A partire dai punti di forza di allievi, insegnanti e comunità

L’etica dell’inclusione deve partire dai punti di forza degli alunni, ma anche da quelli degli insegnanti e delle comunità. Per costruire ambienti di apprendimento efficaci e provare a re-immaginare il modo di fare scuola. Di Davide Zoletto (Università di Udine).

di Redazione GiuntiScuola12 marzo 20184 minuti di lettura
A partire dai punti di forza di allievi, insegnanti e comunità | Giunti Scuola
Costruire ambienti e percorsi educativi inclusivi
 

Costruire ambienti e percorsi educativi che partano dai punti di forza di tutti gli allievi e le allieve: si potrebbe forse parafrasare in questo modo una fulminea e molto quotidiana definizione di “etica dell’inclusione” (“building on the knowledge and experiences of all the children”) che la studiosa statunitense Anne Haas Dyson ci offre (a p. 171) in un suo volume di alcuni anni fa, Writing superheroes. Contemporary Childhood, Popular Culture and Classroom Literacy , dedicato al rapporto fra processi di alfabetizzazione, culture dei bambini e cultura contemporanea.
E si potrebbe forse aggiungere, come del resto anche Dyson sembra suggerire attraverso il suo lavoro con gli insegnanti delle urban schools americane, che si tratta di costruire ambienti e percorsi educativi che partano non solo dai punti di forza degli allievi e delle allieve, ma anche da quelli degli stessi insegnanti , dei genitori e delle comunità .
Sforzandosi in altre parole di cercare – quasi metodologicamente – ciò a partire da cui si può costruire e si costruiscono già, pur nella fatica delle pratiche quotidiane, altrettanto quotidiane e forse piccole, ma non per questo poco importanti, forme emergenti di comunità di apprendimento e di formazione.
È una prospettiva impegnativa, molto spesso difficile, che non vuole certo ignorare, o peggio nascondere, criticità e punti deboli (rispetto ai quali occorre continuare ad attrezzarsi per provare ad offrire risposte competenti e praticabili), ma che prova a scommettere sul fatto che conoscenze, competenze, risorse importanti si trovano proprio in quei contesti che altrimenti corriamo spesso il rischio di vedere solo come situazioni-problema.

 

Re-immaginare il nostro modo di fare scuola

 

Si tratta quindi di ripartire da un’analisi dei punti di forza, oltre che dei punti di debolezza, di scuole e contesti ad alta complessità, per rimettere a tema quale possa essere oggi la valenza che quelle stesse scuole possono rivestire (spesso di fatto rivestono) per le loro comunità, e per provare a far emergere l’idea di scuola, di allievo, di società (e con esse, forse, l’idea di cittadinanza…) che nutre molte pratiche educative già in atto in quelle scuole: pratiche che sono tanto significative, quanto spesso troppo poco documentate, condivise, rilanciate.
Quante lingue e quanti linguaggi vengono mobilitati oggi dalle pratiche degli insegnanti nelle scuole ad alta complessità? E come vengono valorizzate le tante conoscenze e competenze informali che gli apprendenti di oggi (bambini, ragazzi, adulti) manifestano anche quotidianamente a uno sguardo che voglia provare a cogliervi altrettante occasioni di ricerca e di intervento pedagogico?
Si pensi, solo per fare alcuni esempi, al gioco, alle culture dei pari, alle diverse pratiche tecnologicamente-mediate… Altrettanti ambiti ai quali guardare non come punti di arrivo, ma come punti di partenza dai quali si può muovere – da cui di fatto gli insegnanti spesso già muovono – per progettare e sperimentare percorsi che provino ad essere inclusivi nel senso suggerito da Dyson, per reimmaginare il nostro modo di fare scuola anche attraverso una pluralità di literacies.
In fondo, ripartire dai punti di forza di allievi, insegnanti, comunità potrebbe in questo senso aiutarci prima di tutto a tenere il nostro fare scuola – con i più piccoli, con i ragazzi, con gli adulti stessi - a contatto con quella esperienza quotidiana che, per quanto a volte corra il rischio di alimentare anche molto concreti processi di stigmatizzazione ed esclusione, rimane anche nello stesso tempo un necessario punto di partenza a partire dal quali provare a tracciare traiettorie che cerchino di prendere sul serio i saperi e le esperienze di chi dentro e intorno alla scuola vive, si forma, lavora.

Per saperne di più

Dyson, A.H. (1997), Writing superheroes: contemporary childhood, popular culture and classroom literacy, Teacher College Press, New York.
Kalantzis, M., Cope, B. (2012), Literacies, Cambridge University Press, Cambridge.
Rivoltella, P.C. (2015), Didattica inclusiva con gli EAS, La Scuola, Brescia.
Van der Veen, R., Wildemeersch, D. (2012), “Diverse cities: learning to live together”, International Journal of Lifelong Education, 31, 1, pp. 5-12.

 

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