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Valutazione, ovvero quello che l’ordinanza non dice
La funzione formativa della valutazione, la differenza tra giudizi sintetici e voti, la valutazione in itinere, il registro elettronico... Una lettura tra le righe dell'ultima Ordinanza ministeriale sulla valutazione alla scuola primaria

Cambia il vento ma noi no
(Fiorella Mannoia, Quello che le donne non dicono)
La recente ordinanza del Ministro Valditara sulla valutazione degli apprendimenti nella scuola primaria si presta a varie letture; in questo contributo cerchiamo di analizzare ciò che l’OM non dice con le conseguenti ricadute sul lavoro dei docenti.
Innanzi tutto l’ordinanza NON misconosce la funzione formativa della valutazione, anzi più volte ribadisce che essa “ha finalità formativa ed educativa, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze, concorrendo al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo”. Questo vuol dire che la finalità prioritaria della valutazione nella scuola primaria non è tanto quella di classificare le prestazioni dei bambini in uno dei sei livelli indicati dall’ordinanza stessa (ottimo, distinto, buono, discreto, sufficiente, non sufficiente), ma di concepire la valutazione come una modalità che permette all’insegnante di raccogliere dati per comprendere come procede il processo di apprendimento dei singoli bambini e per superare eventuali inciampi o difficoltà. Nel contempo la funzione valutativa consente all’insegnante di aggiustare la rotta della propria azione didattica proprio in relazione ai feedback degli alunni.
I giudizi sintetici NON sono considerati voti, ma appunto giudizi, ancorché sintetici. Ogni forma di parallelismo (esplicita o occulta) tra i sei livelli di apprendimento proposti dall’ordinanza e i voti numerici da 10 (ottimo) a 5 (non sufficiente) è assolutamente arbitraria e fuorviante. Peraltro la stessa sinteticità del giudizio non significa che sia preclusa la necessità di esplicitare i significati che si attribuiscono ai giudizi stessi, come peraltro indica la stessa ordinanza nell’allegato A. Questo lavoro di scavo e di ricerca di significati condivisi rispetto ai diversi livelli dovrebbe essere una delle prime azioni formative che le scuole dovrebbero mettere in atto per dare un senso a quello che si fa in campo valutativo.
La valutazione in itinere NON si esprime necessariamente attraverso i sei livelli, a differenza di quanto richiesto per la valutazione periodica (trimestri o quadrimestri) e finale. In altre parole i sei livelli richiamati dall’ordinanza debbono essere utilizzati nel documento di valutazione per individuare il livello di apprendimento dell’alunno in ciascuna disciplina del curricolo, ma non costituisce un obbligo rispetto alla valutazione in itinere. Questo allenta la pressione e l’ossessione di bambini e famiglie su “che cosa ho preso nel compito” che costituisce uno dei motivi di stress degli studenti e che trasforma il processo di apprendimento in una sorta di approccio commerciale dove ciò che conta non è la significatività degli apprendimenti acquisiti, ma il profitto, la quantità di guadagno dell’azione (ossia il voto o il giudizio sintetico).
Il registro elettronico NON è il soggetto cui viene delegata la responsabilità della gestione del processo valutativo. Il registro elettronico è un dispositivo che sottostà alle decisioni pedagogico-didattiche dei professionisti della scuola, e non viceversa.
E ora come si valuta alla primaria?
Intervista a Mario Maviglia e Paolo Mazzoli, a cura di Chiara Tacconi, per “A tu per tu con gli esperti”