Come parla il docente in classe?

L’insegnante rappresenta il modello linguistico soprattutto per gli alunni non italofoni. Una riflessione sull’interazione in classe e sulla lingua delle spiegazioni

di Franca Bosc26 febbraio 20195 minuti di lettura
Come parla il docente in classe? | Giunti Scuola
È importante proporre ai docenti una riflessione sul loro parlato in classe perché essi rappresentano, non solo il modello di lingua con cui si confrontano gli allievi, ma anche la fonte che fornisce spiegazioni per i termini dei saperi disciplinari con cui entrano in contatto: si passa dall’uso della lingua standard alla lingua speciale che viene sempre mediata dalla lingua di comunicazione in funzione di metalingua. La scarsità di informazioni e di ricerche sul parlato in classe è dovuta anche alla difficoltà di raccogliere dati e informazioni, considerata la delicatezza dell’argomento.

Convenzionalmente è l’insegnante che dirige e coordina il discorso, individua gli argomenti da presentare. Come altri tipi di interazione, la lezione è caratterizzata da una marcata asimmetria di ruoli tra partecipanti e dall’assenza di bidirezionalità. La facoltà di introdurre i temi di cui parlare, il tempo di parola a disposizione, il diritto di prendere o attribuire il turno di parola sono sbilanciati a favore dell’insegnante; inoltre sono distribuiti in maniera pre-determinata. Non a caso, si parla di regia discorsiva, in quanto il docente controlla la presa di parola, organizza i ruoli attoriali e di ‹‹invadenza linguistica›› e di diritto di parola del docente che trasmette le informazioni attraverso il parlato monologico-espositivo. La vera interazione dovrebbe permettere di intervenire sull’input dato dal docente e di poterlo modificare affinché nuove conoscenze si possano acquisire e farle proprie.

Quando la spiegazione è difficile

Durante la lezione, lo studente si trova tra il testo complesso e la lingua del docente che attraverso l’atto linguistico della spiegazione trasmette i contenuti disciplinari. La spiegazione sicuramente l’atto comunicativo più frequente, quello che occupa la fase espositiva della lezione dove il genere del parlato monologico è preponderante. Si veda questo esempio in cui, oltre alla difficoltà dei termini specialistici, lo studente s’imbatte in termini di frequenza non elevata, di registro medio-alto che non appartengono alla lingua disciplinare:

I:#6 Per questo motivo, tradizionalmente, l’età moderna si fa iniziare con il 1492, anno della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo #: si tratta di un fatto rivoluzionario, perché a partire dalle scop [\\] esplorazioni di Colombo il nuovo continente entra nell’orbita dell’Europa, mentre quest’ultima si appresta a diventare il centro economico del mondo. # Allora ci sono delle parole che non conosci? [domanda in tono gentile]

 A: ehm ### cosa è età moderna?

I: # cioè comincia una nuova epoca, un nuovo periodo della storia.

A: ehm ### cosa vuol dire entrare nell’orbita?

Una serie di termini disciplinari e lemmi che appartengono a un registro più elevato bloccano il processo di comprensione e lo studente chiede aiuto al docente che, data la sua conoscenza enciclopedica, risponde senza accertarsi che lo studente abbia compreso il contesto disciplinare. Nell’esempio successivo è interessante la conclusione dello studente che dà un giudizio poco positivo sia sul testo sia sulla spiegazione del docente.

I: quindi, di cosa si parla in questo diario? hai capito qualcosa?

A: no.

 I: sta descrivendo com’era la terra che avevano appena scoperto quindi l’America. Dice che era una terra molto bella piena di alberi verdi, terreni coltivati con tanta frutta e verdura, c’erano fiori e radici che avevano profumi molto buoni anche diversi da quelli che conoscevano loro, e dice era tutto così bello e profumato che sembrava di essere nel paradiso terrestre, ## va bene?

A: sì ## ma è troppo difficile.

“Troppo veloce, troppe parole”

In un questionario somministrato ad allievi non italofoni alla domanda ‹‹Per te è più difficile comprendere il docente o scrivere››, l’85% del campione, circa 180 studenti, ha risposto che preferisce scrivere perché il parlato del docente risulta ‹‹veloce››, ‹‹impossibile da seguire››, ‹‹troppi salti››, ‹‹troppe parole››, ‹‹tante domande, tante risposte che il professore si fa da solo››. Alla domanda ‹‹che cosa vorresti per migliorare le tue capacità di studio›› il 60% ha risposto ‹‹un altro docente››. Da notare che i questionari sono stati somministrati sotto forma di intervista/dialogo e si sono svolti al di fuori delle attività didattiche. Sicuramente le risposte si riferiscono alle difficoltà degli allievi di seguire la lezione, ma nello stesso tempo sono indicazioni importanti per riflettere sul parlato del docente in aula. Saggiamente Beretta sostiene che ‹‹il fatto che si riesca ad ottenere un livello di comprensione accettabile da parte di una percentuale alta di allievi non è frutto che del buon senso e della capacità di adattamento degli insegnanti››. E da questa considerazione sarebbe utile partire per una ricerca-azione sullo studente non italofoni tra testo disciplinare complesso e parlato difficile, e spesso veloce, del docente, due fattori che pregiudicano la comprensione dello scritto e del parlato disciplinare.

Per approfondire

Bosc (2009), Dalla parte degli studenti, DVD USR Piemonte

Bosc F. (2012), Semplificare i testi disciplinari: lingua e contenuto vanno d’accordo?, in Altre Modernità, pp. 190-200.

Bosc F., Minuz F. ((2012), La lezione, in Italiano LinguaDue, II, 2, pp. 94-130:

Bosc F. (2017), Lo studente non italofono tra il testo disciplinare e il parlato del docente,   ILD (Italiano LinguaDue), n. 1. 2017, pp. 112-120.

GISCEL VENETO (2014), Quando parlano gli insegnanti, in Colombo A., Pallotti G. (a cura di), L’italiano per capire, Aracne, Roma, pp. 243-255.

 

Potrebbero interessarti