali di molti partecipanti a comprendere le modalità specifiche del Tirocinio previsto nel piano e il project work. La proposta di partire dall’osservazione dei contesti, dalla rilevazione delle caratteristiche della scuola interculturale, dall’analisi dei problemi specifici della classe – propria o altrui, della propria o di altre scuole per individuare un aspetto da approfondire e su cui avviare un micro-progetto di ricerca ha infatti destato, nella fase di avvio dei progetti, perplessità e in parte disorientamento nei partecipanti che sentivano l’incertezza di dover attivarsi come ‘ricercatori’ sul campo. E tuttavia parrebbe che l’insistenza su un approccio di ricerca nell’ambito interculturale abbia pagato.

Intercultura significa ricerca-azione

Sovente si parla di intercultura nella scuola come se fosse caratterizzata da opzioni (obiettivi, attività, percorsi) di per sé ben definite, mentre, l’approccio interculturale si sviluppa giorno per giorno nelle situazioni concrete, assumendo una prospettiva di ricerca educativa, non semplicemente applicando ricette predefinite. Il gusto della ricerca, l’allenamento al pensiero critico , la passione che nasce dal cercare di individuare soluzioni sostenibili di fronte a problemi educativi complessi , lo stimolo che si trae dal pensare con metodo e dalla postura investigativa, l’attivazione richiesta dalla necessità di comprendere più a fondo la natura dei problemi e dei fenomeni educativi oltrepassando visioni stereotipate o soluzioni preconfezionate, seguendo la logica dell’indagine deweyana, ha costituito un motore e nel contempo uno strumento per i partecipanti che ha portato alla messa in campo di molte risorse in termini di project work e ricerche azioni ancora in corso e in prospettiva da sviluppare. “Molti insegnanti e dirigenti” precisa la professoressa Bove “hanno presentato e discusso project work approfonditi, condotti in modo rigoroso, incisivi rispetto agli esiti e rilevanti in relazione ai problemi e alle questioni affrontate che, così come hanno costituito un motore per avviare processi di lavoro condiviso anche con colleghi e colleghe non direttamente coinvolti nel master – in una logica di formazione tra pari - mi auguro, possano dare avvio a nuove attività di approfondimento, ricerca, azione finalizzate al miglioramento dei contesti scolastici”.

Con il Master è stata offerto a insegnanti e dirigenti un percorso formativo ampio e articolato i cui esiti ci auguriamo di potere vedere nelle scuole. Di certo non è sufficiente l’esperienza di un anno, sono migliaia gli insegnanti e i dirigenti che dovrebbero poterne fruire. Nella speranza perciò che non succeda quel che spesso avviene: dai percorsi di formazione realizzati si impara come meglio organizzarli e proporli ma poi non viene un secondo tempo.

1  Progetto co-Finanziato dall’Unione Europea (FAMI - Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione, 2014-2020), in collaborazione con il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), CUNSF (Conferenza Universitaria Nazionale di Scienze della Formazione) e USR LOMBARDIA (Ufficio Scolastico per la Lombardia)

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