Nei luoghi italiani della Shoah per non dimenticare

In vista del Giorno della Memoria la proposta di una visita didattica ai due campi di concentramento non temporanei che furono aperti dai nazisti in Italia: uno in Emilia, l'altro a Trieste.

di Daniele Dei21 gennaio 20193 minuti di lettura
Nei luoghi italiani della Shoah per non dimenticare | Giunti Scuola

Quando si parla di Giorno della Memoria, la mente dei più va ovviamente ai lager nazisti che trovarono posto principalmente in Germania, Austria o Polonia. Quest'azione di fatto confina il dolore per quegli eventi a una situazione geograficamente lontana dal nostro Paese, teatro comunque di bombardamenti, orrori, eccidi e distruzione. Ma l'olocausto è stato perpetrato anche in alcune città italiane, scelte dai tedeschi non solo come luoghi di smistamento, ma proprio per detenzione ed esecuzione di pene capitali, talvolta estemporanee, magari per un ritardo a un appello mattutino.

Un esercizio che può essere fatto con gli studenti arrivati all'età giusta per affrontare questi argomenti (dalla scuola secondaria di primo grado, diciamo) può essere quello di far capire loro che la deportazione e l'uccisione degli ebrei nei primi anni Quaranta del Novecento non era un episodio confinato oltralpe. Oltre all'attività in classe, è ormai consolidata nel tempo la pratica di accompagnare i giovani, spesso in tandem con le istituzioni, ad affrontare un “Viaggio della memoria”: si vanno a vedere i luoghi della deportazione e dell'uccisione, magari didatticamente ben preparati, in modo da affrontare l'esperienza in maniera educativa, costruttiva, superando lo shock e il dolore che possono provocare certe immagini (basta pensare al mucchio di scarpe che troviamo per esempio esposto ad Auschwitz). Non importa però arrivare fino alla lontana Polonia per fare un'esperienza di questo tipo.

La deportazione in Italia e il dopo

 

Se si tolgono strutture temporanee come possono essere stati il campo di transito di Bolzano e quello di concentramento di Borgo San Dalmazzo (Cuneo), sono state due le strutture volute dai nazisti tedeschi su suolo italiano, oggi entrambe visitabili e musealizzate. Si tratta del campo di concentramento di Fossoli, nel territorio comunale di Carpi (Modena) e quello istituito all'interno della Risieria di San Sabba, a Trieste. In entrambi i luoghi ogni 27 gennaio viene organizzato un momento di visita e ricordo a cui partecipano studenti provenienti da tutta Italia.

La Risiera di San Sabba fu decretata monumento nazionale già nel 1965 e dieci anni dopo fu musealizzata. A differenza di Fossoli, poteva disporre di un forno crematorio, che fu fatto saltare in aria nel 1945 quando i tedeschi fuggirono all'arrivo delle forze titine. Cinquemila, si dice, le persone che persero qui la vita.

Per Fossoli il cammino è stato ben diverso. Dopo la guerra ospitò prima la comunità religiosa di Nomadelfia (poi ricostituitasi in Maremma), poi un villaggio per esuli giuliano-dalmati. Ci sono voluti decenni per renderlo visitabile e, oggi, sono visibili i resti della parte più nuova del campo di prigionia, oltre a una costruzione che è stata ristrutturata e riportata all'origine.

L'oralità

 

Visitare certi luoghi è utile per acquisire un maggior senso del rispetto, della consapevolezza di quali possono essere le azioni dell'uomo, di come potrebbe ripetersi la storia se non si traggono da essa le dovute considerazioni. Sicuramente la presenza di pannelli o di videodocumentari (a San Sabba) facilita la comprensione di quanto accadde in questi luoghi. In ogni caso, l'esperienza memorabile resta quella della visita accompagnata da persone che hanno conosciuto direttamente (o indirettamente) certi orrori. Oggi, purtroppo, di testimoni ne sono rimasti ormai pochi.

Per saperne di più

 

La storia della Risiera di San Sabba dal sito web ufficiale

Il sito web della Fondazione Fossoli

Chiara Tacconi, Liliana Segre: “L’indifferenza uccide”, La Vita Scolastica online, 9 dicembre 2018

Lia Frassineti e Lia Tagliacozzo, Anni spezzati, Giunti, 2009

 

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