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Il sogno di una scuola che si fa comunità

Una scuola in un quartiere multiculturale che diventa riferimento per tutti e costruisce legami di comunità. Di Associazione Genitori Scuola Di Donato.  

di Redazione GiuntiScuola02 maggio 20177 minuti di lettura
Il sogno di una scuola che si fa comunità | Giunti Scuola

Una scuola aperta partecipata e condivisa

La scuola non può essere un mondo a sé, è inserita in un contesto ed esprime allo stesso tempo quel contesto. Se vogliamo migliorarla dobbiamo metterci al lavoro in prima persona ma dobbiamo, allo stesso tempo, lavorare per rendere migliore la città intorno e la comunità che ci vive.
Tutto ciò rappresenta il “sogno” dell’Associazione genitori Di Donato: una Scuola Aperta, Partecipata e Condivisa .
“Aperta” al territorio che ne ha cura e la aiuta a crescere; e che esce da scuola e va sul territorio, a sostenere la costruzione di una comunità solidale; “partecipata” dagli studenti, dai genitori e da chi lavora nella scuola ognuno dei quali deve gli spazi ed i tempi per dare il proprio contributo in autonomia; “condivisa” in quanto i processi di costruzione di soluzioni condivise sono lunghi e faticosi ma duraturi nel tempo e rispettosi dei bisogni e dei diritti di ogni persona.
Si tratta di costruire una comunità scolastica solidale e accogliente dando più fiducia alla capacità di essere responsabili e partecipi degli studenti, all’integrazione delle competenze dei genitori e del territorio, alle capacità multiple degli insegnanti che possono essere il filo conduttore dei processi di crescita della comunità.
La scuola ideale è quella che ha intorno una comunità scolastica solidale e che dialoga costantemente con la comunità territoriale, una scuola di comunità dove i bambini trovano le opportunità ma dove possono crescere anche gli adulti, dove si impara anche ad essere genitori migliori, insegnanti migliori, cittadini migliori.
Alla Manin/Di Donato siamo in un contesto interculturale dove l’inclusione e l’integrazione delle differenze rappresenta la nostra quotidianità. Ma questo lavoro non può essere un esercizio separato dalla costruzione di processi partecipati.
La partecipazione è una pratica che troppo spesso viene scambiata dalle istituzioni per semplice consultazione. Invece comporta un passaggio fondamentale, quello di mettersi alla pari e dialogare e cercare soluzioni insieme ; insieme insegnanti e studenti, insieme istituzione scolastica e genitori, insieme enti locali e cittadini.
Abbiamo oggi compreso che la delega non è più sufficiente, è necessario il coinvolgimento delle persone interessate che, al di là del loro ceto sociale e della loro cultura, sono i primi portatori di soluzioni. Ma solo se si riescono a costruire processi condivisi dove la visione di ognuno è integrata e diventa opportunità per tutti. E la garanzia è proprio data dalla metodologia seguita che costringe ad aprire i punti di vista, valutare le alternative, prendere decisioni appropriate, salvaguardare tutte le parti.
Si tratta in generale di passare da una amministrazione dei luoghi pubblici fondata sulla delega a una amministrazione “condivisa” dove istituzioni e cittadini lavorano insieme. Tutto ciò è già scritto nella Costituzione italiana all’art.118 al quarto comma arrivato nel 2001 con l’introduzione del principio di sussidiarietà a compimento di un percorso della nostra democrazia.

