Voglio andare a scuola!

Il Mediterraneo è come la spaccatura di Giotto

"A che gioco giocavi"? Interviste in famiglia per sperimentare una didattica della vicinanza

Ripensiamo l'accoglienza

In fondo la cosa più interessante della scuola sta nel fatto che tutti noi che l’abitiamo ignoriamo molte cose. Se riconosciamo e riusciamo ad apprezzare questa nostra mancanza anche noi che siamo chiamati a insegnare ci possiamo disporre attivamente insieme, adulti e bambini, al bordo di ciò che non sappiamo. È li che prende avvio e si&nbsp;rinnova ogni volta l’avventura educativa. Se ho la sensazione di stare sull’orlo di un baratro di cui so poco o nulla, sono felice di stare insieme a te, quando riconosco che sei nella mia medesima condizione. Mi fa piacere non essere solo e compiere quest’azzardo in compagnia di un'altra, di un altro.Il confine tra sapere e non sapereQuel confine tra sapere e non sapere diviene allora luogo propizio dove posso scoprire una qualità che non conoscevo della mia compagna o compagno, della mia maestra o maestro. Può essere avventurandoci in un bosco la notte come da tanti anni mi piace proporre agli ospiti che arrivano nella <a data-cke-saved-href="http://www.cencicasalab.it/" target="_blank" href="http://www.cencicasalab.it/">Casa-laboratorio di Cenci</a>, o in classe di fronte a un teorema di geometria, a un testo che mi intriga e mi inquieta, a una pittura o una poesia che mi invita ad entrare in un altro mondo, oppure di fronte a un’improvvisa domanda sulla vita che mi spiazza.Perché copiare?Perché, nei compiti in classe, se sei insicuro tu copi? Perché hai bisogno di aiuto e ancor più di rassicurazione di fronte a un giudizio che dovrai subire e che senti nemico. Ricordo bene che da studente cercavo spesso di copiare soprattutto le versioni dal latino o dal greco, anche se non ero certo che il mio compagno sapesse più di me. Eppure copiavo perché quel gesto mi rassicurava.Più che cercare i modi più disparati di controllare gli studenti nelle interrogazioni a distanza, potrebbe essere interessante sforzarci di comprendere dove nasce il bisogno di copiare, che è forse parente del desiderio di fare le cose insieme più che dell’ingannare. Copiare è il primo fondamento di ogni conoscenza, il primo passo necessario. Da piccoli impariamo a parlare e a camminare copiando e non lo facciamo certo di nascosto. Se copio e imito serenamente, poi avrò il desiderio di sperimentare le differenze e scoprire il mio modo, unico e diverso, di parlare e cantare, correre e saltare. Se lo faccio di nascosto, perdo la possibilità di scoprire che è proprio copiando e confrontandomi con gli altri che scopro cose di me che non sapevo.Le cose non “copiabili”Certo, ci sono cose che si possono copiare e imitare e altre no. Per esempio il maschile e il femminile penso che non siano “copiabili”, ci rimandano a una alterità incolmabile che certo non a caso suscita eros, desiderio. Eppure le differenze incolmabili mostrano e dimostrano quanto sia ricca la miniera della disomogeneità. Quando mi accorgo che ci sono modi di vivere e osservare il mondo radicalmente diversi da quelli che sperimento io, se mi trovo in un contesto di ricerca e dunque di apertura mentale, sento che mi posso arricchire anche di ciò che non potrò mai fare interamente mio.Il cantiere delle differenzeE allora nelle nostre classi dovremmo cercare di sperimentare il più possibile quanto ci insegnino le differenze reciproche, arrivando a elaborare e comporre un grande elogio della disomogeneità. Riusciremmo così a scoprire insieme quanto le nostre lontananze possano trasformare ogni nostra scuola in un grande cantiere delle differenze. E cantiere viene dal greco kantḗlios, che sta per asino, parola che evoca la santissima trinità – “santa asinità, santa ignoranza, santa stoltezza”, magnificate quasi cinquecento anni fa da Giordano Bruno che affermava: “Voglio che comprendiate e sappiate… che la somma cognizione è certa stima che non si può saper nulla e non si sa nulla, e per conseguenza di conoscersi di non poter esser altro che asino e non esser altro che asino”.&nbsp; Quando cominceremo a preoccuparci di meno dei ragazzi che copiano e riconosceremo di essere tutti asini desiderosi di sapere, noi insegnanti per primi, la scuola avrà modo di ripensare se stessa con maggiore coraggio.

Tutti “asini” a scuola per capire di più