Contenuto riservato agli abbonati io+

Scambiare storie. I ragazzi incontrano i rifugiati al cinema

Come far incontrare i ragazzi delle scuole con i richiedenti asilo e i rifugiati? Sono presenze “invisibili” di cui tanto si parla e poco si sa. Un’esperienza di incontro e di scambio al cinema. Di Leila Ziglio.

di Redazione GiuntiScuola23 maggio 20178 minuti di lettura
Scambiare storie. I ragazzi incontrano i rifugiati al cinema | Giunti Scuola

Le storie di chi giunge in Italia per chiedere asilo assomigliano agli esodi dei migranti degli anni passati e hanno grandi affinità anche con le migrazioni degli italiani in Europa e nel mondo. Come far conoscere le storie dei migranti e dei rifugiati ai ragazzi e come attirare la loro attenzione sulle somiglianze delle vicende degli uomini che migrano?
Il CFSI (Centro di formazione alla solidarietà internazionale) di Trento ha ideato e coordina dallo scorso anno il progetto “Storie da cinema”, grazie al quale vengono proposti alle scuole dei film sulle tematiche della migrazione , associati alla testimonianza di persone “esperte” di migrazione, nel senso che l’hanno sperimentata personalmente. Qualsiasi scuola, anche per via della sua composizione eterogenea e della funzione di laboratorio educativo e interculturale che oggi ricopre, si confronta quotidianamente con questi temi. Il progetto vuole offrire a studenti e docenti un’occasione d’incontro e di riflessione grazie ai film, che sollecitano canali di apprendimento in genere poco esercitati nei contesti scolastici e favoriscono la partecipazione emotiva, oltre che cognitiva, degli studenti. La testimonianza dei migranti consente ai ragazzi di incontrare le persone in carne e ossa di cui sentono parlare e di avvicinarsi a loro al di là della generica e omologante etichetta di “immigrati”.
Per consentire l’approfondimento di qualche tematica stimolata dalla visione del film e dal dialogo con i testimoni, il progetto organizza anche per gli insegnanti un breve seminario sull’ utilizzo didattico del linguaggio cinematografico e prevede anche la distribuzione di un kit didattico che suggerisce piste di lavoro e fornisce bibliografie e sitografie sui temi affrontati nei percorsi in classe.
I migranti che assumono il ruolo di testimoni sono segnalati al Centro da enti attivi in provincia di Trento sui temi della migrazione e della marginalità (ATAS (Associazione trentina accoglienza stranieri; Centro Astalli, Centro Ecumenico Diocesano, Centro EDA, Cinformi, Cooperativa Arianna, Gioco degli Specchi e Provincia Autonoma di Trento). Per loro, è prevista una formazione per mettere a fuoco i temi da portare in classe e facilitare l’elaborazione dei racconti personali. La preparazione dell’intervento per le scuole utilizza come spunto iniziale il materiale filmico e consente ai testimoni di far riemergere vissuti e di rielaborare vicende autobiografiche talvolta difficili e dolorose.