Che cosa ha funzionato nella nostra scuola

La "Manin/Di Donato" è ormai un “esempio nazionale” di Scuola Aperta. Da qualche anno ci siamo chiesti se la nostra esperienza può essere un esempio replicabile in altre scuole e a quali condizioni.
Ecco alcune cose che ci sembrano abbiano funzionato.
In primo luogo la scuola deve aprirsi. La scuola è un luogo pubblico e non ha senso che sia aperta solo in orario scolastico e solo per utenti ed addetti ai lavori. È il luogo appropriato, simbolico, neutro, riconosciuto da tutti per costruire la comunità attraverso l’educazione dei giovani, la formazione degli adulti ed il confronto e lo scambio tra estrazioni sociali e culture diverse.
Alla Di Donato abbiamo avuto la fortuna di avere un dirigente che ha aperto i cortili e gli spazi dopo l’orario scolastico e ciò si è incontrato con l’impegno di cittadinanza dei genitori; ne è nata una esperienza straordinaria di buone pratiche, che non finisce, si rinnova negli anni perché ha fondamenti saldi.
È necessario pensare a scuole aperte gestite in collaborazione con le risorse di gratuità nel quartiere.
In Italia sono state provate tante esperienze di scuole aperte. Ma in genere gestite dal personale scolastico, trovando i soldi per coprire la spesa di custodia. In questo modello è sempre la scuola che gestisce e controlla tutto e i cittadini rimangono utenti, invitati e ospiti. Così però non funziona.
Ciò che ha funzionato da noi è stato rimettere la responsabilità in mano agli stessi cittadini con regole di tutela del bene comune. Nel nostro caso non solo i genitori erano interessati ad utilizzare gli spazi per e con i loro figli ma ne hanno curato la manutenzione e ne hanno permesso anche l’uso in orario scolastico. Senza fondi molti spazi della nostra scuola sarebbero stati oggi abbandonati o inagibili. Da oltre dieci anni alla Manin/Di Donato i genitori rendono agibili al tempo scuola 1000 metri quadri di laboratori, i cortili e le palestre che usano poi al pomeriggio; non sostituiscono ma condividono quegli spazi e li tengono in ordine per la comunità di cui fa parte anche la scuola.
Questo modello di Scuola Aperta funziona ed è replicabile.

Un riferimento per il quartiere

In secondo luogo una Scuola Aperta non solo non ha più paura di confrontarsi con la realtà di una società in rapida trasformazione, ma può essere il motore del quartiere, quello che spinge tutti i cittadini e le imprese a fare qualcosa per la collettività, di gratuito e di bello. Anche qui non bisogna pensare ai soli insegnanti che già hanno sulle spalle compiti educativi e gestionali spropositati; una Scuola Aperta è fatta non solo dagli addetti ai lavori (chi ci lavora) ma anche dai genitori, dagli operatori/educatori delle attività scolastiche ed extra-scolastiche, dai progetti della città.
Da noi è accaduto per esempio che a seguito di un grave incidente (un bambino travolto sulle strisce pedonali mentre veniva a scuola a giocare a basket) è nato un progetto che si chiama “Una città a misura dei bambini: il gioco, lo sport e la sicurezza” per mettere in sicurezza tutti i percorsi pedonali tra scuole, parchi, palestre, luoghi dove i bambini hanno diritto a muoversi in autonomia. Siamo partiti dalla nostra scuola ma il progetto è stato poi realizzato dal comune di Roma per tutti gli attraversamenti vicino alle sei scuole del nostro quartiere. Ogni anno in maggio facciamo una giornata nella quale l’intero quartiere partecipa.

Riguardo ai fondi , la scuola subisce tagli da almeno 15 anni, ma è interessante che proprio la mancanza di fondi ha permesso la nascita di una esperienza che ci permette di fare molte altre cose con le risorse allargate di una Scuola Aperta. Un modello alternativo a quello privatistico che vede molte scuole pubbliche affittare i propri spazi o cedere la propria sovranità in cambio di pochi spiccioli.
“A scuola senza profitto” potrebbe essere il motto di questa esperienza perché ciò che muove le persone a dare gratuitamente il proprio tempo, le proprie competenze ed anche il proprio contributo è l’adesione a un progetto collettivo di crescita della scuola nel quartiere e del quartiere stesso a partire dalla scuola.

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