Didattica all'aperto: giocare con parole d'autunno

A scuola nel mondo

E l’albero era felice

Ripensiamo l'accoglienza

&copy; illustrazione di Gloria Francella tratta da Le parole per stare insieme, Fatatrac edizioni, 2018 
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	<li style="text-align: justify;">Granata, A. (2011). Sono qui da una vita. Dialogo aperto con le seconde generazioni. Roma: Carocci.</li>
	<li style="text-align: justify;">Moro, M.R. (2012). Enfants de l&rsquo;immigration, une chance pour l&rsquo;&eacute;cole. Paris: Bayard.</li>
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Favorire le relazioni tra i coetanei sembra essere il migliore strumento di integrazione che la scuola possa adottare. Una strategia che non solo agevola un clima pi&ugrave; sereno in classe ma che pu&ograve; avere effetti positivi anche sul rendimento scolastico degli alunni.

Purtroppo a volte le amicizie vengono ostacolate non soltanto dalla scuola ma anche dalle famiglie, che possono vivere con diffidenza le relazioni tra i propri figli. Il clima di diffidenza che si respira al di fuori (tra adulti italiani e stranieri) si pu&ograve; ripercuotere cos&igrave; anche sulle vite dei ragazzi, come si vede dalla testimonianza seguente:

Gi&agrave; da piccolo litigavo spesso coi miei genitori. Ho lottato sempre, ho ottenuto di andare all&rsquo;oratorio, poi alle feste di compleanno degli amici, alle elementari gi&agrave; solo andare a pranzo dal mio migliore amico e fermarmi l&igrave; al pomeriggio era una grandissima conquista. Una volta mi hanno anche lasciato andare con la sua famiglia in montagna durante le vacanze di Natale&hellip; (M. 20 anni, origine cinese).

Evitare la segregazione dei ragazzi italiani e stranieri &egrave; un compito di fondamentale importanza che vede impegnati gli insegnanti, prima di tutto, ma anche le famiglie italiane e straniere che devono poter favorire le amicizie tra i propri figli e dare loro la possibilit&agrave; di costruirsi un percorso insieme, come spesso effettivamente accade. L&rsquo;apprendimento della lingua, un esempio tra gli altri, diventa infatti tanto pi&ugrave; semplice e piacevole quanto pi&ugrave; &egrave; vissuto come strumento per intessere relazioni, trovare nuovi amici e, allo stesso tempo, imparare insieme agli altri.

 
Un&#39;occasione di apprendimento per tutti

Ma non sono soltanto i figli di immigrati a imparare dai figli degli autoctoni. Non di rado il processo di apprendimento assume un movimento reciproco, che pu&ograve; portare i figli di autoctoni ad apprendere qualcosa di nuovo dai figli di immigrati. Marie Rose Moro (2012) racconta come lei stessa, figlia di migranti spagnoli, si sia trovata nella prima fase di arrivo a scuola a Parigi a &ldquo;francesizzare&rdquo; parole spagnole nel momento in cui non conosceva un vocabolo francese. Come quella volta che doveva chiedere a una sua compagna di scuola se avesse visto la sua sciarpa, ma non conoscendo il termine in francese aveva utilizzato quello spagnolo, francesizzandolo: &ldquo;la bufande&rdquo;.

L&rsquo;insegnante, ascoltando la conversazione, comment&ograve;, rivolgendosi alla compagna che era rimasta sorpresa: &ldquo;La tua compagna fa della poesia!&rdquo; e da l&igrave; prese spunto per tenere una lezione sulla poesia e sulla licenza poetica. Da un banale errore, potenziale fonte di disagio per la nuova arrivata, era nata l&rsquo;occasione per un apprendimento collettivo.

 
Aiutare a tenere insieme

Gli alunni stranieri che riescono bene a scuola hanno, non a caso, commenta sempre la Moro a fronte delle sue numerose ricerche, due caratteristiche essenziali: sono bilingui e hanno una rappresentazione positiva della loro lingua madre; hanno incontrato nel loro percorso un &ldquo;passeur&rdquo;, un traghettatore, che ha dato loro la possibilit&agrave; di appropriarsi della societ&agrave; in cui vivono, valorizzando allo stesso tempo il contesto d&rsquo;origine dei loro genitori.

Quest&rsquo;ultimo punto &egrave; di particolare importanza: gli alunni di origine straniera devono essere aiutati a tenere insieme le proprie origini con la loro condizione presente, senza dover rinunciare a nessuna delle proprie appartenenze.

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Gli alunni stranieri che riescono bene a scuola sono bilingui e hanno una rappresentazione positiva della loro lingua madre

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Valorizzare le origini

L&rsquo;insegnante potr&agrave; allora trovare il modo di sottolineare in maniera positiva il pluralismo culturale senza chiedere loro di esporsi tramite la propria esperienza.

In un certo senso i docenti dovrebbero porsi come &ldquo;equilibristi interculturali&rdquo; (Granata, 2011), in grado di cogliere al momento opportuno occasioni di valorizzazione delle origini, che magari nascano dalla proposta spontanea dei ragazzi stessi. In questo modo &egrave; possibile aiutare gli alunni di origine straniera a sviluppare un &ldquo;senso di continuit&agrave;&rdquo; che permetta loro di non vivere lacerati tra pi&ugrave; mondi ma di appropriarsi di entrambi con serenit&agrave; e disinvoltura.

Con i neoarrivati la questione pu&ograve; apparire forse pi&ugrave; semplice, a partire dalla conoscenza della lingua d&rsquo;origine. Ci si potr&agrave; soffermare, per esempio, durante una lezione di grammatica su una regola esistente nella lingua italiana e interpellare i ragazzi di origine straniera per capire se essa sia presente anche in altri sistemi linguistici. In questo modo, l&rsquo;insegnante potr&agrave; comprendere gli eventuali errori dell&rsquo;alunno che ha utilizzato fino a poco tempo prima un sistema grammaticale diverso: l&rsquo;alunno si sentir&agrave; valorizzato per il suo sapere pregresso e gli altri alunni della classe apprenderanno la relativit&agrave; delle forme linguistiche, vivendo una preziosa esperienza di decentramento.

 
Una scuola aperta al mondo

La presenza degli alunni stranieri, poi, pu&ograve; sollecitare una riflessione sulla cittadinanza aperta e cosmopolita, non soltanto legata alla storia e ai confini del territorio nazionale. Presentare in classe, per esempio, l&rsquo;esperienza migratoria come un fenomeno sociale di vitale importanza per il progresso delle societ&agrave;, ma anche per la crescita umana e culturale delle persone che migrano. Anche in questo caso sarebbe opportuno parlare dell&rsquo;esperienza migratoria come fenomeno storico, piuttosto che chiedere ai ragazzi di raccontare la storia propria o dei propri genitori. Se poi nascer&agrave; spontaneamente da loro il desiderio di portare la propria testimonianza ovviamente si valorizzer&agrave; anche questo contributo importante per chi lo offre e per tutta la classe che lo riceve. 
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Equilibristi interculturali

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