Attività per un percorso autobiografico - "Pillole" per star bene insieme

In classe con Marcel: per una pedagogia autobiografica

In classe con Marcel: i colori dei ricordi

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&ldquo;&Egrave; molto semplice.

Se devo andare da un posto all&rsquo;altro, scelgo sempre la strada pi&ugrave; lunga&rdquo;.
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Allungare il percorso e darci tempo permette di fare incontri inaspettati, osservare particolari che sfuggono a uno sguardo frettoloso, dare respiro all&rsquo;esperienza che pu&ograve; riservarci ogni incontro. Anche perch&eacute;, come scriveva Mario Lodi dopo avere intervistato nonno Agostino con i suoi allievi, &ldquo;non c&rsquo;&egrave; libro suggestivo ed eloquente come la vita di un uomo che racconta la sua vita&rdquo;.

Ancora un&rsquo;altra suggestione, che ci arriva da un grande scrittore spagnolo, autore del magnifico romanzo Patria. Ecco cosa ha detto Fernando Aramburu in una recente intervista:

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&ldquo;Molti sono dell&rsquo;idea che mischiarsi con una cultura diversa rovini la propria; io sostengo il contrario. Versi satanici celebra l&rsquo;ibrido, la commistione, la trasformazione che deriva da nuove inattese combinazioni e teme l&rsquo;assoluto del puro. M&eacute;lange, guazzabuglio, un po&rsquo; di questo un po&rsquo; di quello &egrave; il modo in cui il nuovo entra nel mondo. &Egrave; la grande possibilit&agrave; che l&rsquo;immigrazione di massa concede al mondo e io ho cercato di farla mia. (&hellip;) &Egrave; un canto d&rsquo;amore rivolto ai nostri s&eacute; imbastarditi. Per tutto il corso della storia umana gli apostoli della purezza &ndash; coloro che hanno sempre affermato di possedere una spiegazione completa &ndash; hanno seminato rovina tra esseri umani che s&rsquo;erano semplicemente mescolati. (&hellip;) Sperimentare una qualsiasi forma di emigrazione significa ricevere una lezione sull&#39;importanza di tollerare il punto di vista degli altri. Si potrebbe quasi dire che l&#39;emigrazione dovrebbe costituire l&#39;allenamento per tutti gli aspiranti democratici&rdquo;.
</blockquote>

<h2>Creare occasioni per contemplare la sensibilit&agrave; altrui</h2>

Quanto sarebbe importante riuscire a creare contesti in cui non solo bambine e bambini, ma anche i loro genitori, trovassero occasioni per &ldquo;contemplare la sensibilit&agrave; altrui&rdquo;. Non si tratta, infatti, solo della &ldquo;sostanza della letteratura&rdquo;, ma di una modalit&agrave; di relazionarci reciprocamente, capace di dare respiro a &ldquo;un&rsquo;amplificazione dell&rsquo;esperienza umana&rdquo;, di cui abbiamo straordinario bisogno, oggi pi&ugrave; che mai.

Di nuovo si torna a discutere dell&rsquo;emigrazione, ma nel peggiore dei modi, rinnovando la funesta stagione della chiusura dei porti e delle invettive cariche di pregiudizi su un dramma umano di enormi proporzioni.

Eppure, la generosa accoglienza riservata giustamente a donne e bambini in fuga dalla guerra in Ucraina, avrebbe avuto molto da insegnarci, perch&eacute; indicava strade percorribili a livello decentrato, fondate su disponibilit&agrave; individuali e di gruppo, volontarie e istituzionali, da sostenere e sperimentare anche per chi arriva da altri continenti con un&rsquo;apertura mentale, che ha bisogno di essere sostenuta, nutrita e accompagnata.

La verit&agrave; &egrave; che da decenni ben poche forze politiche, in Italia e in Europa, hanno avuto la capacit&agrave; e il coraggio di affrontare un tema cos&igrave; complesso con sguardo lungimirante.

A noi che lavoriamo nella scuola, oltre al fondamentale compito di accogliere e includere con sensibilit&agrave; e competenza bambine e bambini di prima e seconda generazione, credo spetti un&rsquo;altra sfida imprescindibile, che riguarda un lavoro di elaborazione culturale capace di varcare i muri delle scuole, capace di costruire e rendere visibile e vivibile un immaginario di convivenza capace di aperture verso quel &ldquo;guazzabuglio del nuovo che entra nel mondo&rdquo;, di cui narra lo scrittore indiano.

Sempre Salman Rushdie, in Harun o il mar delle storie, offre un altro spunto che ci pu&ograve; essere di aiuto. Al figlio che domanda al protagonista come faccia a conoscere cos&igrave; tante storie da narrare, Harun risponde:

<h2>Una sfida per chi lavora nella scuola</h2>

Il grande scrittore indiano Salman Rushdie, naturalizzato britannico, ha definitivamente perduto un occhio e l&rsquo;uso di una mano.

A 33 anni dalla fatwa lanciata dall&rsquo;Ayatollah Khomeini, che nell&rsquo;agosto del 1989 lo aveva condannato a morte per avere scritto il libro Versi satanici, ritenuto blasfemo, un fanatico ha provato a eseguire quell&rsquo;antica condanna nell&rsquo;agosto scorso, approfittando di una conferenza che lo scrittore stava tenendo nello stato di New York.

Nella bella antologia, intitolata Patrie immaginarie, ragionando su quel libro che stravolse la sua vita, Rushdie aveva scritto:

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&ldquo;Non accetto il concetto di straniero. Ogni volta che mi trovo davanti a un altro essere umano, chiunque esso sia, subisco una fascinazione. Inizio a domandarmi chiss&agrave; cosa star&agrave; pensando, che cosa sente, che cosa sogna. Quasi mai ottengo la risposta, ma questa contemplazione della sensibilit&agrave; altrui &egrave; la sostanza primaria della letteratura, che &egrave; sempre un&rsquo;amplificazione dell&rsquo;esperienza umana&rdquo;
</blockquote>

Per accogliere e includere, a scuola e non solo, “è bene prendere la strada più lunga”

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