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Insegnare con il metodo cooperativo e l’approccio interculturale

Si può fare un bilancio dopo cinque anni di insegnamento con il metodo cooperativo e l’approccio interculturale? Che cosa resta nei bambini? E quali consapevolezze negli insegnanti? Una ricerca longitudinale in una scuola primaria multiculturale del Trentino cerca di rispondere

di Massimiliano Tarozzi, Giovanna Malusà12 aprile 201711 minuti di lettura
Insegnare con il metodo cooperativo e l’approccio interculturale | Giunti Scuola
 

Tra i banchi di scuola la presenza di studenti di origine straniera rappresenta da anni la normale composizione di ogni classe, quella “normale diversità” ben descritta nei documenti del MIUR (ISMU-MIUR, 2015), che invita i docenti ad un passaggio sostanziale verso una “diversa normalità”, con la necessaria pianificazione dei percorsi formativi di ciascuno in risposta ai bisogni emergenti.
Di fatto gli studenti di cittadinanza non italiana sono un dato costitutivo e strutturale della scuola come della popolazione della nostra penisola.
Una coerente normativa scolastica supporta con chiare indicazioni la promozione di percorsi di successo scolastico per le bambine ed i bambini di origine non italiana: basti ricordare a livello nazionale La via italiana per la scuola interculturale e per l’integrazione degli alunni stranieri (MPI, 2007) o le più recenti Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri (Osservatorio - MIUR, 2014) o il Vademecum- Raccomandazioni “Diversi da chi” (Osservatorio - MIUR 2015).

Tuttavia tali linee guida non sempre trovano riscontro nella pratica educativa e l’istruzione continua a riprodurre forme di disuguaglianza (Tarozzi, 2015). Dati statistici nazionali ed internazionali evidenziano che gli alunni/e di origine straniera di prima e seconda generazione sono più svantaggiati dei pari autoctoni, non solo in termini di livelli di rendimento, ma anche di canalizzazione formativa (ovvero scelta della scuola superiore), durata degli studi e tipologia di diploma conseguito, con un consistente tasso di abbandono scolastico precoce.
Ma cosa si può fare già dalla scuola primaria? Quali attenzioni e scelte educative potrebbero essere fondamentali per facilitare il successo scolastico di tutti, nel rispetto delle specifiche esperienze biografiche di ciascuno?

Una ricerca longitudinale in una scuola del Trentino

Vorremmo condividere alcuni elementi emergenti da una ricerca qualitativa che ha seguito un gruppo classe multiculturale problematico per sei anni, dalla classe prima della scuola primaria alla prima della secondaria di primo grado (ulteriori approfondimenti sono riportati nelle letture consigliate). Questo gruppo classe ha sperimentato per l’intero ciclo della primaria metodologie cooperative (in particolare relate al modello Learning Together condiviso tra i docenti del team), e percorsi interculturali interdisciplinari. Poi con l’ingresso nella scuola media è stato suddiviso in 5 differenti sezioni, con approcci metodologici e tempi scuola diversi.
L’indagine ha coinvolto19 bambine e bambini (di cui 7 di origine migrante), 38 genitori e 26 insegnanti di un Istituto Comprensivo del Trentino.
Nel rispetto delle norme etiche previste, si sono raccolti dati attraverso molteplici strumenti: osservazioni ricorsive in classe (quattro anni scolastici); interviste (62) a docenti, genitori ed alunni/e; questionari studente (10 somministrazioni); documentazione del percorso didattico; verbali e documenti di archivio depositati in segreteria.
Attraverso una Grounded Theory - una metodologia sistematica, induttiva e comparativa che permette di costruire un modello teorico aderente alla base empirica - si sono analizzati i testi identificando le etichette più pregnanti di significato, che hanno condotto alla progressiva individuazione dei concetti più rilevanti, raggruppati in 7 categorie interpretative finali.

