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Tra ansie e spaesamenti: emozioni in gioco nell’accoglienza

La barriera linguistica può creare ansia nell’insegnante e spaesamento nel bambino. La cura? Esprimere sempre e comunque intenzionalità comunicativa.

di Redazione GiuntiScuola18 ottobre 20155 minuti di lettura
Tra ansie e spaesamenti: emozioni in gioco nell’accoglienza | Giunti Scuola

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Domande e consigli

Come potrò farmi intendere? Riuscirò a capire quello che dice? Come posso dare indicazioni minime per stare in classe? Si troverà spaesato, è comprensibile: che cosa devo fare perché si senta a suo agio?

Certo non sono i soli interrogativi che si pongono insegnanti “nuovi” all’esperienza di dover accogliere alunni neo arrivati. Ci sono quelli relativi all’apprendimento dell’italiano, ad esempio, e altri cui le rubriche di "Sesamo" cercano di rispondere. La barriera della lingua ci pare insormontabile e temiamo che le parole siano inadeguate. Ci coglie una qualche forma di ansia riguardo alla comunicazione con un bambino che “non sa una parola di italiano”, con cui non possiamo usare una lingua comune. Affrontare l’ansia, dunque, positivamente. Come? Alcuni consigli :

  • accantonare temporaneamente il pensiero del “programma” scolastico, del gap che il bambino deve superare o della montagna che ci sembra debba scalare;
  • presentarlo ai compagni senza porlo eccessivamente sotto i riflettori, non tutti i bambini amano essere al centro dell’attenzione;
  • creare un ambiente accogliente coinvolgendo i compagni in modo che siano loro a indicargli molte delle cose e dei comportamenti che deve assumere;
  • fargli conoscere l’ambiente e gli spazi della scuola.

Comunicare in modo significativo

E la lingua? Come la mettiamo con la barriera linguistica?
Ebbene non rinunciamo, mai, alla comunicazione. Anzi. Ci rivolgiamo a lui/lei in italiano, dicendo cose essenziali in modo pacato ,semplice ma corretto, usando intonazioni di voce che possano comunicare al di là delle parole. Non crediamo che siano necessari abbracci e contatti fisici: non in tutte le culture i bambini sono abituati a ciò; talvolta bastano gesti come la mano su una spalla. Se conosciamo qualche parola nella lingua dell’alunno, tanto meglio, possiamo affiancarle alle parole italiane: ci aiutano lessici essenziali come quello preparato dal Centro COME ( Parole per accogliere ) , con parole di uso comune nella scuola che comprendono espressioni di cortesia e gentilezza, nomi di oggetti e azioni consuete.

Accompagniamo le nostre parole con riferimenti concreti a oggetti e azioni. Non è così che i bambini piccoli imparano a parlare? Chi si cura di loro è il referente insieme linguistico, sociale ed emotivo. Infatti è attraverso parole/discorsi e azioni significative ad essi legate che il bambino piccolo impara a parlare, ma impara anche le emozioni e i sentimenti e come si esprimono. L’insegnante, e i compagni per altri aspetti, sono i suoi referenti nei mesi iniziali della sua “nuova” vita qui fra noi.

Dunque ansie dell’insegnante da una parte ma dall’altra il bambino vive una situazione di spaesamento in cui convergono componenti diverse: la novità dei luoghi e dei tempi della vita scolastica, l’estraneità di suoni e parole, la frustrazione di non riuscire a esprimere ciò che sa e sa fare… Cerchiamo di non sovrapporre le une alle altre in un mix deleterio. Guardiamoci dal proiettare le nostre ansie sul bambino, magari rispetto ai suoi tempi di apprendimento che ci paiono lenti, e cerchiamo di comprendere piuttosto di che cosa ha bisogno.

Prepariamo il pane!

Per chiarire come possiamo agire fin dai primi mesi vi invito a leggere l’ osservazione , davvero interessante, effettuata da una studentessa in una classe seconda in cui è giunta una bambina marocchina. Innanzitutto le due insegnanti (prevalente e di sostegno) lavorano sinergicamente mostrando sempre intenzionalità comunicativa: non sanno l’arabo e usano l’italiano cercando di interpretare i pensieri della bambina e di esplicitarli ai compagni.
Nel laboratorio di preparazione del pane, preliminare all’impostazione del testo regolativo, si servono di azioni e parole che si rinforzano reciprocamente. Rompono lo schema di percorso che avevano in mente per dare spazio all’imprevisto significativo proposto, a suo modo, dalla bambina che si sente riconosciuta nelle sue competenze, ne rinforzano l’ autostima . Sanno accogliere con un gesto affettivo l’emozione della bambina. Non sanzionano negativamente la freddezza, se non il vero e proprio rifiuto, manifestato da una compagna nei riguardi della neo arrivata ma operano perché essa sia riconosciuta dai compagni della classe. Il tutto in italiano: la bambina riesce comunque a comunicare, apprende nuove parole ma soprattutto si fa sicura dell’ intenzionalità comunicativa delle sue insegnanti e dei compagni: desiderano comprenderla e farsi capire.

Nota sulle osservazioni - Nel laboratorio di cucina i sedici bambini si dispongono intorno al tavolone rettangolare posto al centro. Bambine e bambini sono indicati con iniziali: N. è la bambina marocchina.

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