Il film Almanya : turchi in Germania tra memoria e sorriso

Uno dei film proposti è Alamnya. La mia famiglia va in Germania (del regista Yasemin Samdereli) che racconta la storia di tre generazioni di una famiglia turca emigrata in Germania negli anni ’60 del secolo scorso. La presentazione del film e gli interventi per le classi sono stati costruiti attorno ad alcune parole chiave , individuate e sviluppate assieme ai testimoni: cittadinanza, integrazione, pregiudizio, stereotipo, identità, nostalgia e cultura. In particolare, la narrazione filmica è basata sugli stereotipi e pregiudizi che ogni popolo ha nei confronti di altri gruppi nazionali ed etnici e sul percorso d’integrazione come superamento di questi aspetti e come arricchimento della propria identità, intesa come l’insieme delle caratteristiche che definiscono una persona in relazione a un certo tempo e a un certo luogo, inclusiva quindi di tutti i saperi, i modelli culturali e gli atteggiamenti che si acquisiscono stabilendosi in un altro Paese.
Ogni partecipante ha scelto una o più parole chiave e alcune scene del film cui riallacciarsi per raccontare parte della propria storia, che è stata preparata e provata nelle riunioni di gruppo.
Gli incontri con le classi hanno coinvolto positivamente gli studenti, anche se con gradi diversi di partecipazione, hanno aperto spazi di attenzione e di riflessione e anche riservato qualche sorpresa. Personalmente, avevo qualche timore riguardo agli incontri in cui intervenivano i testimoni che si esprimevano in italiano a fatica, ma ho dovuto ricredermi. Questa difficoltà ha influenzato poco lo svolgersi del lavoro e ha anzi costretto i ragazzi a prestare più attenzione e a chiedere conferma di ciò che avevano capito.
Gli incontri hanno posto in evidenza alcune questioni che sono state oggetto di riflessione , sia in classe sia nel gruppo di lavoro. Risulta evidente che gli studenti confondono i migranti con i profughi; qualcuno di loro si è addirittura meravigliato quando ha ascoltato il racconto di persone che sono giunte in Italia in aereo e per ragioni di studio. Il condizionamento dei media - e in particolare della televisione - è molto forte, per cui l’immagine “normale” del migrante è quella di chi arriva sui “barconi” attraverso il canale di Sicilia. Questa identificazione arbitraria impoverisce e rende fortemente stereotipata la rappresentazione mentale dell’immigrato, che viene percepito come una persona da soccorrere e di cui farsi carico e non come una potenziale risorsa per la società italiana.

Le domande dei ragazzi, le storie dei migranti

Legato a questo aspetto ve ne è un altro, di natura etica. Alcune domande dei ragazzi mettevano decisamente in relazione e giustificavano l’emigrazione con la presenza di guerre o conflitti etnici nei Paesi di provenienza e sembravano quasi mettere in dubbio la legittimità del trasferimento verso l’Italia di chi desideri semplicemente frequentare l’università in un Paese europeo per avere una formazione migliore, in base ad accordi di cooperazione che prevedono questa possibilità. La domanda sottesa era: “Chi paga queste borse di studio?” e la difficoltà sembrava quella di far rientrare uno studente africano nella classe più ampia dei soggetti che hanno diritto a percepire borse di studio, considerandolo una persona alla pari con gli studenti italiani con poche disponibilità economiche o con gli studenti di altri Paesi europei. Senza peraltro considerare il fatto che molti giovani italiani compiono lo stesso cammino di migrazione (per studio, per lavoro) verso altri Paesi europei ed extraeuropei.

Dopo il primo incontro, a scuola ci siamo ritrovati come gruppo e abbiamo pensato, tra l’altro, a delle domande su questo tema che i testimoni hanno rivolto direttamente agli studenti negli appuntamenti successivi, dopo il proprio racconto. Questo espediente, ponendo in modo diretto la questione, fa riflettere gli studenti e, in genere, dà luogo a considerazioni e visioni più inclusive.
La testimonianza di alcuni richiedenti asilo ha messo in luce che erano dovuti fuggire dal proprio Paese d’origine perché le loro famiglie erano fortemente compromesse con chi deteneva il potere e lo aveva poi perso. Queste narrazioni non avvenivano in termini interlocutori, ma chi parlava dava per scontato che la propria famiglia e la parte politica da questa sostenuta avessero ragione e che il torto fosse dei contendenti, tanto che, in un caso, il fatto che gli ex governanti fossero stati successivamente incriminati dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia è stato liquidato come un complotto.
La riflessione nel gruppo ha chiarito come ogni narrazione rappresenti sempre un punto di vista e come sia necessario tutelare sia il diritto dei testimoni a un proprio racconto soggettivo sia il diritto di chi ascolta a un’informazione il più precisa possibile e che prenda in considerazione più possibilità.
In qualche caso, la testimonianza da parte dei migranti ha consentito a ragazzi di origine straniera di venire allo scoperto e di raccontare proprie esperienze , talvolta anche molto personali, che hanno creato in classe un clima di fiducia e confidenza. Lo stesso è accaduto ad alcuni migranti che, nell’atmosfera accogliente della classe, hanno raccontato episodi della loro vita di cui fino a quel momento non avevano mai parlato.

Almanya: la mia famiglia va in Germania - il trailer

Per saperne di più

Scarica il kit didattico sul sito del CFSI.

Dove trovi questo contenuto