Quattro fasi per una scuola multiculturale efficace

Le relazioni concettuali tra queste categorie hanno permesso di definire 4 fasi necessarie per promuovere il successo scolastico nei contesti eterogenei della scuola primaria.

 

1) Essere orientati verso la giustizia sociale

Ho sentito in questi 5 anni la grande responsabilità e sfida di riuscire ad offrire opportunità reali di apprendimento a tutti, soprattutto a quei bambini appartenenti alle fasce sociali più svantaggiate (docente di scuola primaria).

In alcuni docenti osservati (pochi, in realtà) emerge una passione educativa che ricorda alcune tematiche care ad una visione di giustizia sociale: il cercare di offrire pari opportunità e il mettersi in gioco in prima persona, in contrasto talvolta con alcune scelte incongruenti di politica scolastica locale e globale, per restituire alla scuola il suo ruolo di equalizzatore sociale.
I risultati di ricerca sottolineano il ruolo trainante di “almeno un insegnante”, che crea un gruppo di lavoro coerente con i princìpi di equità. Ed il suo valore propositivo è più evidente nella scuola secondaria di primo grado, caratterizzata da maggiori difficoltà progettuali comuni, ma in cui docenti motivati riescono, comunque, a promuovere tra colleghi iniziative inclusive.

2) Facilitare l’esperienza con strategie efficaci

Non sono cambiate le difficoltà. È cambiato il modo di viverle! (docente)

Nella ricerca l’aspetto metodologico e didattico è fortemente relato con una visione positiva dell’esperienza multiculturale, vissuta come occasione e sfida per traghettare gli studenti verso obiettivi progressivamente più complessi, nonostante situazioni problematiche di partenza. Ma questo step presuppone alcune condizioni di attuabilità: la presenza di competenze negli stessi docenti, una progettualità condivisa nel team di lavoro, proposte didattiche attive e coinvolgenti, con un costante sottofondo cooperativo che includa anche le figure genitoriali, nel rispetto dei singoli ruoli e compiti di ciascuno.

3) Costruire competenze sociali

Questi bambini sono molto maturati nella gestione dei rapporti sociali: hanno avuto le loro belle difficoltà a costruire il gruppo, però credo che abbiano imparato molto! Dal punto di vista umano, di crescita loro personale, questi bambini hanno più strumenti […] Cioè, se li sono creati dovendo gestire situazioni complicate, dove si sono dovuti porre delle questioni, hanno dovuto affrontarle e trovare delle soluzioni (genitore rappresentante di classe)

La costruzione di competenze sociali – non solo cognitive – rappresenta nella ricerca uno snodo di particolare rilievo, connesso sia con le scelte etiche dei docenti sia con le metodologie attive ed una visione costruttiva del vissuto multiculturale. Ma non solo: sono proprio le competenze sociali che gli stessi studenti, indipendentemente dall’origine culturale, maturano nel corso degli anni a supportare un loro successo formativo. Tali competenze riguardano differenti aree tematiche:
crescita socio-affettiva, connessa con la sfera emotivo-relazionale (fiducia, empatia, lealtà, sensibilità all’aiuto…);
capacità comunicative, riferibili alle abilità fondanti una comunicazione efficace;
gestione di sé, relativa ad atteggiamenti di autocontrollo, gestione delle proprie emozioni, sicurezza ed autonomia;
gestione del gruppo, collegato alle abilità di lavoro-conduzione nel piccolo gruppo;
mediazione dei conflitti, ovvero le abilità di intervento in situazioni problematiche;
capacità decisionale, riferito allo spirito d’iniziativa, alla presa di decisione, alla capacità di scelta, al pensiero critico e creativo.

