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Quest’anno c’è proprio bisogno di Natale

Mai come quest’anno c’è bisogno di Natale, di un tempo di sosta e riflessione, di speranza e racconto, di convivialità e dono. Un tempo per costruire con pazienza luoghi di pace. Di Graziella Favaro.

di Redazione GiuntiScuola03 dicembre 20156 minuti di lettura
Quest’anno c’è proprio bisogno di Natale | Giunti Scuola

Una pace piccola per una pace più grande

Mai come quest’anno c’è bisogno di Natale.

C’è bisogno di un tempo di sosta e di riflessione che ci aiuti a radunare i pensieri, a tenerli insieme con il filo dell’empatia e a illuminarli con la razionalità. Mai come quest’anno abbiamo bisogno di dedicare il momento della festa ai bambini e a riempire i loro giorni di speranza, fiducia, racconti, attese.
Il tempo del Natale, alleggerito e liberato da sovraccarichi ed eccessi (che oltretutto sono pure faticosi e ingombranti) può diventare un’occasione di racconto e di scambio, di paziente costruzione di una pace piccola nella dimensione del quotidiano . Di quella piccola pace che, sola, sa costruire quella più grande perché la pace si costruisce giorno dopo giorno con fili di pazienza, attraverso la conoscenza reciproca e il rispetto praticato. Non ci sono altri modi, spiccioli o sbrigativi, per costruire un mondo nel quale si possa immaginare un futuro senza paura. La pace si costruisce facendo luoghi di pace laddove si conduce e si mette in scena ogni giorno la quotidiana convivenza, quella dei più piccoli e quella degli adulti.
E la scuola di tutti , aperta, plurale e interculturale è un luogo di pace per eccellenza, il luogo maggiormente diffuso sul territorio che ha una formidabile potenza inclusiva.

Natale è convivialità e apertura, non sottrazione

C’è bisogno di un Natale conviviale.

La celebrazione della festa nei luoghi educativi, abitati da bambini e famiglie che hanno origini e riferimenti culturali e religiosi differenti, è l’occasione per organizzare momenti conviviali, di scambio e di incontro. Momenti che mettano in comune vissuti e progetti condivisi ma che sono anche l’occasione per vivificare tradizioni e riferimenti sedimentati nel tempo. Il presepe, ad esempio, non offende nessuno, è una tradizione inclusiva e profondamente conviviale che raduna nello stupore e nel miracolo della nascita i magi e i pastori, i potenti e gli ultimi, la venditrice di uova e il mugnaio, l’asino, le pecore. La capanna, la stella, gli animali, il cammino per arrivare alla meta: sono tutti elementi di una narrazione collettiva che è profondamente umana.
Praticare l’educazione interculturale nella scuola di tutti non vuol dire togliere, sottrarre ma vuol dire scambiare, includere, conoscere, lasciando a ciascuno il tempo e la possibilità di risignificare e di ricomporre le esperienze vecchie e nuove dell’incontro.
E, nel presepe, si fa posto anche al pellerossa della filastrocca di Rodari .

Natale è dono: l’effetto del “pacchetto rosso”

C’è bisogno di un Natale del dono.

La festa non è tale senza il dono, senza cioè la gratuità e l’attenzione. “L’ attenzione – scrive Simone Weil – è la forma più pura e rara di generosità”. Il dono va pensato, cercato, costruito, altrimenti diventa rito imposto, compito privo di significato che rischia di diventare peso e obbligo.
Una storia bellissima ( Il pacchetto rosso di Linda Wolfsgruber e Gino Alberti) racconta di una catena fortemente virtuosa che inizia da un dono fatto per rompere il silenzio e la distanza e che passa poi dall’uno all’altro. Non si sa che cosa ci sia dentro il pacchetto rosso, ma solo il gesto del dare e riceverlo apre spiragli di speranza e rompe solitudini e isolamento.
Insegnare ai bambini l’arte preziosa del dono – pensato, gratuito, creativo – significa moltiplicare i segni di attenzione e rinsaldare i legami.

Natale è scambio di racconti

C’è bisogno di un Natale che intrecci i racconti e che lasci lo spazio alla parole e alle storie degli altri. Di un Natale che nutra il tempo di speranza , ma non ignori e neghi il dolore, la sofferenza dei piccoli e dei grandi, la lontananza e le perdite.
Vi proponiamo tre racconti, scritti da scrittori immigrati, che ci sembrano particolarmente adatti al tempo della festa e della convivialità delle storie perché trattano temi importanti con la leggerezza e la forza della narrazione.

  • Il fazzoletto bianco di Viorel Boldis
    È il bellissimo racconto, coinvolgente e carico di attesa, del ritorno e dell’incontro tra un figlio e i suoi genitori dopo un lungo tempo di separazione e di malinteso.
  • Il mio colore di Fuad Aziz
    Una storia sulla ricchezza della diversità e sui punti di vista differenti, che vede i corvi cercare di cambiare il loro colore…
  • Il futuro dei miei di Alessandro Ghebreizbiher
    Un racconto sul viaggio per mare di un bambino e sulla metamorfosi delle parole che, da cattive e contundenti, possono diventare buone e protettive.

Il Natale di chi non comanda niente

E, per finire, in un tempo fatto di racconti, convivialità e speranza non poteva mancare una filastrocca di Gianni Rodari e il punto di vista sul Natale dello zampognaro , del passero, del pastore e di chi “non comanda niente”.

Lo zampognaro

Se comandasse lo zampognaro
che scende per il viale,
sai che cosa direbbe
il giorno di Natale?
Voglio che in ogni casa
spunti dal pavimento
un albero fiorito
di stelle d'oro e d'argento.
Se comandasse il passero
che sulla neve zampetta
sai che cosa direbbe
con la voce che cinguetta?
Voglio che i bimbi trovino,
quando il lume sarà acceso,
tutti i doni sognati,
più uno, per buon peso.
Se comandasse il pastore
dal presepe di cartone
sai che legge farebbe
firmandola col lungo bastone?
Voglio che oggi non pianga
nel mondo un solo bambino,
che abbiano lo stesso sorriso
il bianco, il moro, il giallino.
Sapete che cosa vi dico
io che non comando niente?
Tutte queste belle cose
accadranno facilmente;
se ci diamo la mano
i miracoli si fanno
e il giorno di Natale
durerà tutto l'anno.

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