4) Apprendimento di qualità per tutti

Un diffuso benessere relazionale ed esiti scolastici progressivamente migliori rappresentano la tappa conclusiva del processo. Questi risultati sono avvalorati anche da numerose ricerche psico-pedagogiche e di psicologia sociale che evidenziano come, in un attivo processo di costruzione della conoscenza tra pari, non siano solo gli studenti più fragili ad ottenere risultati migliori, quanto tutti i soggetti coinvolti.
Nel processo indagato, infatti, le competenze sociali manifestate dalle ragazze e dai ragazzi rivestono una valenza significativa non solo nella costruzione di un clima inclusivo e gioioso in cui tutti si possano sentire accolti, ma anche nella promozione di quelle competenze cognitive direttamente correlate ai risultati di apprendimento quantificati formalmente a scuola, in un percorso che tendenzialmente valorizza un’intenzione al compito piuttosto che al risultato, e che permette non solo ai più “deboli” di migliorare – con un salto talvolta di livello – ma anche ai più “forti” di eccellere.

Equità e qualità: una sfida ancora attuale

Il processo appena descritto tuttavia non è lineare, non avviene nel vuoto e non è privo di ostacoli o difficoltà, presenti come sfondo costante. Sempre nuove sfide e problemi attendono i docenti del gruppo osservato, che con una rinnovata mission educativa continuano a proporre percorsi motivanti, nella consapevolezza che i benefici di una didattica attiva non possono essere visibili solo con sporadici interventi, ma con una costante e graduale progettazione educativa, che richiede tempo, risorse, competenza metodologica, flessibilità e aderenza ai bisogni di ciascuno. E questo diventa maggiormente esplicito nella transizione verso la scuola secondaria, dove vengono osservate modalità di insegnamento talvolta rigide e anacronistiche, che paiono vanificare gran parte degli esiti precedentemente raggiunti.
Ma sarebbe assurdo riversare solo sulla scuola la responsabilità del successo formativo degli studenti più vulnerabili. Nella ricerca viene evidenziato l’impatto delle politiche educative ed economiche in senso lato, spesso lontane da una visione di giustizia sociale. Con la sensazione che a pagare per le incongruenze presenti siano alla fine sempre gli stessi studenti, quelli più invisibili o più fragili.

Alcune letture di approfondimento sul tema

Malusà, G. (2014). Condividere per costruire. Processi efficaci di apprendimento cooperativo in contesti multiculturali della scuola primaria. Encyclopaideia, 18(38), 92-112. 
Malusà, G. & Tarozzi, M. (2017). Ensuring quality and equity in an Italian multicultural primary school. In A. Portera e C. Grant (Eds.), Intercultural Education and Competences: Challenges and Answers for the Global World (pp. 221-238). Newcastle (UK): Cambridge Scholars Publishing.
Malusà, G. & Tarozzi, M. (2016). Qualità fa rima con equità? Il caso di una scuola primaria multiculturale. In A. Portera & P. Dusi (a cura di), Neoliberalismo, educazione e competenze interculturali (pp. 171-179). Milano: FrancoAngeli.
Malusà, G. & Tarozzi, M. (2013). Qualità e equità in contesti multiculturali. Una Grounded Theory critica nel primo ciclo d’istruzione. In A. Portera & S. Lamberti (a cura di), Intercultural Counselling and Education in the Global World (pp. 415-426). Verona: Qui edit.
Tarozzi, M. (2015). Dall'intercultura alla giustizia sociale. Per un progetto pedagogico e politico di cittadinanza globale. Milano: FrancoAngeli.

Documenti citati

ISMU-MIUR (2016). Alunni con cittadinanza non italiana. La scuola multiculturale nei contesti locali. Rapporto nazionale A.s. 2014/2015
ISMU-MIUR (2015). Alunni con cittadinanza non italiana. Tra difficoltà e successi. Rapporto nazionale 2013/2014
MIUR (2014). Linee guida per l'accoglienza e l'integrazione degli alunni stranieri
MPI-Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura (2007). La via italiana per la scuola interculturale e per l’integrazione degli alunni stranieri. Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale
MIUR-Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura (2015). Diversi da chi?